Il maestro non agisce
L’uomo veramente buono non si cura della sua bontà,
perciò è buono.
Lo stolto cerca di essere buono,
per questo non lo è.
Il maestro non agisce,
eppure non lascia nulla di incompiuto.
L’uomo comune si dà un gran da fare,
ma non riesce a ultimare tutto.
La virtù più elevata è agire dimenticando se stessi.
La benevolenza più grande è dare senza condizioni.
La giustizia più obbiettiva è guardare con imparzialità.
Quando il Tao è perduto, c’è bontà.
Quando la bontà è perduta, c’è moralità.
Quando la morale è perduta, c’è il rituale.
Il rituale è solo il guscio della vera fede,
l’inizio del caos.
Il grande maestro segue la propria natura
e non le trappole della vita.
Si dice:
“Egli sta con il frutto e non con la buccia”
“Egli sta con il solido e non con il fragile”
“Egli sta con il vero e non con il falso”
tratto da:” La saggezza del Tao”, Wayne W. Dyer, ed. Corbaccio
Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote è negli umani…
tratto da”I Sepolcri”, Ugo Foscolo
Katy Perry – Firework
Traduzione
Ti sei mai sentito come un sacchetto di plastica
Che vola con il vento
Che vuole ripartire
Ti senti mai, così sottile, come un foglio di carta
Come un castello di carte
Ad un soffio dal cadere
Ti sei mai sentito già sepolto
Sei piedi sotto terra urlando
Ma nessuno sembra sentire niente
Sai che c’è ancora una possibilità per te
Perché c’è una scintilla in te
Devi solo accendere la luce
E lasciarla brillare
Allora impadronisciti della notte
Come se fosse il quattro luglio
Perchè tesoro tu sei un fuoco d’artificio
Dai, mostragli il tuo valore
Fagli dire “Oh, oh, oh!”
Mentre colpisci il cielo
Baby sei un fuoco d’artificio
Dai lascia che i tuoi colori scoppino
Fagli dire “Oh, oh, oh!”
Li lascerai cadere già giù giù
Non ti devi sentire come uno spreco di spazio
Sei originale, non puoi essere sostituito
Se solo sapessi cosa ti riserva il futuro
Dopo un uragano arriva un arcobaleno
Forse tu sei la ragione per la quale tutte le porte sono chiuse
Così potrai aprire quella che porta alla strada perfetta
Come un fulmine, il tuo cuore esploderà
E quando sarà il momento, lo saprai
Devi solo accendere la luce
E lasciarla brillare
Allora impadronisciti della notte
Magnificat Luca primo capitolo
Magnificat *
anima mea Dominum,
et exultavit spiritus meus *
in Deo salutari meo
quia respexit humilitatem ancillae suae, *
ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes
quia fecit mihi magna, qui potens est: *
et Sanctum nomen eius
et misericordia eius a progenie in progenies *
timentibus eum.
Fecit potentiam in brachio suo, *
dispersit superbos mente cordis sui,
deposuit potentes de sede, *
et exaltavit humiles;
esurientes implevit bonis, *
et divites dimisit inanes.
Suscepit Israel, puerum suum, *
recordatus misericordiae suae,
sicut locutus est ad patres nostros, *
Abraham et semini eius in saecula.
Gloria Patri et Filio *
et Spiritui Sancto
sicut erat in principio et nunc et semper *
et in saecula saeculorum. Amen.
La vera chiave per la felicita’
“Una cosa ancora – disse Shin’ichi – non deve pensare che sposarsi la rendera’ automaticamente felice. Puo’ succedere che per qualche tempo, e’ vero, ma la vita e’ lunga e puo’ accadere di tutto. A volte il matrimonio e’ causa di in felicita’ e amarezza. Se un matrimonio e’ felice o no dipende solo dallo sforzo che entrambi i coniugi vi mettono. E il fatto che le circostanze – con il matrimonio- possano cambiare, non significa in alcun modo che il suo destino, il suo karma, sia cambiato. Non importa dove o con chi vive, se la malattia e’ nel suo destino, lei si ammalera’, se i problemi economici sono nel suo karma non potra’ fuggire. La cosa importante e’ comprendere come spezzare questo karma negativo . Lei deve sviluppare la forza vitale necessaria per superare serenamente qualsiasi difficolta’ possa manifestarsi. La fede e’ la fonte di quella forza. La vera chiave per la felicita’ e’ la fede”.
Tratto da:”La nuova rivoluzione umana” in “Karma” ed. Esperia marzo 2011
Lui è me stesso
” O Sole onnipresente,
figlio del Signore della creazione
comanda ai tuoi raggi,
ritrai la tua voce.
Togli il velo affinchè io possa vedere la sua faccia;
la sua faccia velata dal tuo disco d’Oro.
Perchè colui che è là,
quell’Essere, Lui,
è me stesso.”
tratto da: “Isho Upanishad”
QUELLO
“QUELLO e’ cio’ che non e’ nato e non muore; da nulla prodotto nulla si produce da esso. Non nato, eterno, per sempre esistente, primigenio. QUELLO non viene ucciso quando il corpo e’ ucciso. Se l’ uccisore pensa di uccidere e l’ucciso pensa di venire ucciso, entrambi si ingannano:quello non uccide e non e’ ucciso. Piu’ del piccolo, piu’ grande del grande, QUELLO dimora nel cuore di tutte le creature, ma soltanto chi e’ libero dai desideri e dal dolore lo vede. Immobile, percorre grandi distanze; giacendo, va ovunque; incorporeo nei corpi, immutabile nei cambiamenti. Come puo’ conoscerlo chi non e’ placato e calmo, e la cui mente non e’ a riposo? Come puo’ l’uomo qualunque concepire QUELLO di cui sacerdoti e guerrieri sono il cibo, e la morte il condimento?”
Tratto da:”Katha Upanishad”
Salmo 104
[1] Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
[2] avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
[3] costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
[4] fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.
[5] Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
[6] L’oceano l’avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
[7] Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
[8] Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
[9] Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.
[10] Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
[11] ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
[12] Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.
[13] Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
[14] Fai crescere il fieno per gli armenti
e l’erba al servizio dell’uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
[15] il vino che allieta il cuore dell’uomo;
l’olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.
[16] Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
[17] Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
[18] Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.
[19] Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
[20] Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
[21] ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
[22] Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
[23] Allora l’uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.
[24] Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
[25] Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
[26] Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.
[27] Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
[28] Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
[29] Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
[30] Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
[31] La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
[32] Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
[33] Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
[34] A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
[35] Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.
Danda est ellebori multo pars maxima avaris…
Il nome Elleboro deriva dal greco “Helleborus“, ovvero “nutrimento che uccide” in riferimento alla sua particolare velenosità, specialmente del rizoma e delle radici.
Nell’antichità si reputava che la sua radice fosse un rimedio contro la pazzia. Secondo il poeta Orazio non sarebbero bastati tutti gli ellebori che crescevano numerosi in Anticiria per curare un avaro.
La dose piú forte d’ellèboro
bisogna darla agli avari, e non so
se non sia logico somministrargli
soltanto Antícira .
Gli eredi di Staberio incisero sulla sua tomba
l’ammontare del patrimonio:
se non l’avessero fatto, avevano l’obbligo
di offrire al popolo
cento coppie di gladiatori,
un banchetto a discrezione di Arrio
e quanto frumento si miete in Africa .
‘Bene o male che abbia agito, non voglio prediche . ‘
E credo che in ciò, con la sua prudenza,
Staberio avesse visto giusto .
Cosa intendeva, insomma,
quando volle che gli eredi incidessero sul marmo
l’ammontare del patrimonio?
Finché visse considerò la povertà
un’imperdonabile colpa,
e da nient’altro si guardò con piú puntiglio,
tanto che se per caso fosse morto
meno ricco anche d’un solo centesimo,
gli sarebbe sembrato
d’essere un buono a nulla:
virtú, fama, onore, beni divini e umani,
tutto dipende dal luccichio del denaro:
e chi ne avrà accumulato di piú
sarà famoso, forte, giusto .
E sapiente? Anche, e re, ciò che vuole .
Tali ricchezze,
come se le avesse ottenute
per i suoi meriti,
sperò che fossero motivo di gran lode .
Ma lui cosa ebbe in comune
con il greco Aristippo,
che nel deserto libico ordinò ai servi
di gettare via l’oro,
perché impacciati dal peso andavano troppo lenti?
Chi dei due ti sembra piú matto?
Ma non serve a nulla un esempio
che per risolvere una questione ne pone un’altra .
Se uno comprasse cetre e compratele
le buttasse in un mucchio,
senza essere portato alla musica
o all’arte in generale,
se comprasse forme e trincetti
chi non è calzolaio,
o vele nautiche chi odia i traffici,
a buon diritto da tutti sarebbe detto
stravagante e insensato .
Che differenza c’è fra questi
e chi nasconde i suoi tesori,
senza godere di ciò che ha raccolto,
e ha paura di toccarli come fossero sacri?
Se, sdraiato accanto a un gran mucchio di frumento,
uno gli facesse la guardia notte e giorno
armato di bastone,
e avendo fame,
non osasse toccarne un chicco,
lui che è il padrone,
e preferisse per economia
nutrirsi d’insalata amara;
se, riposte in cantina mille botti
di chio e di vecchio falerno,
ma che dico, trecentomila,
lui bevesse vinagro;
di piú, se un vecchio di ottant’anni
dormisse sulla paglia,
mentre le coperte, banchetto di vermi e tignole
gli marciscono nelle casse;
niente di strano
che uno come questi sembri pazzo
a cosí poca gente,
visto che la maggior parte degli uomini
è tormentata dalla stessa malattia .
Tratto da: “Satire” Orazio, Libro II, satira 3
Christina Perri – A Thousand Years
Mille Anni
Il cuore batte forte
colori e promesse
come posso essere coraggiosa, come posso amare quando
ho paura di cadere?
Ma guardandoti lì da solo
tutti i miei dubbi improvvisamente se ne vanno in qualche modo
un passo più vicina
Sono morta ogni giorno aspettandoti
tesoro non avere paura, ti ho amato
per mille anni, ti amerò per altri mille
Il tempo resta immobile
la bellezza in tutto il suo splendore
non sarò coraggioso
non permmetterò che nulla mi porti via
ciò che ho di fronte
ogni respiro, ogni ora è arrivata qui
un passo più vicina
Sono morta ogni giorno aspettandoti
tesoro non avere paura, ti ho amato
per mille anni, ti amerò per altri mille
Ho sempre creduto che ti avrei trovato
il tempo ha portato il tuo cuore da me, ti ho amato
per mille anni, ti amerò per altri mille
Un passo più vicina, un passo più vicina
Sono morta ogni giorno aspettandoti
tesoro non avere paura, ti ho amato
per mille anni, ti amerò per altri mille
Ho sempre creduto che ti avrei trovato
il tempo ha portato il tuo cuore da me, ti ho amato
per mille anni, ti amerò per altri mille