Dello stesso autore

Quando i vangeli parlano del tempo che viviamo…

VANGELO (Lc 12,39-48)
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Carpe Diem. Orazio

Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. Ut melius quicquid erit pati!

Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi

spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

 

Tu non chiedere (non è concesso sapere)

quale fine a me e quale fine a te

gli Dèi abbiano dato, o Leucònoe, e non

consultare i numeri babilonesi.

E’ meglio patire ciò che sarà.

Sia che Giove ci attribuirà molti altri inverni

o che questo sia l’ultimo,

inverno che fa infrangere le onde del mar tirreno

sugli scogli di pomice leggera,

tu, Leucònoe, sii saggia, versa il vino e recidi

ogni lunga speranza che oltrepassi

il breve spazio del tempo immediato.

Mentre parliamo esso, il tempo, è già fuggito.

Cogli il giorno e credi minimamente

nel futuro.

(tratta dal libro Orazio – Odi ed Epodi – Bur Editor – pagg. 98 – 99).

 

In questa era di grande incertezza per l’umanità, mi colpisce questa richiesta di Orazio alla donna amata, Leuconoe, nome che significa “dalla candida mente”.  Il carpe diem allora assume un profondo significato di accettazione del presente mentale e spirituale, mi ricorda il Ricordo di Sè di memoria gurdjeffiana.  Essere presenti ora al di degli oracoli  e delle loro previsioni, pur essendo tutto scritto non ci è dato guardare oltre, ma comprendere il grande valore del qui e ora immutato, presente eterno.

«Mio Padre e io siamo uno»

Pensiero del giorno martedì 18 ottobre 2011.

“Quando Gesù diceva: «Mio Padre e io siamo uno», riassumeva i più

grandi arcani della religione. Un giorno, anche noi dovremo

essere capaci di pronunciare le stesse parole.

Alcuni diranno: «Sì, ma noi non siamo Gesù. Lui era il figlio di

Dio, mentre noi peccatori… » La Chiesa ha voluto fare di Gesù

l’equivalente di Dio stesso, la seconda persona della Trinità, il

Cristo,  un principio cosmico, mettendo così tra lui e gli uomini

una distanza infinita. Ma è questa la verità? Quanto a Gesù, egli

non ha mai detto una cosa simile, non ha mai sostenuto di essere

di un’essenza diversa dagli altri uomini. Ha detto di essere

figlio di Dio, ma non ha rivendicato solo per sé questa

filiazione divina, anzi, ha sottolineato la natura divina di

tutti gli esseri umani. Altrimenti, cosa significherebbero le

parole: «Padre nostro che sei nei cieli», «Siate perfetti come il

vostro Padre celeste è perfetto» e ancora: «Chi crede in me

compirà le opere che io compio e ne farà anzi di più grandi»?”

tratto da : “Pensieri quotidiani ”, Omraam Mikhaël Aïvanhov , ed. Prosveta

 

Si parla ancora dei 72..

VANGELO (Lc 10,1-9)
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Vangelo di oggi 13 ottobre 2011

VANGELO (Lc 11,47-54)

Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Mélusine

Métrisation du Forces. Contrariamente a quanto si pensi, questo simbolo veniva spesso collocato nei chiostri dei monasteri. La figura della Mélusina simboleggiava il controllo delle forze umane  e rappresenta lo spartiacque iconografico  tra antico e nuovo Testamento.

Mélusine sulla facciata del palazzo delle sirene a Chioggia

La Caduta dall’Eden

 

Gli archetipi dei nomadi del deserto si fondano, essenzialmente, sulla visione di un dio unico, capo tribù e legislatore. Da questo solitario dio virile e padre-padrone si dipana un reticolo strutturale di nessi simbolici e sociologici tesi a relegare l’elemento femminile ai margini della spiritualità pseudo-solare, una fenomenologia della repressione e della censura protesa ad imbrigliare la donna – un tempo presumibilmente (anche) sacerdotessa e guerriera – nel limitante ed esclusivo clichè di moglie e madre.  Il mito di fondazione giudaico-cristiano della Caduta dall’Eden è esemplificativo di questa tecnica d’espulsione e rimozione del femminile dalla spiritualità: non a caso nel racconto è la donna ad accettare dal serpente il frutto dell’albero della Conoscenza del bene e del male. La responsabilità della Caduta ricade in primo luogo sulla donna; Adamo appare quasi come un povero sprovveduto che ha la sola colpa di non essere abbastanza forte da respingere le avances della sua compagna. La donna, al pari del serpente (nell’immaginario mitico la donna è sovente associata al drago o al serpente, per esempio come nel caso di Medusa e della Melusina), è la grande tentatrice, le sue subdole proposte sviano dal retto cammino gli uomini probi e devono essere repentinamente respinte e punite: durante i “burning times” della caccia alle streghe centinaia d’innocenti erboriste e guaritrici trovarono la morte sui roghi di tutta Europa. Nell’immaginario cattolico, fino a qualche decennio fa, l’elemento femminile non aveva sfumature intermedie: madre o prostituta, santa o strega.  L’Eden è lo spazio mitico dell’indistinto, dell’originaria fusione della dicotomia fenomenica nella pienezza dell’Identità, della coniunctio, dell’Androgino platonico ed alchemico. Mangiando il frutto dell’Albero della Conoscenza del bene e del male, Adamo ed Eva – adesso assurti a coppia – si determinano come dualità, obliterandosi nel principio d’individuazione.

Tratto da: http://www.esonet.it/News-file-article-sid-725.html


Corso per adolescenti


L’associazione culturale
NovArmonia
propone
Corso
per adolescenti
scrapbooking
pittura e scrittura creativa

Sabato 12 novembre 2011 nella sede di NovArmonia a Conselve corso aperto per adolescenti dai tredici ai sedici anni.
Lavoreremo sulle emozioni, sui ricordi, sui sogni.
Tecniche  usate:  pittura, collage, libera composizione poetica e letteraria.
Durante ogni incontro  verranno forniti  tutti i materiali necessari per realizzare i lavori.

Il corso che si terrà il sabato pomeriggio,
avrà cadenza mensile, sviluppandosi da novembre 2011 a maggio 2012.

Per l’iscrizione al corso occorre richiedere la tessera dell’associazione  (10 euro).
Costo della partecipazione al corso 10 euro per ogni incontro.
Il corso sarà tenuto da Annamaria Pivetta.
Per maggiori informazioni e iscrizioni telefonare al
cell.  349 1215334

Maria Regina della Famiglia

Letture del 10 ottobre 2011

PRIMA LETTURA (Rm 1,1-7)

VANGELO (Lc 11,29-32)
Non sarà dato alcun segno a questa generazione, se non il segno di Giona.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
Parola del Signore.

GHIAIE 1944 DOCUMENTARIO ORIGINALE

Nel 1944, al Torchio, sottofrazione delle Ghiaie di Bonate Sopra,in provincia di Bergamo abitava la famiglia Roncalli composta da un figlio Luigi e da sette figlie: Caterina, Vittoria, Maria, Adelaide, Palmina, Annunziata e Romana (e Federica morta in tenera età). Papà Enrico aveva rinunciato alla vita del contadino e prestava servizio come operaio in uno stabilimento locale. La mamma Anna Gamba, casalinga, doveva crescere con pazienza certosina la numerosa prole.
Adelaide aveva allora sette anni. Era nata il 23 aprile 1937 alle ore 11 al Torchio e battezzata il 25 aprile dal parroco Don Cesare Vitale. Frequentava la classe prima elementare; era una bambina comune, piena di salute e di vivacità, le piaceva giocare.  Nulla faceva presagire fino a quel pomeriggio del 13 maggio 1944 quando le apparve la Sacra Famiglia, che il suo nome avrebbe varcato non solo i confini d’Italia, ma quelli d’Europa.  Mentre il mondo bruciava tra le fiamme dell’odio e delle armi e la guerra sembrava non finire mai, la Madonna, madre di unità e regina della pace, scelse una fanciulla di Bonate, Adelaide Roncalli, per lanciare i suoi messaggi al mondo. Le apparve per tredici giorni in due cicli: il primo dal 13 al 21 maggio, il secondo dal 28 al 31 maggio.
La Madonna le predisse:“Soffrirai molto, ma non piangere perché dopo verrai con me in paradiso.” “In questa valle di veri dolori sarai una piccola martire…” Ma Adelaide era troppo bambina per valutare subito la gravità di queste parole. Dopo le apparizioni, fu isolata, intimorita, spaventata e tormentata psicologicamente, tanto che alla fine qualcuno, il 15 settembre 1945, riuscì a strapparle uno scritto di ritrattazione che peserà come un macigno sul processo di riconoscimento delle apparizioni.

Il 12 luglio 1946, smentì la ritrattazione che le era stata dettata, riaffermando per iscritto la veridicità delle apparizioni, ma purtroppo non ebbe l’esito sperato poiché il 30 aprile 1948, il vescovo di Bergamo mons. Bernareggi emise il decreto di “non consta” proibendo ogni forma di devozione alla Madonna, venerata come apparsa a Ghiaie di Bonate.
Spostata di qua e di là, contro il suo volere e all’insaputa dei suoi genitori, contrastata, derisa e calunniata, Adelaide portò la sua croce, lontano da casa.
Al compimento del suo quindicesimo anno, ottenne dal vescovo di entrare tra le suore Sacramentine di Bergamo. Morto il vescovo, qualcuno riuscì a strappare l’ordine di farla uscire dal convento costringendola a rinunciare al disegno vocazionale che Maria aveva manifestato su di lei. Questa rinunzia le portò molta sofferenza e le costò una lunga malattia.
Qualunque adolescente sarebbe uscita distrutta da una vicenda come la sua, ma Adelaide era forte e si riprese. Stanca di aspettare che le si riaprisse la porta del convento, decise di sposarsi ed andò a vivere a Milano dove si dedicò con sacrificio alla cura degli ammalati. Passarono gli anni e Adelaide rimase chiusa nel silenzio impostole dai superiori.
Finalmente, avvalendosi dei decreti del Concilio Vaticano II in materia di diritto all’informazione, Adelaide si sentì sgravata dalle proibizioni che le erano state imposte e decise di riaffermare solennemente e ufficialmente, davanti a notaio, la veridicità delle apparizioni.

tratto da:http://www.madonnadelleghiaie.it/

 

Maria Regina della Famiglia Ghiaie di Bonate

L’immagine che la piccola veggente di Bonate ci ha donato riguarda la Madre e la nuova famiglia. E’ infatti nella prima apparizione, avvenuta il 13 maggio, che la Madonna compare con la Santa Famiglia nella pienezza della luce. La Madre, Gesù e  Giuseppe, le tre persone della Santa Famiglia. Queste  si mostrano ad Adelaide immersi in tre globi ovali di luce che si aprono al sopraggiungere rapidissimo di un punto luminoso apparso improvvisamente alla piccola veggente lontano nel cielo ad oriente.
La visione della Madonna apparsa invece nel giorno della Pentecoste mostra nel simbolo dei colombi trattenuti nelle mani, il modo in cui  modo  solo Lei, piena dell’amore di Dio (vestito rosso) conosce il linguaggio della perfetta Comunione (mette insieme la coppia). Nelle mani di Maria, colme del calore e della luce della Grazia, avviene il passaggio dalla divisione all’unione, dall’inimicizia all’amicizia, la trasformazione dall’essere individuo all’essere comunione, la ricostituzione della nuzialità perduta, l’acquisizione dello spirito di famiglia che realizza la comunione in Dio: l’essere una cosa sola in Lui.     Vestita di  un abito di colore rosso (simbolo della Carità e dell’amore del Cristo morto per noi), il manto è di colore verde, (Speranza)”che si prolungava da Ghiaie fino a Roma” riferimento alla chiesa. Sul braccio è appesa una corona del rosario di colore bianco e i suoi piedi sono ornati da due rose bianche. Il bianco è il colore della Fede e insieme della purezza.  Le virtù teologali dispongono infatti a vivere in relazione con la santissima Trinità ed hanno come origine, causa e oggetto Dio Uno e Trino.  L’umanità è chiamata a vivere comunione con Dio, come famiglia universale di Dio-Trinità.  La Madre  vestita di rosso, è ricoperta dall’Amore di Dio e tiene in mano i due colombi scuri.   Nei due colombi si può facilmente intravedere la coppia umana.  Questo simbolo, nel suo insieme, esprime infatti la nuzialità come essenza stessa dell’uomo nella sua somiglianza a Dio e conduce perciò a pensare alla creazione dell’uomo, formato da Dio, a propria immagine e somiglianza, come una dualità sponsale.  Una dualità di femminile e maschile  una dualità composta in un solo essere capace di mostrare, nella comunione dei due, lo stesso mistero dell’Amore di Dio-Trinità, il mistero delle Persone fuse in un solo Amore.  Nel libro della Genesi la donna appare infatti, davanti all’uomo, come “l’altro”, il suo prossimo, cui unirsi, senza confusione, senza perdersi pur costituendo con lei una unità indissolubile, una famiglia di due, una chiesa di due). I due colombi nelle mani di Maria sono scuri (perché adombrati dal peccato) e contrapposti nello sguardo (perché divisi nell’inimicizia) per far comprendere appunto che la coppia umana, dopo aver spezzato col peccato la comunione indissolubile, solo nelle mani della Madonna, possono liberarsi dal peccato e giungere alla vera amicizia. Perché solo Lei (Sposa Immacolata e modello perfetto di fedeltà che vive nel cuore della Trinità che perfettamente conosce il linguaggio d’amore) insegna la via che porta all’unità.  Mi sembra che il modello che ci viene proposto sia veramente attuale, innovativo e potente. C’è di che riflettere e meditare su questa potente icona.

Tratto da:http://www.madonnadelleghiaie.it/

 

MA COME FA A FAR TUTTO?

Se i nuovi bambini che stanno venendo sulla terra sono speciali, quanto lo devono esser le loro mamme e i loro papà? Questa vita, questi ritmi pesantissimi che ci stiamo imponendo, uomini, ma soprattutto noi donne dovrà trovare un esito più sempre più armonioso. Si impone una riflessione e la ricerca di  un nuovo modo di impostare le cose.  Le donne da molti secoli relegate a ruoli di second’ordine, hanno scoperto e si sono insinuate in un universo tutto maschile. Il famoso “soffitto di cristallo” a mio avviso è stato ampiamente sfondato.  Noti e interessanti studi hanno da tempo rilevato che quando una donna parla o ascolta, il suo cervello si “accende” in modo più  simmetrico rispetto a quello dell’uomo nel quale è soprattutto l’emisfero sinistro ad essere sollecitato.  Se gli uomini sono certamente più “lateralizzati”, le donne  si suddividono in due gruppi: quelle che utilizzano entrambi gli emisferi  e quelle che, come la maggior parte degli uomini, “pensano” piuttosto a sinistra. In ogni caso le donne sono in media più simmetriche rispetto agli uomini. Ecco perchè riescono bene in così tanti compiti. Ma il tempo, il tempo che noi dobbiamo condividere, frammentare e ricomporre in maniera sempre più creativa, per dare a ciascuno qualità e dedizione, rimane un’incognita che chiede soluzione.

Energia del momento…

Mi dice una bambina indaco incontrata oggi: “Mi sento spinta  a  pensare di potermi occupare  di persone di cui nessuno si può occupare”

Magia degli intrecci

Il rubino

Il rubino

Un’amata chiese all’amante:
“Chi ami di più, te stesso o me?”.
“Dalla testa ai piedi sono diventato te.
Di me non rimane che il nome.
La volontà l’hai tu. Tu sola esisti.
io sono scomparso come una goccia d’aceto
in un oceano di miele”.
Una pietra diventata rubino
è colma delle qualità del sole.
Niente della pietra vi resta.
Se ama se stessa, ama il sole;
se ama il sole, è se stessa che ama.
Non c’è differenza tra questi due amori.
Prima di divenire rubino la pietra è nemica
a sé stessa.
Non uno esiste, ma due.
La pietra è oscura e cieca alla luce.
Se ama sé stessa è infedele, si oppone
intensamente al sole.
Se dice “io” è solamente tenebra.
Un faraone si proclama divino e viene abbattuto,
Hallaj dice lo stesso ed è salvato.
Un io è maledetto, l’altro io benedetto.
Un io è una pietra, l’altro un cristallo.
Uno è un nemico della luce, l’altro la riflette.
Nell’intimo della propria coscienza , e non
mediante una dottrina,
è uno con la luce.
Lavora alle tue qualità di pietra
e diventa splendente come il rubino.
Pratica la rinuncia e accetta le difficoltà.
Vedi sempre la vita infinita nella morte dell’io.
La tua pietra scemerà, si accrescerà la tua natura
di rubino.
I segni dell’esistenza indificuale lasceranno
il tuo corpo
e l’estasi ti prenderà.
Diventa tutto udito come un orecchio
e otterrai un orecchino di rubino.
Scava un pozzo nel centro di questo corpo,
o prima ancora che il pozzo sia scavato
lascia che Dio attinga l’acqua.
Impegnati sempre a raschiare la sporcizia dal pozzo.
A tutti quelli che soffrono
la perseveranza reca buona sorte.
Il Profeta ha detto che ogni prostrazione
in preghiera
è un colpo alla porta del cielo.
Se si continua a bussare,
la felicità rivela il suo volto ridente.

Rumi

Il profeta Giona

Per tre giorni Giona rimane nella pancia della balena, a pagare il castigo per la sua fuga. Viene vomitato sulla spiaggia. Vivo. Dio gli parla ancora e gli ripete il suo incarico. Giona si rassegna e va a Ninive. Annuncia che la rovina della città è a solo quaranta giorni di distanza. Gli abitanti, invece di prendersela con chi annuncia sciagura, si ravvedono. Il re ordina penitenze. Dio perdona la città. Ma la storia di Giona non finisce qui. Egli invece di rallegrarsi per la salvezza si ribella a Dio. Gli chiede come mai non abbia mantenuto la sentenza e abbia invece salvato la città. Si ribella forse perché pensa di essere stato l’unico ad essere trattato con durezza. Chiede infine a Dio di farlo morire. Dio non lo esaudisce e Giona se ne va di nuovo. Fuori dalla capanna dove attende il suo destino in una notte cresce uno splendido albero di ricino. Giona si ripara alla sua ombra. Ma nello stesso giorno un verme ne mangia il tronco e il vento ne fa seccare le foglie. Giona è di nuovo senza riparo e chiede di nuovo a Dio di morire.

tratto da: www.nauta-rcs.it