Una Venezia di smeraldo
foto di Isabella Renzulli
Lada=Armonia
“Dunque, il tempo atmosferico nella vostra realtà attuale è determinato dal vostro stato. Qui abbiamo in mente non solo lo stato di cui abbiamo recentemente discusso, ma anche la disposizione del vostro spirito, così come la vostra disponibilità verso l’intero ambiente circostante. Il vostro stato in particolare e lo stato della realtà in generale possono essere definiti con un’unico termine: Lada. … Questa parola ha molti significati. Lada è prima di tutto armonia: tutto andrà per il meglio e si svilupperà con massima armonia. Lada è anche piacere e delizia (uslada). Ladit’ significa vivere in pace e armonia. Lada è quando nel mondo regna la pace, l’ordine e la prosperità, quando tutto va bene. Lada è anche la persona amata. Se amate la vita, la vita sarà per voi Lada. Se vi amate otterrete delizia (uslada). E se invece non vi amate, fate Lada e vi amerete. … Il piacere è la prima cosa che le persone cercano e infatti vengono attratte da chi irradia questo piacere. In generale tutti sono attratti da Lada. E cosa ancora è attratto dalla Lada? La realtà! Anch’essa la ama e diventa mite vicino alle persone e per le persone che irradiano la Lada. Invece l’insoddisfazione, l’irritazione, la malevolenza e altre manifestazioni analoghe, al contrario, respingono le persone e turbano la realtà. Di qui a quale conclusione vogliamo arrivare? A questa: cercate di permanere in uno stato di Lada. Cercate il piacere in ogni inezia e lo troverete. Organizzate momenti di festa per qualsiasi occasione e otterrete la festa. Create un’atmosfera feconda e leggera dentro di voi e intorno a voi. Già solo un atteggiamento benevolo nei confronti delle persone le renderà ben disposte verso di voi. Mentre un atteggiamento benevolo verso la vostra realtà, qualunque essa sia, renderà bendisposta verso di voi la realtà stessa. Create un’atmosfera favorevole intenzionalmente. Createvi una tale abitudine. Questa è probabilmente l’abitudine più utile tra quelle che abbiamo studiato finora.”
tratto da: “Tafti la Sacerdotessa”, Vadim Zeland, Om edizioni gennaio 2019
Scalmo con germano che prende i volo
scalmo dipinto di Ignazio Pinton
scalmo
s. m. [lat. scalmus, dal gr. σκαλμός, der. del tema di σκάλλω «scavare»]. – 1.Ciascuna delle caviglie di legno o di ferro fissate alla falchetta di un’imbarcazione, alle quali si lega, con uno stroppo, il remo, che ne è pertanto sostenuto e può muoversi durante la voga; in partic., s. doppio, quello, ora non più usato, costituito da due caviglie, fra le quali gioca il remo senza stroppo. Per le imbarcazioni da regata chiamate fuori scalmo, v. fuoriscalmo. 2. Nella costruzione navale in legno, ciascuno degli elementi delle coste (prolungamenti laterali, a dritta e a sinistra, dei madieri), generalmente disposti in due strati, a elementi alternati, che combaciano nel piano trasversale dell’ordinata (sistema inglese) o ne sono leggermente distanziati (sistema francese).
tratto dal vocabolario on line Treccani
Il punto dove appoggiamo ogni sforzo
“ Il ritorno a piedi verso l’Arsenale, rappresentò per il giovane Zane un importante momento di riflessione su quello che lo avrebbe aspettato nel futuro. Considerò come avrebbe dovuto sostenere sua madre e spronarla ad accettare la scomparsa del marito. Era diventato lui, il maschio di terza generazione degli Zane, il primo sostegno ai nonni e alle incombenze che avrebbero dovuto essere svolte nei confronti della loro famiglia di Mazzorbetto. Giunto all’Arsenale, dopo un rapido saluto alla zia Isabella, che fu molto contenta di riabbracciarlo, decise di recuperare il sandolo di suo padre. Lasciato detto di salutare suo zio Pietro, che in quel momento era impegnato, si diresse deciso verso l’imbarcadero che Alvise utilizzava per il ricovero del suo sandolo. L’emozione che lo invase quando riuscì a salire, sulla barca che aveva accompagnato suo padre, ogni mattina da Mazzorbetto all’Arsenale, gli procurò un profondo vuoto. Si avvicinò allo scalmo e gli venne spontaneo ripetere un gesto che aveva visto fare da suo padre ogni volta che saliva sul suo sandolo. Accarezzò la testa dello scalmo e con le dita fece una carezza al germano reale che suo padre aveva dipinto sulla gamba della forcola. Nonostante fosse salito mille volte sopra quella barca, non aveva mai prestato molta attenzione a quel dipinto a olio che Alvise, quasi con devozione, aveva voluto fare sul sostegno dove poggiava il remo. Con un interesse nuovo e con la considerazione che meritava l’osservazione di quello scalmo, Jacopo si accovacciò sul fondo della barca, e rimase concentrato a studiare il fregio colorato che suo padre aveva voluto figurare e personificare sul suo sandolo. La prima cosa che gli fu subito evidente riguardò il colore dorato che Alvise aveva dato all’intero scalmo, come volesse farlo diventare un tutt’uno con la colorazione aurea che la laguna nord prende al tramonto. Il germano reale raffigurato, con i suoi caratteristi colori lucidi verdi e blu sulla testa e le sfumature bruno rossastre del petto, si stava alzando dalla laguna tra lo sbattere distintivo delle ali che riverberavano i colori dell’anatra, tra una miriade di schizzi di acqua, sulla superficie della laguna. Il tutto richiamava una immagine di libertà e di bellezza che solo il particolare mondo lacustre riesce a regalare. Turbato e colpito dalla figurazione che il padre era riuscito ad esprimere, slegò il sandolo e lo indirizzò verso l’uscita del rio dell’Arsenale. Con una forza che non aveva mai conosciuto, Jacopo si trovò a remare, con impeto, sul percorso che suo padre, ogni mattina e ogni sera, ripeteva. Passò davanti all’isola delle Vignole, puntando verso l’isola di San Giacomo in Paludo. Quasi a sfogare il suo dolore, Jacopo vogava con una furia assurda. A interrompere il suo andare selvaggio, ci pensò la voce possente di Fra Narciso che lo invitò a sostare nella sua isola e a dirigersi verso la cavana di San Giacomo in Paludo. Quando scese dal sandolo, Jacopo si ritrovò tra le braccia dell’amico frate e non riuscì a contenere le lacrime che lo stavano opprimendo sin dalla partenza dall’Arsenale. …E’ evidente, come mi hai ricordato, che il dipinto che fregia lo scalmo di tuo padre, come hai giustamente interpretato, rappresenta la firma sull’eredità che Alvise ti ha voluto lasciare per attestare che, in ogni uomo, devono esistere sentimenti di amore per le bellezze che la natura ci riserva. Non ti devi dimenticare che lo scalmo, per noi lagunari, è il punto dove appoggiamo ogni sforzo che ci permette di muoverci, lavorare e quindi di vivere.”
tratto da: ” Lo scalmo della vita”, di Ignazio Pinton, ed. Battello Stampatore, dic.2019
E così nascono i libri, nell’amore
“E così nascono i libri, nell’amore, e così nascono i libri che nessuno legge mai, e così il libro prima di nascere Dio lo deposita in te come un manciata di fango che diventa luce.
Domandano tutti come si fa a scrivere un libro. Si va vicino a Dio e gli si dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri, rapiscimi.
Così nascono i libri, così nascono i poeti.”
tratto da: “Corpo d’amore”, Alda Merini ed. FRASSINELLI, 2001
Perfezione
Lapsana communis
I pendoli
“L’energia mentale è materiale, ed essa non scompare senza lasciare traccia. Quando dei gruppi di persone cominciano a pensare in una stessa direzione, le loro “onde mentali” si sovrappongono e nell’oceano di energia si creano delle strutture energetiche d’informazione invisibili ma reali: i pendoli. Queste strutture cominciano a svilupparsi in modo autonomo e a sottomettere le persone alle loro leggi. Una persona capitata sotto l’influenza di un pendolo distruttivo, perde la libertà ed è costretta a diventare un ingranaggio di un grande meccanismo. Il pendolo “oscilla” con tanto più vigore quanto maggiore è il numero di persone -sostenitori- che lo nutre della sua energia. Per esempio, ci si può spingere in altalena solo applicando delle spinte di una determinata frequenza. Questa frequenza si chiama risonanza. Se la quantità di sostenitori del pendolo diminuisce, le sue oscillazioni si smorzano. Quando non rimangono più sostenitori, il pendolo si ferma e, come entità, muore. Per estrarre da una persona la sua energia, i pendoli si afferrano ai suoi sentimenti e alle sue reazioni: insoddisfazione, indignazione, odio, irritazione, ansia, agitazione, abbattimento, sgomento. disperazione, panico, compassione, attaccamento, ammirazione, commozione, idealizzazione, venerazione, entusiasmo, delusione, orgoglio, boria, disprezzo, ripugnanza, offesa, senso del dovere, senso di colpa, eccetera. Il pericolo peggiore per una persona che si è lasciata influenzare da un pendolo distruttivo sta nel fatto che quest’ultimo allontana la sua vittima dalle linee della vita, dove essa può trovare la sua fortuna. Occorre liberarsi dai fini imposti, lottando per i quali l’uomo si allontana sempre di più dal suo cammino. Il pendolo nella sua sostanza, è un “egregor“, ma questa definizione non è pienamente esauriente. Il concetto di “egregor” non riflette l’intero spettro delle sfumature delle relazioni che intercorrono tra l’uomo e dette entità energetiche d’informazione. … Le catastrofi, i cataclismi, i conflitti armati, le crisi economiche si evolvono a spirale. Prima la genesi, poi lo sviluppo, vorticoso che aggrava la tensione, poi il culmine, quando le emozioni sono al massimo della loro intensità, infine lo scioglimento: tutta l’energia si dissolve nelle spazio e s’instaura una tregua temporanea. Più o meno con la stessa dinamica si muove un vortice. L’attenzione di un gruppo di persone viene presa al gancio di un pendolo che incomincia ad oscillare sempre più velocemente, trascinandosi dietro, sulle linee delle vite disgraziate queste persone. Succede che una persona reagisce alla prima spinta del pendolo, per esempio rimane colpita da un evento negativo; in seguito prende parte agli sviluppi della situazione e per finire si ritrova nella zona d’azione della spirale, che l’avviluppa e la risucchia come un imbuto. Il fenomeno di risucchio nell’imbuto viene definito passaggio indotto sulla linea della vita dove la persona finisce per diventare vittima. Il suo riscontro alle spinte del pendolo e il conseguente scambio reciproco di energia d’oscillazione, inducono il suo passaggio su una linea della vita, vicina per frequenza alle oscillazioni del pendolo. Il risultato è che l’evento negativo s’inserisce nello strato di mondo della data persona. “
Tratto da: “Il fruscio delle stelle del mattino”, Reality Transurfing, , Vadim Zeland, MACRO Edizioni, maggio 2010.
Maggio. Ciclo dei mesi Torre dell’Aquila nel Castello del Buonconsiglio di Trento
Calendimaggio o cantar di maggio segna l’inizio della primavera e la festa stagionale che apre il periodo in cui la luce torna a prevalere sull’oscurità. La vita ricomincia a scorrere. La maggior parte dei riti di maggio avevano un valore propiziatorio nei confronti dei prodotti della terra, ma anche una sorta di riconciliazione con le forze della Natura. Un tempo alle processioni nei campi con l’albero di maggio per augurare fecondità, seguiva una sorta di ierogamia, un’ unione reale tra il Re e la Regina. Le feste dedicate nella Roma antica a Flora dea dell’abbondanza si sono tramandate per diversi secoli, così come il culto celtico di Beltane, dal gaelico irlandese Bealtaine “fuoco luminioso” antica festa pagana che si celebra attorno al primo maggio.
Esagramma 24 I Ching ䷗Il Ritorno (la Svolta)
“L’idea della svolta è indicata dal fatto che, quando ormai le linee scure hanno spinto fuori dall’alto tutte le chiare, c’è di nuovo una linea chiara che entra nel segno dal basso. Il tempo delle tenebre è passato. Il solstizio d’inverno reca la vittoria della luce. Il segno è coordinato all’undicesimo mese, al mese del solstizio (dicembre- gennaio). Da un tempo di decadimento viene la svolta. Riappare la luce forte che prima era stata scacciata. Vi è movimento. Questo movimento, però non ha nulla di forzato. Il trigramma superiore K’un ha per carattere la dedizione.
Si tratta dunque di un movimento naturale, generato spontaneamente. Perciò trasformare il passato è facilissimo. Cose vecchie vengono eliminate, cose nuove introdotte; e tutto corrisponde al tempo e perciò non reca alcun danno. Si formano associazioni di persone con idee affini. E questo aggregarsi avviene pubblicamente; esso corrisponde alla situazione del tempo e perciò ogni aspirazione particolaristica risulta esclusa; né queste unioni danno luogo ad alcun errore. Il ritorno è inerente al corso della natura. Il movimento è circolare, e l’orbita è conchiusa. Non c’è quindi bisogno di precipitare le cose con artifici: tutto viene da sé, quando il tempo è maturo. Questo è il Tao di cielo e terra. Tutti i movimenti si compiono in sei stadi. Il settimo stadio reca poi il ritorno. Così nel settimo mese dopo il solstizio d’estate, a partire dal quale l’anno digrada, viene il solstizio invernale; così nella settima ora doppia dopo il tramonto il sole risorge. Perciò il sette è il numero della luce giovane, e nasce poichè il sei, il numero delle grandi tenebre, si accresce di uno. Allora il movimento giunge allo stato di quiete.”
tratto da “I Ching Il Libro dei Mutamenti”, a cura di Richard Wilheilm, ed.ADELPHI pg. 140