Dello stesso autore

La socialità delle formiche

“La caratteristica che rende popolari le formiche è la socialità. Infatti tutte le specie sono sociali, nel senso che gli individui di una colonia allevano la prole in comune. Nella colonia c’è sovrapposizione di generazioni e  tra i vari individui esiste una stretta divisione riproduttiva del lavoro (Michener, 1969). Nonostante esistano migliaia di specie, il ciclo biologico delle colonie è abbastanza uniforme. La colonia è divisa in gruppi, o meglio caste. I maschi e le femmine capaci di riprodursi formano la casta dei reali ed hanno il compito di provvedere alla riproduzione. Si distinguono dagli altri individui perchè gli unici ad essere dotati di ali. Di norma, per l’accoppiamento, la regina abbandona il nido e compie il volo nuziale assieme a centinai di altri reali. I maschi muoiono dopo la copula, mentre la regina che si è privata  delle ali inizia a scavare, solitamente nel terreno, la prima camera del nido. Il momento che intercorre tra la deposizione delle prime uova e la nascita dei figli è molto delicato: nella maggior parte dei casi, infatti, la regina non si nutre e metabolizza i muscoli alari che sono entrati nel suo apparato circolatorio. Lo sviluppo della prima covata segna la comparsa della casta operaia. Si tratta di femmine sterili la cui funzione principale è quella di nutrire le altre larve e la regina, ampliare il nido. Il lavoro delle operaie è successivamente (ma anche nello stesso tempo) coadiuvato dalla casta dei soldati (i soldati non son altro che grosse operaie dedite prevalentemente alla difesa del nido e ai lavori pesanti), le  principali addette alla difesa del formicaio. Si riconoscono per le maggiori dimensioni del capo e per le mandibole più sviluppate. Per l’esattezza, va detto che anche le operaie partecipano alla difesa, mostrandosi particolarmente aggressive verso chiunque si aggiri attorno al nido. Di generazione in generazione, le dimensioni delle operaie diventano sempre maggiori, fino alla produzione degli individui fertili, futuri re e regine pronti per il volo nuziale. La vita delle formiche operaie e i soldati dura al massimo alcuni mesi. Le formiche regine hanno una vita media di circa 5 anni, ma ce ne sono state alcune in nidi artificiali nei laboratori che hanno vissuto per più di 20 anni.”

tratto da:”http://www.meteowebcam.it/articolo-naturalistico/28/Nello-straordinario-mondo-delle-Formiche.html a cura di Valeria Marasco

Rose

Per pochi…

“L’uso delle metafore e delle allegorie (i pianeti per esempio venivano trasformati in divinità dall’aspetto umano) divenne necessario per diffondere concetti astronomici o filosofici complessi tra la popolazione più incolta. Al significato letterale di queste ultime faceva poi da contraltare la loro interpretazione autentica che rimaneva riservata a pochi. Per tale motivo le religioni del mondo antico avevano carattere iniziatico e cioè erano accessibili a tutti esclusivamente attraverso diversi livelli di conoscenza di cui solo quelli più elevati corrispondevano al vero. Il reale significato dei cosiddetti misteri veniva così svelato e tramandato esclusivamente dai membri più colti delle caste sacerdotali mentre i racconti mitici sugli dei iracondi, emotivi e vendicativi dalle caratteristiche umane erano destinati alle menti dei più semplici.  Tuttavia, fu solo grazie al largo impiego di questi espedienti narrativi che le masse analfabete poterono avvicinarsi in qualche modo alla mistica della creazione.”

tratto da:”Scoperte archeologiche non autorizzate. Oltre la verità ufficiale. Antologia delle scoperte sotto censura., quando il potere nasconde il sapere”, Marco PIzzuti, ed. Punto d’incontro. 2010

Carlo Rosselli

“Socialismo liberale” Carlo Rosselli

In questi giorni dove sembra che la speranza sia andata perduta, dove languono i grandi ideali, la politica si è ridotta a numeri, esasperazione degli animi. Chi ha desiderio di ultime notizie  digiti il nome Bruno Iksil, il banchiere protagonista del nuovo scandalo che tremare la finanza globale.  Tutto sembra ruotare attorno a questi temi che arrivano a condizionarci in qualche modo anche se non direttamente. La lotta sacrosanta per un posto di lavoro,  regole di mercato ormai insane, irrimediabilmente deviate vincolano e paralizzano. Sembra impossibile in questo vuoto di valori, ma  in passato ci sono stati grandi esempi,  teorie che hanno tentato di disegnare una mappa del mondo e delle sue regole. Mi ha colpito leggere questo brano tratto da: “Socialismo liberale” di Carlo Rosselli. Due parole associate che per la mia profonda, abissale ignoranza non pensavo potessero coesistere. 

“Nella sua più semplice espressione il liberalismo può definirsi come quella teoria politica che, partendo dal presupposto della libertà dello spirito umano, dichiara la libertà supremo fine, supremo mezzo, suprema regola dell’umana convivenza. Fine in quanto si propone di conseguire un regime di vita associata che assicuri  a tutti gli uomini la possibilità di un pieno svolgimento della loro personalità. Mezzo, in quanto reputa che questa libertà non possa essere elargita o imposta, ma debba conquistarsi con duro e personale travaglio  nel perpetuo fluire delle generazioni.  Esso concepisce la libertà non come un dato di natura, ma come divenire, sviluppo.  Non si nasce, ma si diventa liberi. E ci si conserva liberi  solo mantenendo attiva e vigilante la coscienza della propria autonomia e costantemente esercitando le proprie libertà. La fede nella libertà è al tempo stesso una dichiarazione di fede nell’uomo nella sua infinita perfettibilità, nella sua capacità di autodeterminazione, nel suo innato senso di giustizia. Il liberale veramente tale è tutt’altro che uno scettico. E’ un credente, anche se combatte ogni affermazione dogmatica; è un ottimista, anche se della vita ha una concezione virile e drammatica.  ….. La libertà non accompagnata e sorretta da un minimo di autonomia economica, dalla emancipazione dal morso dei bisogni essenziali, non esiste per l’individuo, è un mero fantasma.  L’individuo in tal caso è schiavo della sua miseria, umiliato dalla sua soggezione; e la vita non può avere per lui che un aspetto e una lusinga:  il materiale.  Libero di diritto è servo di fatto. E il senso di servitù aumenta in pena e ironia non appena il servo di fatto acquista coscienza della sua libertà di diritto  e degli ostacoli che la società gli oppone per conseguirla. Ora di questi individui, dice il socialista , era piena la società moderna allorquando il socialismo nasceva; di questi individui ancor oggi è composta in regime capitalistico buona parte della classe lavoratrice, priva di ogni diritto sugli strumenti di lavoro, d’ogni compartecipazione alla direzione della produzione, d’ogni senso di responsabilità sul lavoro -dignità e responsabilità, primi scalini della scala che conduce dalla schiavitù alla libertà. E’ in nome della libertà , è per assicurare una effettiva libertà a tutti gli uomini e non solo a una minoranza privilegiata, che i socialisti chiedono la fine dei privilegi borghesi e la effettiva estensione all’universale delle libertà borghesi.”

Tratto da: “Socialismo liberale”, Carlo Rosselli, Piccola Biblioteca Einaudi

Quanto queste teorie, se pur portatrici di valori fondamentali, di senso umanitario, sono arrivate al cuore dell’umanità? In qualche modo vicine ai temi del cristianesimo, per l’anelito di uguaglianza, di giustizia sociale, sono naufragate in questo ultimo decennio, per l’impossibilità di renderle fattive. L’uomo per sua natura non è riuscito a portare a compimento questa logica. Qualcosa di inattuabile dunque? Il ministro degli Esteri inglese William Hague propone in questi giorni un modo per uscire dalla crisi:”Basta lamentele, lavorate sodo, l’unica ricetta per la crescita è lavorare duro”, Basta io credo produrre sconsideratamente, ma rivolgere l’attenzione alla cura, alla conservazione, alla promozione della bellezza e della cultura. Un’etica del rispetto, della promozione umana si. Del cambiamento, della restituzione dei valori fondanti e fontamentali alla base della convivenza umana. 

 

 

“Breath Of Life” favole mitiche

E’ la stagione dei piccoli ricci

In questo periodo occorre fare molta attenzione ai piccoli ricci che possiamo incontrare sulla strada, molto utili perchè si cibano di larve, uova di vipera, lumache.


La natura nostra è esigenza di verità e compimento…

“La natura nostra è esigenza di verità e compimento, vale a dire di felicità. Tutto il moto dell’uomo, qualunque cosa faccia è dettato da questa urgenza che lo costituisce. Ma essa, arrivata ai bordi estremi della propria esperienza di vita, non trova ancora ciò che ha cercato, all’estremo confine del suo territorio vissuto, questa nostra urgenza non ha trovato ancora. E l’apparente muro della morte codifica facilmente la realtà di questa osservazione.  E’ qui dove scatta la questione, perchè è in forza della sua natura, per non sopprimersi come natura, che a questo punto la nostra ragione, la nostra umanità intuisce la risposta implicata nel proprio  dinamismo; risposta che esiste per ciò  stesso che questa esigenza esiste. Occorrerebbe decidersi a una irrazionalità totale, a una innaturalità totale, per sopprimere lo slancio con cui la nostra natura  intuisce che questo significato ultimo, che questa dipendenza totale ha un termine di riferimento, anche se esso è, usiamo pure la parola drammatica, “disperatamente” al di là, sta al di là, “trans”, è “trascendente”, “assoluto”, cioè non è legato al tempo e allo spazio, né ad alcuna delle misure di ragione, fantasia o immaginazione che noi potremmo usare.”

Tratto da: “Il senso religioso” Luigi Giussani, ed.Jaca Book, 1986

Conferenza di Vito Mancuso al centro universitario Padova: Etty Hillesum

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Etty Hillesum e i suoi “Diari”,  il tema trattato  oggi al Centro universitario, qui a Padova. Il professor Vito Mancuso ha affermato che non possiamo  dimenticare  che se Dio è, è Padre e Madre. Solo in questa misteriosa dualità è concepibile pensare a un Dio, che sia pur nella sua irrangiungibilità, ci rappresenta, danza nel Padre e nella Madre, la danza della vita, dell’esistente. Qui anche gli opposti hanno vita comune, per il solo fatto di esistere, anche come antinomie. La capacità di Vedere Tutto, di armonizzare la realtà invece che frammentarla. Capire che nel limite dell’altro entra la potenzialità dell’esperire nuovo personale. E quando tutte le speranze stanno cadendo, capiamo che siamo noi che possiamo salvare, salvarci. Ma assieme, nell’unione d’intenti. Etty fece della disperazione del lager un’occasione, il trampolino per la sua anima, per spiccare il volo verso quell’inconoscibile, che è così misterioso proprio perchè è li, sotto i nostri occhi, al centro del nostro cuore e nel volto di chi ci sta davanti.

Vangelo di oggi

+ Dal Vangelo secondo Giovanni

“In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” Gv 14,7-14

I bambini dagli occhi di sole

 

Ho visto i luminosi pionieri dell’Onnipotente 

al confine dove il cielo si volge verso la vita,

scendere le scale d’ambra della nascita; 

i precursori di una Divina moltitudine.

Essi venivano sul Sentiero della Stella del Mattino,

nella piccola stanza della vita mortale. 

 

Li ho visti attraversare la penombra di una età

i bambini dagli occhi solari

portatori di una meravigliosa Aurora,

i grandi creatori dal calmo aspetto. 

 

Li ho visti gli abbattitori delle barriere del mondo

i lottatori contro il destino nato dalla paura.

Li ho visti i lavoratori della Casa degli Dei,

i messaggeri di ciò che non può essere comunicato,

gli architetti dell’immortalità. 

 

Li ho visti cadere nella sfera umana,

con i volti ancora luminosi della gloria immortale,

con voci che ancora parlavano con i pensieri di Dio,

con corpi resi splendenti dalla Luce dello spirito. 

 

Portavano la Magica Parola, il Mistico Fuoco,

la dionisiaca Coppa della Gioia.

 

Li ho visti, i bambini che rendono l’uomo migliore,

coloro che cantano uno sconosciuto inno dell’Anima.

Ho sentito l’eco dei loro passi nei corridoi del tempo.

Ho visto gli alti sacerdoti della Saggezza,

della dolcezza, della Potenza e della Felicità Celeste,

i rivelatori delle vie solari della Bellezza,

i nuotatori delle acque tempestose dell’Amore,

i danzatori che aprono le porte d’oro del Nuovo Tempo.

 

Sono quì.

Camminano fra noi per mutare la sofferenza in gioia,

per giustificare la Luce sul volto della Natura. 

 

Aurobindo

 

LA BELLEZZA DELLA VITA SPIRITUALE. L’anima : Etty Hillesum

Sabato 5 Maggio Padova ore 10.00 Via Zarabella 82 LA BELLEZZA DELLA VITA SPIRITUALE. L’anima : Etty Hillesum.Per l’iscrizione, scrivere a: specificando per quale incontro ci si iscrive. Tel.: 0498764688 Fax: 049651937 E-mail:  Padova Centro universitario 

Etty Hillesum

”  Mio Dio è un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà un periodo diverso, un periodo di umanesimo. Vorrei tanto poter trasmettere ai tempi futuri tutta l’umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie esperienze quotidiane. L’unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi e di prepararli fin d’ora in noi stessi. Vorrei tanto vivere per aiutare a preparare questi tempi nuovi: verranno di certo, non sento forse che stanno crescendo in me, ogni giorno?”

tratto da:”La non violenza in Auschwitz”, Etty Hillesum

Nata nel 1914 in Olanda da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica, Etty Hillesum muore ad Auschwitz nel novembre del 1943. Ragazza brillante, intensa, con la passione della letteratura e della filosofia, si laurea in giurisprudenza e si iscrive quindi alla facoltà di lingue slave; quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico. Durante gli ultimi due anni della sua vita, scrive un diario personale: undici quaderni fittamente ricoperti da una scrittura minuta e quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1942, anni di guerra e di oppressione per l’Olanda, ma per Etty un periodo di crescita e, paradossalmente, di liberazione individuale.


La Grande Madre

Secondo un’indimostrata teoria, essendo del tutto assenti fonti scritte o tradizioni orali in merito, la Grande Madre sarebbe una divinità femminile primordiale, presente in quasi tutte le mitologie note, in cui si manifesterebbe la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l’umano e il divino. Essa attesterebbe l’esistenza di una presunta originaria struttura matriarcale delle civiltà preistoriche, composte da gruppi di cacciatori-raccoglitori.

tratto da Wikipedia

…bisogna diventare come piccoli fanciulli

“La beatitudine può giungere dovunque e in qualunque momento. Può illuminare gli strumenti del lavoro quotidiano, su un banco di laboratorio. Può fiorire in una stazione o in un aereoporto, quando la persona amata torna da un lungo viaggio. Può dare la sensazione del paradiso in terra … E chi supporrebbe che l’improvvisa idea di prendere un caffè insieme la mattina possa accendere tutte le torce e far squillare tutte le trombe della più grande felicità che ci sia dato sperimentare? Fortunati gli amanti che sanno giocare insieme quasi come bambini, dimenticando i loro ruoli di Genitori o di Adulti come ben sanno gli psicologi moderni. Forse questo è uno dei molti sensi  del detto che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna diventare piccoli come bambini ”

tratto da: “Il Tao dell’Amore”, Jolan Chang, Oscar Mondadori

Ma è Te che cerco

“Ora frequento il chiostro cristiano, ora la moschea
Ma è  Te che cerco di tempio in tempio.
Il Tuo eletto non si cura di eresia ed ortodossia
Poichè entrambe non superano lo schermo che nasconde
la Tua verità.
L’eretico ha la speculazione, l’ortodosso ha la teologia,
Ma la polvere del petalo di rosa appartiene soltanto
al venditore di essenze.

Abu al-Fazl al-Allami mistico panteista musulmano,scritto del tardo XIII secolo, Delhi

Koan

Il Koan è un elemento fondamentale per la scuola zen Rinzai. Fondatore dello Zen Rinzai è ritenuto tradizionalmente il monaco giapponese di scuola TendaiEisai, che introdusse per primo il ramo Zen Rinzai Oryo in Giappone dalla Cina nel 1191.  Letteralmente Koan significa “documento pubblico” ma ha assunto il significato di un quesito basato sulle azioni e sui detti di famosi maestri. È un problema che non ammette una soluzione intellettuale; la risposta non ha nessun rapporto logico con la domanda, e la domanda è tale da mettere in forte imbarazzo l’intelletto. Eccone alcuni esempi: “Battendo le mani l’una contro l’altra si produce un suono. Qual è il suono di una sola mano? “Molto tempo fa un uomo teneva un’oca dentro una bottiglia. L’oca crebbe e crebbe finché non poté più uscire dalla bottiglia; l’uomo non voleva rompere la bottiglia e neanche far male all’oca; tu come te la caveresti? “Su un albero c’è un uomo che stringe un ramo in bocca ma non si tiene attaccato con le mani e non tocca il tronco con i piedi. Qualcuno, ai piedi dell’albero, gli chiede: “Che cos’è lo Zen?” Se non risponde, non può soddisfare quell’uomo, ma se dice anche una sola parola, cade e s’ammazza. In un momento simile, tu che cosa risponderesti se fossi in lui?” Anche se questi Koan possono apparire sciocchi e assurdi, ognuno di essi riflette il grande koan della vita, dato che per lo Zen il problema della vita è di superare le due alternative dell’affermazione e della negazione, che oscurano entrambe la verità. Il metodo della scuola Rinzai prevede che il discepolo Zen debba risolvere un koan e che sia assistito da un maestro, il quale lo interroga sulla soluzione del koan; finché il discepolo troverà soluzioni logiche e razionali, il maestro gli dirà che ha sbagliato e quindi di continuare a pensarci; ciò si protrarrà per alcuni anni, finché il discepolo realizzerà che non c’è una soluzione razionale, e di colpo sente la sua mente e il suo corpo cancellati dall’esistenza. Questo fatto è chiamato “lasciar andare la presa”, e fa prendere coscienza al discepolo Zen che, così come un koan non si può “afferrare” trovandoci una soluzione, così la vita stessa non può essere “posseduta” dall’individuo, e che quindi bisogna lasciar andare la vita, cioè accettarla come vita, come qualcosa che non è di proprietà di nessuno. I koan sono impiegati anche per far comprendere agli allievi che l’illuminazione non la si raggiunge con solo con l’intelletto e che ogni ragionamento è inutile alla comprensione della verità. Anche per questo motivo la scuola Rinzai pratica i koan durante la meditazione zazen, poiché non crede che stando semplicemente seduti si arrivi all’illuminazione, o satori. La scuola Rinzai è stata storicamente connessa con varie tradizioni di arti marziali in Giappone. Nel Giappone pre-moderno, la scuola Rinzai è stata assai popolare tra i guerrieri aristocratici e i samurai, mentre la scuola zen Sōtō è stata praticata più da artisti e poeti. Ciò è dovuto alla reputazione Zen di rimuovere la paura della morte tramite la trasformazione diretta della consapevolezza. Per un samurai, la paura della morte era naturalmente un grosso ostacolo, così lo zen Rinzai soddisfava una pratica necessità. La scuola Rinzai ha avuto eco relativamente maggiore importanza nella letteratura dei koan e nella conoscenza intellettuale che della scuola zen Sōtō; questi faceva appello all’educazione delle classi disagiate. Ad ogni modo, uno dei più intellettuali e letterati dei maestri zen pre-moderni è stato il maestro Zen Eihei Dogen. Dato che l’aristocrazia medievale era anche una classe di guerrieri, è stato naturale per loro applicare gli insegnamenti Rinzai alla pratica del combattimento. Alcuni studiosi hanno argomentato che l’influenza dei samurai è stata fondamentale per la formazione dello zen Rinzai. Dopo aver fronteggiato l’opposizione delle scuole tradizionali buddiste a Kyoto, fu lo stesso Eisai a introdurre lo zen Rinzai alla casta dei guerrieri samurai della corte Shogun a Kamakura intorno al 1199.La predilezione dei samurai per la scuola Zen Rinzai è continuata nel periodo Tokugawa (1600-1867) quando era un regolare metodo di addestramento della casta guerriera, sviluppando il Bushidō.

tratto da Wikipedia

 

23 aprile San Giorgio

 

San Giorgio visse nel III secolo e morì prima di Costantino I, probabilmente a Lydda (presso l’odierna Jaffa in Israele), secondo alcune fonti nel 303. Il suo culto risale al IV secolo. è inoltre onorato dai musulmani con il titolo di “profeta”. Secondo questa fonte agiografica Giorgio era originario della Cappadocia (zona dell’odierna Turchia), nato verso l’anno 280. I genitori lo educarono alla religione cristiana fino al momento in cui entrò nel servizio militare. Trasferitosi in Palestina, si arruolò nell’esercito dell’imperatore Diocleziano, comportandosi da valoroso soldato fino al punto di giungere a far parte della guardia del corpo dello stesso Diocleziano, divenendo ufficiale delle milizie. Il martirio sarebbe avvenuto sotto Diocleziano stesso (che però in molte versioni è sostituito da Daciano imperatore dei Persiani), il quale convoca settantadue re per decidere che misure prendere contro i cristiani. Giorgio dona ai poveri tutti i suoi averi, e, davanti alla corte, si confessa cristiano; all’invito dell’imperatore di sacrificare agli dei si rifiuta ed iniziano le numerose scene di martirio. Nel Medioevo la lotta di san Giorgio contro il drago diviene il simbolo della lotta del bene contro il male e per questo il mondo della cavalleria. La leggenda del soldato vincitore del drago contribuì al diffondersi del suo culto che divenne popolarissimo in Occidente ed in tutto l’Oriente bizantino, ove è per eccellenza il «grande martire» e il «trionfatore». Rapidamente egli divenne un santo tra i più venerati in ogni parte del mondo cristiano.Il nome di san Giorgio era invocato contro i serpenti velenosi, la peste, la lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe. Secondo vari studiosi, tra cui lo scrittore scozzese Robert J. Stewart, San Giorgio e San Michele sono eredi dell’immagine dell’eroe radioso che uccide un drago, parte della fase solare del mito della creazione il cui prototipo fu il dio babilonese MardukÈ considerato il patrono dei cavalieri, degli armaioli, dei soldati, degli scouts, degli schermitori, della Cavalleria, degli arcieri, dei sellai.