5 novembre: secondo incontro di Meditazione Creativa a NovArmonia. L’Amore
Il tema della meditazione di oggi è stato l’Amore. Abbiamo iniziato ricamando su di un cuoricino di feltro di lana rosso. Con il filo verde, tanti piccoli punti come piccoli passi nel labirinto del cuore. Alessia, Ada, Clara, Diletta, Edra, Giulia e Sofia sono state bravissime a maneggiare per la prima volta ago e filo. Filastrocca: Filo fine dentro il foro , se l’arruffi non lavoro, non lavoro e il filo fine, fora il foro come un crine.
Corsi per bambini
L’associazione culturale
NovArmonia
propone
Piccolo corso
di meditazione creativa
per bambini
sabato 5 Novembre 2011
l’AMORE
La parabola di oggi: l’amministratore disonesto
I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Come è difficile comprendere il senso profondo di questa parabola. Senz’altro si deve tenere conto del suo ruolo e delle condizioni di lavoro di un amministratore di allora. Il fattore di un latifondo godeva di una notevole libertà e responsabilità. Il compenso per la sua prestazione era ricavato dai guadagni che egli riusciva a fare con prestiti ad alto interesse. I grandi proprietari terrieri, per lo più stranieri, avevano alle proprie dipendenze degli amministratori locali, ai quali lasciavano grande libertà e piena responsabilità: loro compito era di realizzare per il padrone il profitto pattuito, ma, una volta assicurato questo profitto, avevano anche la possibilità (maggiorando il prezzo) di realizzare guadagni personali. Preso alle strette l’amministratore dunque decide di rinunciare al proprio profitto per non perdere la sua credibilità. Per riguadagnarsi la stima sociale perduta, il figlio del mondo rinuncia alla propria parte creativa, il suo profitto, il suo guadagno perso diventa la sua salvezza. E’ questo ciò su cui il Cristo ci fa riflettere?
Quando un uomo e una donna diventano uno
Ho coperto i miei occhi
con la polvere della tristezza,
finché entrambi furono un mare colmo di perle.
Tutte le lacrime che noi creature versiamo per lui
non sono lacrime,come pensano molti, ma perle…..
Mi lamento dell’anima con l’anima,
ma non per lamentarmi: dico solo le cose come stanno.
Il cuore mi dice che è angosciato per lui
ma io non posso che ridere di questi torti immaginari.
Sii giusta, tu che sei la gloria del giusto.
Tu, anima, libera dal “noi” e dall'”io”,
spirito sottile in ogni uomo e donna.
Quando un uomo e una donna diventano uno,
quell’uno sei tu.
E quando quell’uno è cancellato, tu sei.
Dove sono questo “noi” e questo “io”?
A lato dell’amato.
Tu hai fatto questo “noi” e questo “io”
perché tu potessi giocare
al gioco del corteggiamento con te stesso,
affinché tutti i “tu” e gli “io” diventino un’anima sola
e infine anneghino nell’amato.
Tutto ciò è vero. Vieni!
Tu che sei la parola creatrice: Sii.
Tu, al di là di qualunque descrizione.
E’ possibile per l’occhio fisico vederti?
Può il pensiero comprendere il tuo riso o la tua pena?
Dimmi, è possibile vederti?
Soltanto di cose in prestito vive questo cuore.
Il giardino d’amore è infinitamente verde
e dà molti frutti oltre alla gioia e al dolore.
L’amore è al di là di entrambe le condizioni.
Senza primavera, senza autunno, è sempre nuovo.
Rumi
Quelli che vengono dalla grande tribolazione…
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
Dont Go Back To Sleep – Nusrat Fateh Ali and Lori Carson
Una valida risposta a Rihanna, Nusrat Fateh Ali e Lori Carson. Dio è onorato dalle lori voci.
Riflessioni Junghiane
” Dopo la malattia cominciò per me un fruttuoso periodo di lavoro: molte delle mie opere principali furono scritte solo allora. La conoscenza, o l’intuizione, che avevo avuto della fine di tutte le cose, mi diede il coraggio di intraprendere nuove formulazioni. Non tentai più di manifestare la mia opinione, ma mi abbandonai al flusso dei miei pensieri. …Ma dalla malattia derivo anche un’altra cosa: potrei chiamarla un dir di “sì” all’esistenza; un “sì” incondizionato a ciò che è, senza proteste soggettive; l’accettazione delle condizioni dell’esistenza così come le vedo e le intendo; l’accettazione della mia stessa essenza, proprio come essa è. Al principio della malattia avevo la sensazione che vi fosse un errore nel mio atteggiamento, e che perciò in certo qual modo fossi responsabile io stesso dell’infelicità. Ma quando uno segue la via dell’individuazione, quando si vive la propria vita, si devono mettere anche gli errori nel conto: la vita non sarebbe completa senza di essi. …. Fu solo dopo la malattia che capii quanto sia importante dir di sì al proprio destino. In tal modo forgiamo un io che non si spezza quando accadono cose incomprensibili; un io che regge, che sopporta la verità, e che è capace di far fronte al mondo e al destino. Allora fare esperienza della disfatta è anche fare esperienza della vittoria. Nulla è turbato -sia dentro che fuori- perchè la propria continuità ha resistito alla corrente della vita e del tempo. Ma ciò può avvenire solo quando si rinuncia a intromettersi con aria inquisitiva nell’opera del destino.”
tratto da: “Ricordi, Sogni, Riflessioni” Carl Gustav Jung, raccolti da Aniela Jaffé, BUR Rizzoli
Disegni nel cielo
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 23,1-12.
Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange;
amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare “rabbì”dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo;
chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.
Non ho mai trovato tanto rivelatori i vangeli come in questo periodo. Cristo parla dei gravi pesi che i sapienti legano alla vita dei semplici. Chi non è erudito, chi è umile nel suo sapere viene intimorito dalla preparazione di chi sa. Nella semplicità invece sta la via del Cristo, nell’ama e fa ciò che vuoi, “Dilige et quod vis fac” di Sant’Agostino, che non è un’esortazione al concedersi tutto, ma una seria assunzione di responsabilità. Negli affetti, nella vita privata e civile di ciascuno, nel condurre un’esistenza sacra in tutto il nostro semplice, quotidiano operare.
Il Lapis
“…Nel 1950 eressi una specie di monumento in pietra per esprimere ciò che la Torre significava per me. Il racconto di come venni in possesso di questa pietra è singolare. Avevo bisogno di pietre per poter costruire il muro di cinta del cosiddetto giardino, e le avevo ordinate alla cava vicino a Bollingen. Ero accanto al muratore quando dava tutte le misure al padrone della cava., che le annotava nel suo taccuino. Quando arrivarono le pietre, portate con un barcone, e furono scaricate, risultò che la pietra angolare nonostante tutto aveva delle misure sbagliate, e che invece di essere triangolare era un blocco a forma di cubo, di dimensioni assai più grandi di quelle che avevo ordinato, con un lato di cinquanta centimetri. Il muratore era furibondo e voleva che gli uomini della chiatta la riportassero subito indietro. Ma quando vidi quel blocco di pietra dissi: “No questa pietra è mia! Devo averla!” Avevo visto subito che era ciò che ci voleva per me. Volevo farne qualche cosa, ma non sapevo ancora bene quale cosa. Mi venne in mente, anzitutto, un verso latino dell’Alchimista Arnaldo da Villanova (morto nel 1313). Lo scolpii nella pietra. Tradotto suona così:
Qui sta la comune pietra
Il cui prezzo è assai modesto.
Quanto più è disprezzata dagli stolti,
Tanto più è amata dai saggi!
Questi versi si riferiscono alla ala pietra degli alchimisti, il lapis, che gli ignoranti disprezzano e rifiutano.”
tratto da: “Ricordi, sogni, riflessioni”, Carl Gustav Jung, BUR Rizzoli
Pietra d’angolo
L’espressione simbolica della pietra d’angolo ha comunque un duplice significato: è la pietra posta a fondamento di una costruzione, che unisce e rende stabili due muri al loro punto d’incontro, ma è anche la pietra angolare che non sta nelle fondamenta, ma, al contrario, sulla sommità dove completa l’edificio e al contempo lo tiene unito. E’, analogicamente, l’alfa e l’omega, il principio e la fine, la pietra grezza e la pietra digrossata, l’apprendista e la pietra cubica, l’Uomo che aspira a trasformarsi ritualmente in Tempio, proiezione su scala microcosmica dell’Universale Tempio.
tratta dal sito: www.ritosimbolico.net
La pietra angolare
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù.
In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
28 ottobre 2011, fine del calendario Maya
L’11 Ottobre… che vede anche la luna piena in Ariete (rinascita)… entriamo nel 7° e ultimo “giorno” della 9^ onda del Calendario Maya. Secondo Carl Calleman, TUTTE le 9 onde… che hanno avuto inizio 16,4 miliardi di anni fa… terminano il 28/10/11. Domani sarà un giorno importante.
Tempio I detto del Giaguaro a Tikal, Guatemala
Sono stata in Guatemala nel 1994. Tikal è uno dei siti più antichi del Peten guatemalteco. L’insediamento sorge quasi al confine meridionale della foresta del Petén oggi parco nazionale – e fu la città più importante del periodo preclassico. Nel momento di massimo splendore copriva una superfici di circa 16 chilometri quadrati e ospitava una popolazione valutata intorno a 55.000 abitanti. La caratteristica architettonica più significativa del sito consiste in sei piramidi-tempio, erette in memoria dei sovrani locali. Il tempio IV, alto 65 metri, è una delle strutture antiche più imponenti del Nuovo Mondo. Sulla stele 29 – una delle ottantasei stele rinvenute a Tikal – è incisa una data che corrisponde al 292 d.C. Indescrivibile l’emozione di salire gli altissimi gradini di questo antico tempio. Per arrivarci occorre addentrarsi nella foresta e partire verso le 4, 5 del mattino. Quando si giunge in prossimità del sito archeologico è ancora notte fonda. Poi inizia ad albeggiare e gli uccelli si svegliano dando vita ad un coro potentissimo. Verso la nove del mattino tutto tace improvvisamente, perchè la temperatura che prima era di 15, 20 gradi si alza via via che il sole sale allo zenit. Tutto diventa più faticoso visto che la calura arriva anche a temperature molto elevate, così il grado di umidità. Allora anche gli uccelli tacciono. Dall’alto del tempio si gode di una vista meravigliosa, di tutto l’insediamento e della foresta circostante.
“Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”»
VANGELO (Lc 13,31-35)
Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».