Pensiero del giorno domenica 3 luglio 2011. Omraam Mikhaël Aïvanhov
“Quando vi disponete a pregare, a meditare, a contemplare il sorgere del sole, ditevi: «Sono con la purezza, sono con la luce, sono con il mio Amato, il Signore, sono con la mia Amata, la Madre Divina; nient’altro deve contare se non questo momento in cui posso comunicare con Loro». Lasciate le vostre borse e i vostri fardelli: presentatevi leggeri e liberi dinanzi alla Divinità e agli splendori della Natura. È così che troverete la soluzione a molti dei vostri problemi interiori, a situazioni che credevate fino ad allora inestricabili. Per vedere, per comprendere, per sentire, occorre essere lì, presenti. Prendete esempio dagli uomini e dalle donne che vivono un grande amore: quando sono insieme, sono capaci di dimenticare tutto. Con lo sguardo immerso negli occhi dell’altro, quando vogliono descrivere ciò che hanno visto, non parlano che di luce e di immensità.”
Omraam Mikhaël Aïvanhov
Cosmogonia e l’ottava
“Si potrebbe dire che il Big Bang rappresenti la prima nota musicale, il do, all’interno della maggiore ottava fondamentale dell’evoluzione universale. E’ significativo sapere che quando venne suonata questa prima nota, erano tali che non vi era né spazio nè tempo, e quindi alcun tipo di entropia*. Possiamo immaginarci questa ottava universale mentre si sviluppa in ogni direzione a partire dalla prima nota, il “do”, il Big bang, passando attraverso fasi intermedie: il “re” della prima espansione e raffreddamento, il “mi” della formazione di particelle, il “fa” delle prime formazioni stellari, il “sol” della formazione della galassia, il “la” della formazione dei biosistemi o dei pianeti abitabili, il “si” della comparsa della vita organica e degli spettatori come me e voi.”
* In fisica l’entropia è una grandezza che viene interpretata come una misura del disordine (caos) presente in un sistema fisico qualsiasi, incluso, come caso limite, l’universo.
tratto da: “Il codice ermetico del DNA”, Michael Hayes, ed. Mediterranee,
La legge dell’ottava
La seconda legge dell’antichità è la legge delle ottave. Secondo questa legge, tutte le vibrazioni che si muovono attraverso la materia e attraverso l’uomo, si sviluppano ossia salgono, scendono, si rafforzano, s’indeboliscono e così via proprio come un’ottava musicale (composta da do re mi fa sol la si). Apparentemente , questo sviluppo non procede in maniera uniforme, secondo un’ascesa o discesa costante, ma in maniera erratica, con alcuni sbalzi regolari lungo la linea di movimento. Proprio come un’ottava musicale. …. La teoria ci dice che, agendo in questo modo, ossia introducendo in maniera ordinata e controllata ritmi e elementi musicali nelle nostre vite, possiamo evolverci, diventare sempre più consapevoli (ossia armoniosi) a un ritmo molto più rapido di quanto immaginato dagli evoluzionisti. Possiamo chiamarlo il principio dell'”evoluzione trascendentale”, secondo cui una persona armoniosa è come un’ottava completamente evoluta ed è in grado, mediante la “nota” finale do in cima alla scala, di far risuonare una nuova nota, o impulso, in una scala maggiore. Gli antichi chiamavano questa scala, o dimensione, maggiore “cielo”
tratto da: “Il codice ermetico del DNA”, Michael Hayes, ed. Mediterranee
i riferimenti fatti da Haiyes nel testo citato sono tratti a loro volta dagli studi di G.I.Gurdjieff e dal suo discepolo P.D.Ouspensky .
Riflessioni sulle Virtù
Quando ho dato vita a questo blog ho fatto una promessa a me stessa. L”intento doveva essere quello di usare sempre parole semplici, comprensibili a tutti. Certo alle volte i temi presentati possono sembrare lontani e oscuri, ma spero di riuscire nel proposito portandoli con semplicità anche verso persone non particolarmente erudite. E’ importante per me far capire come in questi grandi Assoluti ci sia qualcosa che riguarda da vicino anche la nostra normale esistenza quotidiana, come essi possano rappresentare la Fonte per il risanamento del mondo. Ultimamente, predendendo spunto dall’Apocalisse di San Giovanni ho appena terminato l’inserimento nel blog di piccoli momenti di riflessione sulle dodici Virtù. E’ stato interessante vedere come questi “concetti” attraversino in maniera così viva il presente: Perdono, Amore, Gioia, Fede… e per ultimo: Unione di Intenti, sono formule vive che intese con passione e cuore possono trasformare la vita di ognuno di noi, ogni giorno, cominciando da me. I filosofi pitagorici enunciano il concetto di Homonoia. Questo termine stava a significare per il mondo greco, unione di menti, produzione di un suono che crea Armonia per i seguaci di Pitagora. Ancora una volta dal passato pre-cristiano il messaggio di una musica che racchiuda in se l’unità, l’armonia di intenti concordi. A me stessa sembra anacronistico parlare così, quando seduti ad un tavolo in più di tre persone risulta difficile andare d’accordo, trovare unione su un singolo progetto. La famiglia stessa soffre di questo male. Voglio continuare a credere in questo progetto di armonizzazione contrapposto ad un imperante sentimento di frustrazione e disillusione sulla vita e sul mondo di oggi. Credo nel potere di un’ epidemia virtuosa, che non è melensa bontà, ma pulizia d’animo, autenticità di sentimenti, coraggio di rompere vecchi schemi per trovare Gioia e forza per vivificare il mondo.
La legge del Tre
“La prima è la legge del Tre, secondo la quale ogni azione, ogni fenomeno nell’Universo, è il diretto risultato della mutua interazione di tre forze: attiva, passiva e neutra. …. se avessimo solo due forze -attiva e passiva – il risultato sarebbe o lo stallo o la distruzione, mentre introducendo la terza forza riconciliatoria, può succedere qualunque cosa…..Questo esatto principio viene descritto nel primo capitolo della Genesi:”All’inizio Dio creò il cielo e la terra “.
tratto da: “Il codice ermetico del DNA”, Michael Hayes, ed. Mediterranee
La dodicesima chiave: l’Unione di Intenti
“E’ solo l’unione di tante e diverse luci che formano l’unica e vera luce Divina. Rabbia, egoismo, odio, separazione, discordia, dovranno cadere per cogliere la pienezza della vita. Non raggiungere la meta finale solo leggendo un libro o facendo un seminario o rimanendo passivi agli eventi. Dovremo impegnarci attivamente focalizzandoci nel raggiungere la massa critica e voltare definitivamente pagina. Il modo unico, concreto, per ribaltare il mondo, per sconvolgerlo con la positività, è di essere Uniti negli Intenti. Vale a dire , portare parole di pace che uniscano, lottare non per avere di più a danno dell’altro, ma a favore di quest’ ultimo, chiedendo a gran voce e con determinazione che il bene comune vada distribuito a tutti, senza cercare di assicurarsene il più possibile. Gli essere umani sono una moltitudine e se la razza si salverà sarà perchè la vibrazione complessiva, o meglio la frequenza vibratoria terrena, sarà più positiva che negativa. Per riaccordare questo mondo frammentato l’Amore che genera l’Unione di Intenti può far cadere tutte le barriere all’origine della separazione. Il suono che gli uomini di Dio sono in grado di emettere nell’Unione, può riformare la Matrice originaria per costruire la nuova Terra. E’ necessario che ognuno di noi sia più consapevole dell’impegno che dovrà assumersi per facilitare l’incremento della positività sul nostro pianeta. Ognuno dovrà possedere la pace per poterla offrire a quanti incontreremo, perchè la Verità è UNA: tutte le separazioni inquinano cuore e menti. Dovremo esser Amore per offrire Amore, l’Armonia dovrà esser il nostro canto, e semplicemente tutto si espanderà attorno a noi, a macchia d’olio. Siate contagiosi incitano gli Angeli. Perchè muovendo energie luminose per risonanza si attraggono energie analoghe, in accordo con il Suono del centro della Galassia o Logos Cristico. Ognuno deve essere responsabile sempre e comunque dei propri atti e delle proprie intenzioni : dobbiamo essere consapevoli dei pericoli conseguenti a ogni comportamento umano errato e negativo per arrivare all’equilibrio generale e operare nell’unità , come esempio vivente. Il processo del risveglio si estenderà così alla coscienza unitaria, lasciando alle spalle per sempre quella individuale. Si tratta di tappe obbligate da percorrere per poterci trasformare e accedere alla dimensione dell Coscienza Universale. Cerchiamo di essere uniti solo nelle intenzioni, non creiamo vincoli che abbiano come scopo quello di codificare regole e inutili dogmi. Una volta perse le certezze, le religioni saranno costrette a unirsi e splenderà solo la Verità nel nuovo Cielo e nella nuova Terra.”
tratto da ” La dimensione delle Gioia” A. Bona, ed. Melchisedek
Preghiera dedicata all’angelo Nithaiah
Nithaiah, Essenza Gloriosa di Santità!
Verbo tangibile coperto di Luce!
Musicista Celeste delle sfere Cosmiche!
Concedimi l’armonia e la gioia,
nel mio intimo; e inoltre
Il Sapere e la saggezza, in me
e attorno a me, perché possa realizzare
pienamente il mio destino, la mia missione
su questa Terra: riuscire nel mio progetto di vita.
tratto da: “I poteri dell’angelo custode”, Haziel, Oscar Mondadori
Armonia delle sfere Gioia di Dio
http://youtu.be/HLdxwCSFeBI
Seneca L’Uomo saggio
http://youtu.be/Co1T1LN4_OY
In una società come la nostra che ha rigettato valori e regole fondamentali, si ha spesso l’idea che il limite alla libertà individuale sia da ricercarsi nella morale religiosa. Ascoltare Seneca, tradotto oggi dai liceali nel compito di maturità, fa pensare ancora una volta, come l’uomo abbia sempre saputo guardare e trovare dentro di sé degli assoluti che lo fondano, al di là delle religioni. Il termine religione deriva dal latino religo (legare assieme), indica il legame indissolubile tra l’uomo e Dio, creatura e Creatore. Il senso religioso dell’uomo é profondamente dentro i nostri Io. Dio e Io si rincorrono, parlano la stessa lingua, l’esperienza del sacro ora, come in tutti i tempi, è qui dentro di noi.
“Il vero bene è la virtù” Seneca
“Quicumque beatus esse constituet, unum esse bonum putet quod honestum est; nam si ullum aliud existimat, primum male de providentia iudicat, quia multa incommoda iustis viris accidunt, et quia quidquid nobis dedit breve est et exiguum si compares mundi totius aevo. Ex hac deploratione nascitur ut ingrati divinorum interpretes simus: querimur quod non semper, quod et pauca nobis et incerta et abitura contingant. Inde est quod nec vivere nec mori volumus: vitae nos odium tenet, timor mortis. Natat omne consilium nec implere nos ulla felicitas potest. Causa autem est quod non pervenimus ad illud bonum immensum et insuperabile ubi necesse est resistat voluntas nostra quia ultra summum non est locus. Quaeris quare virtus nullo egeat? Praesentibus gaudet, non concupiscit absentia; nihil non illi magnum est quod satis. Ab hoc discede iudicio: non pietas constabit, non fides, multa enim utramque praestare cupienti patienda sunt ex iis quae mala vocantur, multa impendenda ex iis quibus indulgemus tamquam bonis. Perit fortitudo, quae periculum facere debet sui; perit magnanimitas, quae non potest eminere nisi omnia velut minuta contempsit quae pro maximis vulgus optat; perit gratia et relatio gratiae si timemus laborem, si quicquam pretiosius fide novimus, si non optima spectamus”.
“Se uno vuole essere felice, si convinca che l’unico bene è la virtù; se pensa che ce ne sia qualche altro, prima di tutto giudica male la provvidenza, perché agli uomini onesti capitano molte disgrazie e perché tutti i beni che essa ci ha concesso sono insignificanti e di breve durata, se paragonati all’età dell’universo. Conseguenza di questi lamenti è che non manifestiamo gratitudine per i benefici divini: deploriamo che non ci capitino sempre, che siano scarsi, incerti e caduchi. Ne deriva che non vogliamo né morire: odiamo la vita, temiamo la morte. Ogni nostro disegno è incerto e non siamo mai pienamente felici: Il motivo è che non siamo arrivati a quel bene immenso e insuperabile dove la nostra volontà necessariamente si arresta: oltre la vetta non c’è niente. Chiedi perché la virtù non provi nessun bisogno? Gode delle cose che ha, non desidera le cose che gli mancano; per essa è grande quanto le basta. Abbandona questo criterio e verranno a cadere il sentimento religioso, la lealtà: infatti chi vuole mantenere l’uno e l’altra deve sopportare molti dei cosiddetti mali, rinunciare a molte cose di cui si compiace come se fossero beni. Scompare la forza d’animo, che deve mettere se stessa alla prova; scompare la magnanimità, che(la quale) non può emergere se non disprezza come cose di poco conto tutti quei beni che la massa desidera e tiene nella massima considerazione; scompaiono la gratitudine e i rapporti di gratitudine, se temiamo la fatica, se pensiamo che ci sia qualcosa di più prezioso della lealtà, se non miriamo al meglio. ”
Seneca, nella produzione successiva al ritiro dalla scena politica, volse la sua attenzione alla coscienza individuale. L’opera principale della sua produzione più tarda, e la più celebre in assoluto, sono le Epistulae morales ad Lucilium, una raccolta di 124 lettere divise in 20 libri di differente estensione (fino alle dimensioni di un trattato) e di vario argomento indirizzate all’amico Lucilio (personaggio di origini modeste, campano).
Le lettere di Seneca vogliono essere uno strumento di crescita morale. Riprendendo un topos dell’epistolografia antica, Seneca sostiene che lo scambio epistolare permette di istituire un colloquium con l’amico, fornendo un esempio di vita che, sul piano pedagogico, è più efficace dell’insegnamento dottrinale. Seneca, proponendo ogni volta un nuovo tema, semplice e di apprendimento immediato, alla meditazione dell’amico discepolo, lo guida al perfezionamento interiore. L’opera senecana, e soprattutto le “Epistulae ad Lucillium”, si inserisce in quel momento storico durante il quale il principato con gli ultimi esponenti della famiglia Giulia stava soffocando le libertà civili e riducendo il senato, un tempo garante del diritto, a semplice strumento sottoposto alla volontà del princeps. Si capisce perciò il desiderio di Seneca di scrutare entro la propria coscienza e in essa ricercare i motivi fondamentali delle virtù, e quindi della libertà interiore, attingendo al pensiero di Platone e di Aristotele, ma soprattutto di Epicuro e della scuola stoica. Un Seneca alla ricerca del superamento delle remore negative del suo tempo per proiettarsi in un’area universale, ridiventando così padrone di se stesso.
L’undicesima chiave: la Gioia
“La Gioia nasce dal nostro cuore e non nella nostra mente. Quando siamo nella Gioia avanziamo leggiadri verso la Grazia, possiamo chiedere all’Universo ciò di cui abbiamo bisogno e vivere come se avessimo già ottenuto la richiesta. La nostra interiorità non può mai essere sicura di trovarsi nel posto giusto, se non ha riscontri con il nostro io più profondo. Noi agiamo per il meglio, o così ci pare, ma è solo la serenità, convinta e continuata, ossia la Gioia interiore, che ci da la certezza di non sbagliare e non travisare quello che ci accade. ….. Se fossimo in sintonia con la nostra interiorità, avremmo la capacità di percepire lo scopo della vita e non ne saremmo impauriti, perché avremmo raggiunto la vera dimensione di uomini realizzati e, come tali, sapremmo che tutto è guidato da un progetto grandioso a cui dobbiamo solo aderire consapevolmente. Con una simile certezza salda nel cuore non dovrebbe più esserci sofferenza per noi, ma solo l’esperienza che ci conduce a Dio. La vibrazione della gioia è percepibile a livello emozionale, ma si ripercuote in tutto l’essere, perché è l’energia della Vita. Quando la si nutre, si desidera proiettarla esternamente fino a farla traboccare, perché più la si dona e più rifiorisce. Nella Gioia vi è armonia, equilibrio, serenità. Lasciamoci guidare dall’energia femminile della Dea Madre presente in noi, pronta a guidarci, come una madre che crea e ama incondizionatamente la sua creazione.”
tratto da ” La dimensione della Gioia”, A. Bona, ed. Melchisedek
Tomaso Albinoni: Concerto a cinque Op.5 No.11 in G Minor
http://youtu.be/2vNBEIiqvJ4
21 giugno 2011 solstizio d’estate
“L’aver fiducia in Dio e l’affidarsi a Lui per le proprie necessità vitali è il banco di prova, in cui il credente verifica e conosce in che modo il Piano divino dispone immancabilmente del sostentamento suo e degli altri esseri viventi. Ha detto Yahya ibn Mu’adh ar-Razì, uno dei primi sufi del Khorasan: “Se il fedele trova il sostentamento senza doverlo cercare vuol dire che al sostentamento è stato ordinato di cercare lui”
tratto da “Nuova coscienza e guarigione” AA.VV. Paola Giovetti, ed. Mediterranee
La decima chiave: La Fedeltà
“La storia è formata da tanti cicli, ma questi non sono serviti solo a mutare le cose concrete e pratiche, ma anche l’uomo profondamente. Il vero uomo che, perfezionandosi, ha capito, agisce sempre su ordine divino, Dio è con lui e in lui e non potrà mai abbandonarlo. I nostri Angeli custodi sono al nostro fianco per aiutarci sempre. Nessun ostacolo deve turbare il cammino delle energie che conducono a Dio perchè il loro compito è di offrirci l’opportunità di realizzarci spiritualmente. Lo smarrimento può esserci, ma solo fino al momento in cui chi opera per il volere di Dio non abbia ben compreso la portata della missione e l’aiuto che riceve; dopo non dovrà esserci dubbio, titubanza o paura, ma solo accettazione e Gioia nel sentirsi in sintonia con il cosmo. La mente tarda a comprendere, limita, controlla, ma il cuore sa dove andare. Il desiderio di tornare a casa, di vivere vicino alla Sorgente di Tutto scaturisce dalla scintilla Divina specchio del nostro Creatore. Tutto è già presente qui adesso, non esistono limiti. In tutti coloro che operano con Fedeltà e su direttiva Divina subentrano una grande consapevolezza e verità. Si è consci di non essere soli, ma di fare parte di un ingranaggio superiore e sconosciuto a cui abbiamo aderito ripetute volte. Operare con questa certezza cambia il comportamento: non più alterigia o presunzione sono alla base di decisioni e di scelte, ma umiltà e consapevolezza di scegliere e agire, non solo per se stessi, ma per assecondare un disegno collettivo e Divino.
La nona chiave : la Fede
“La Fede è necessaria per accedere al più grande traguardo che l’uomo deve raggiungere:arrendersi a Dio. La Fede ci rafforza, ci rende inattaccabili. Con la piena fiducia in un disegno superiore si stabilisce una condizione indispensabile per poter vincere il falso sé, che crea l’ego e quindi la sofferenza… E’ proprio la qualità della nostra Fede che ci permette di vivere gli accadimenti della nostra vita. Possiamo riscoprire in noi un tipo di fede che è già nostro patrimonio da infinite vite. La riscopriamo perchè dobbiamo adattarla alla nuova esperienza. Non ricordiamo le esistenze passate, ma sentiamo il richiamo interiore travolgente che ci spinge ad agire. Chi ancora deve impadronirsi della fede è disorientato innanzi ai misteri, alle asperità del vivere in armonia con gli insegnamenti divini. Chi viceversa sa ed ha già superato tutto questo, si immedesima in Dio con naturale predisposizione. Dio ci assegna sempre compiti evolutivi per la nostra formazione interiore. Vivere con la Fede in Dio vuol dire esser con Dio e in Dio, vivere all’unisono con Lui, far parte del suo disegno superiore. Vuol dire abbracciare la propria esistenza, accettandola, con Gioia e vivendola con impegno. Amare Dio vuol dire amare sé stessi, vuol dire essere così grandemente saggi da non intralciare lo scorrere della vita, ma agevolarne il fluire sia essa gioiosa o difficoltosa. Il nostro atteggiamento dovrebbe essere analogo a quando si impianta un seme nella terra. Dalla natura possiamo attingere a una Saggezza eterna che ci mette in contatto con la mente universale che tutto sa. Noi ci limitiamo a preparare un terreno fertile e forniremo il nutrimento necessario, attraverso acqua e luce. Il resto non è affar nostro. Abbiamo la certezza che tutto si compie in maniera autonoma. E’ una legge naturale, la pianta verrà da sé, e noi l’attenderemo con pazienza e fiducia. La Fede é la consapevolezza con cui l’uomo modella e realizza il proprio pensiero, grazie alle leggi naturali che comunicano con la Mente di Dio.”
tratto da : “La dimensione della Gioia” A.Bona, ed:.Melkisedek
Racconto derviscio
Un tale volle chiedere a un folle di Dio: Dimmi, cosa è mai questo mondo? Cos’è mai questa nostra immensa dimora?. Quegli rispose: Questo mondo di gloria e d’infamia è simile ad una palma dagli infiniti colori. Se qualcuno sfregasse la sua corteccia con le mani, si scioglierebbe come cera. Ma essendo fatto realmente di cera, che altro può essere? E quegli infiniti colori in realtà sono pure apparenze! Poiché tutto è pura unità, ogni dualità è qui inconcepibile, per cui non ha senso dire io e tu. L’interminabile scala della creazione si snoda attraverso infiniti io e noi, e per questo è così facile cadere dai suoi gradini. Più in alto vuoi salire e più stolto ti dimostri, giacché scivolando conoscerai una caduta più rovinosa. Se non morrai a te stesso per vivere in Lui, sarai considerato un ribelle, giacché avrai scelto di associarti a un pugno di mosche. Ma se vivrai in Lui, potrai conoscere il mistero dell’unità: unità purissima, non volgare associazione.
Farid Ad-din Attar