will.i.am – Scream & Shout ft. Britney Spears
Bello ballare, primitivo e contemporaneo allo stesso tempo, ma che una donna arrivi a darsi della Bitch è un pò troppo!
…chi ama al di là di ogni premio e ricompensa.
“…o Zarathustra, sei più devoto (frommer) di quanto tu non creda, con questa tua miscredenza!” In effetti, proprio laddove Zarathustra nega il Dio cristiano” osserva Masini, ” si serve di un argomento costituito come assolutizzazione mistica della nozione cristiana di amore”, opponendo alla dinamica del do ut des quella di chi ama al di là di ogni premio e ricompensa. …”
tratto da: “Simbolica per tutti e per nessuno. Stile e figurazione nello Zatathustra di Nietzshe”, Alberto Giacomelli, Mimesis edizioni , Milano, 2012
L’albero
“L’albero che provoca al alcuni lacrime di gioia agli occhi di altri è solo una cosa verde che si erge sul cammino. Alcuni vedono la natura come ridicolaggine e deformità….e c’è anche chi non la vede affatto. Ma agli occhi dell’uomo che possiede immaginazione la natura è immaginazione essa stessa.”
Tratto da:”Ogni tuo desiderio sarà esaudito” Wayne W.Dyer, ed Corbaccio
Via del pensiero
Sapete che la via indicata da Steiner viene detta la “via del pensiero”. Tuttavia, alla luce di quanto abbiamo appena letto, potrebbe essere anche detta la “via della percezione”. Asserire – come fa Goethe – che il fenomeno è già teoria, equivale infatti ad asserire che il percetto è già concetto(ch’è quello che abbiamo tentato fin qui di dimostrare). Nella medesima misura in cui ci si allontana dalla percezione sensibile ci si allontana pertanto anche dal concetto o, il che è lo stesso, dalla percezione spirituale. Chi si allontana, sia dalla percezione sensibile, sia da quella spirituale, si allontana dunque dalla realtà, finendo fatalmente con lo smarrirsi in quelle astrazioni di cui sono assai ghiotte le forze ostacolatrici.
tratto da:http://www.ospi.it/ospi/PDF/48%20Opere%20di%20Goethe.pdf
Lascito
Nessun essere può dissolversi nel nulla,
l’eterno in tutti senza sosta freme,
nell’Essere mantieniti, felice!
L’Essere è eterno, ché leggi vi sono
A custodire i tesori viventi
di cui l’universo s’adorna.
Il vero già da gran tempo è trovato
e ha riunito una gran schiera di spiriti,
attieniti all’antico vero.
Sii grato al saggio, o figlio della terra,
che ad essa il cammino intorno al sole
indicò, e ai pianeti fratelli.
Subito volgiti ora al tuo intimo,
in esso il centro troverai
di cui il nobile mai dubiterà.
Di nessuna regola sentirai mancanza
poiché la sua autonoma coscienza
sarà il sole del tuo giorno costumato.
Abbi allora fiducia nei tuoi sensi,
nulla di falso mai ti mostreranno
se l’intelletto tuo ti terrà desto.
Gioioso osserva, e con sguardo sempre nuovo,
e vaga, flessibile e sicuro,
per i prati pieni dei doni del mondo.
La copia e l’abbondanza godi come conviene,
sempre ti sia accanto la ragione
là dove vita gioisce della vita.
Allora il passato ti sarà durevole,
vivo il futuro nell’immaginarlo,
e l’attimo sarà l’eternità.
E quando infine ti sarà riuscito,
quando sarai pervaso da questo sentimento:
solo ciò che reca frutto è vero,
allora al vaglio passerai le forze
del mondo, comunque si muovano,
e alla ristretta cerchia ti unirai.
E come già in antico nel silenzio
un’opera d’amore a suo volere
il filosofo, il poeta ha concepito,
così anche tu otterrai il dono più bello:
ché riconoscere le anime nobili
è il più desiderabile dei compiti.
Vermächtnis
Kein Wesen kann zu Nichts zerfallen!
Das Ew’ge regt sich fort in allen,
Am Sein erhalte dich beglückt!
Das Sein ist ewig; denn Gesetze
Bewahren die lebend’gen Schätze,
Aus welchen sich das All geschmückt.
Das Wahre war schon längst gefunden,
Hat edle Geisterschaft verbunden,
Das alte Wahre fass’ es an!
Verdank’ es, Erdensohn, dem Weisen,
Der ihr, die Sonne zu umkreisen,
Und dem Geschwister wies die Bahn.
Sofort nun wende dich nach innen,
Das Zentrum findest du da drinnen,
Woran kein Edler zweifeln mag.
Wirst keine Regel da vermissen,
Denn das selbständige Gewissen
Ist Sonne deinem Sittentag.
Den Sinnen hast du dann zu trauen,
Kein Falsches lassen sie dich schauen,
Wenn dein Verstand dich wach erhält.
Mit frischem Blick bemerke freudig
Und wandle sicher wie geschmeidig
Durch Auen reich begabter Welt.
Genieße mäßig Füll’ und Segen,
Vernunft sei überall zugegen,
Wo Leben sich des Lebens freut.
Dann ist Vergangenheit beständig,
Das Künftige voraus lebendig,
Der Augenblick ist Ewigkeit.
Und war es endlich dir gelungen,
Und bist du vom Gefühl durchdrungen;
Was fruchtbar ist, allein ist wahr,
Du prüfst das allgemeine Walten,
Es wird nach seiner Weise schalten,
Geselle dich zur kleinsten Schar.
Und wie von alters her im stillen
Ein Liebewerk nach eignem Willen
Der Philosoph, der Dichter schuf,
So wirst du schönste Gunst erzielen;
Denn edlen Seelen vorzufühlen
Ist wünschenswertester Beruf.
tratto da: “Cento poesie”. J.W.Goethe, Einaudi editore
“Über allen Gipfeln”
«Secondo quanto ci dicono le biografie del poeta, questi versi furono scritti a matita il 7
settembre 1780 sulla parete di un capanno di caccia in una montagna nei pressi di Weimar, e
soltanto nel 1815 furono accolti dal poeta nell’edizione delle sue liriche. Si racconta che una sera di
molti anni dopo, il 26 agosto 1831, Goethe venne accompagnato da amici su quella stessa montagna
e si recò nella stanza dove ricordava di avere scritto quei versi: come li vide, pianse e dopo qualche
istante lesse con tono malinconico gli ultimi due versi della breve lirica. Se nei primi versi sembra
rivivere lo spirito di Alcmane, per il senso di pace e di silenzio che pervade la solenne
contemplazione della natura, gli ultimi due versi riprendono il tema del contrasto tra la quiete della
natura e l’inquietudine dell’uomo, ma non in termini drammatici: non c’è più un ‘ma’, c’è solo la
speranza, che è insieme anche una certezza, di poter corrispondere a questa calma: è solo questione
di un attimo di attesa (Warte nur: balde…) prima di poter raggiungere questo placarsi delle passioni
e delle ansie umane nella pace» (Moreno Morani, Il tema della notte nella letteratura europea,
«Zetesis» 1998: www.rivistazetesis.it/Notturno/Italia_ed_Europa.htm). «La Ruhe, la “pace” della
natura è qui la pace dell’anima; e la pace dell’anima è la morte». Questo secondo canto notturno non
è dunque, come il primo (Der du von dem Himmel bist: «Tu che del cielo sei»), una «invocazione
alla pace, al Friede, per la vita, dentro la vita», bensì «la constatazione della pace che presto verrà
per tutti: l’ultima» (Bonaventura Tecchi, Liriche di Goethe, Bari 1949); e implica una forte tensione
«ad identificarsi col Gran Tutto, con la Natura, ad obbedire una legge cosmica» (Franco Fortini,
Saggi ed epigrammi, a cura di Luca Lenzini e con uno scritto di Rossana Rossanda, Milano 2003).
tratto da: http://www.civica19.com/doc/proj_2012/corsi/poesia/Ueber_allen_Gipfeln_2012.pdf
Über allen Gipfeln
Über allen Gipfeln
Ist Ruh;
In allen Wipfeln
Spürest du
Kaum einen Hauch;
Die Vögelein schweigen im Walde.
Warte nur, balde
Ruhest du auch.
Su tutte le vette
regna la calma,
tra le cime degli alberi
non avverti
spiare un alito;
nel bosco gli uccellini stanno silenziosi
Aspetta un poco! Presto
anche tu avrai riposo.
tratto da: “Cento poesie”. J.W.Goethe, Einaudi editore
Solcata ho fronte
Solcata ho fronte, occhi incavati intenti,
crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto,
labbro tumido acceso, e tersi denti,
capo chino, bel collo, e largo petto;
giuste membra; vestir semplice eletto;
ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti;
sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
avverso al mondo, avversi a me gli eventi:
talor di lingua, e spesso di man prode;
mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
pronto, iracondo, inquïeto, tenace:
di vizi ricco e di virtù, do lode
alla ragion, ma corro ove al cor piace:
morte sol mi darà fama e riposo.
Per ogni cosa c’è il suo momento
«Per ogni cosa c’e’ il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo… «C’è un tempo per nascere ed un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire… Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?Ho considerato l’occupazione che Dio ha dato agli uomini, perché si occupino in essa. Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; ma egli ha messo la nozione dell’eternità nel loro cuore, senza che gli uomini possano capire l’opera compiuta da Dio dal principio alla fine»
tratto da:“QOHELET”(3, 9-11).
Simone Weil, al termine della sua riflessione su Qohèlet, scriveva: «Dio e l’umanità sono come due amanti che hanno sbagliato il luogo dell’appuntamento. Tutti e due arrivano in anticipo sull’ora fissata, ma sono in due luoghi diversi e aspettano… Uno è in piedi, inchiodato sul posto per l’eternità dei tempi; l’altra è distratta e impaziente. Guai se ti stanchi e se te ne vai…»
Dio, ricerca incessante
Evito di scrivere in prima persona nel mio blog NovAmonia. Lascio parlare gli altri , i fatti, le testimonianze, le vite, le immagini. Mi interesso di quello che e’ lo spirituale, interconnesso, vissuto nel reale, letto ed esperito nella quotidianita’ del nostro vivere. Con grande forza ho l’ardire di pensare che Dio e’ qui, non lontano, ma vicinissimo, dentro ciascuno. Sono d’accordo con tutti gli inserti fatti sin d’ora nel blog. Anche con Rita Levi Montalcini che afferma di non essere credente. Non credo in un dio Grande Vecchio, dispensatore di doni, o dimentico dei problemi dell’umanita’. Proprio questi sono la chance a mio parere, si, la difficolta’, la mancanza, il deficere sono occasione di riparare, trasformare, portare crescita, mutamento. Ed e’ proprio la differenziazione, la creativita’ a portare “ricchezza”. Dio e’ ricco e potente, prepotentemente assoluto, vuole tutta la bellezza che il mondo possiede, Dio vuole essere in noi, nelle nostre opere, nelle nostre espressioni vitali e sensoriali. E’ l’armonia di un essere, tessuto di incontri di sinapsi, nell’alterazione di questo principio la sua ricerca incessante.
Invidio chi ha la fede
“Rita non è mai stata moglie e madre.
Spiegava il perché cominciando da Dio.
«Invidio chi ha la fede.
Io non credo.
Non posso credere in un dio che ci premia e ci punisce, in un dio che vuole tenere il nostro destino nelle sue mani.
Ognuno di noi può diventare un santo o un bandito, ma ciò dipende dai nostri primi tre anni di vita, non da dio.
È una legge di una scienza che si chiama epigenetica, in altre parole si può definire il risultato del dialogo che si instaura tra i nostri geni e l’ambiente familiare e sociale nel quale cresciamo.
Prendete una bicicletta o un insetto, oggi sono pressoché uguali a com’erano duecento anni or sono.
Noi no.
L’uomo è darwiniano al cento per cento.
Ebbene, io a tre anni, a tre anni, lo giuro, ho deciso che non mi sarei mai sposata e che non avrei avuto bambini.
Sono rimasta condizionata dal rapporto vittoriano che subordinava mia madre a mio padre.
A quei tempi nascere donna significava avere impresso sulla pelle un marchio di inferiorità.
Eppoi ho visto troppe vite matrimoniali sfortunate.
Ne vedo tante anche oggi.
Vite tristi, vuote, false».
Negli Stati Uniti, durante un ricevimento venne avvicinata da una signora che le domandò se anche suo marito era membro della National Academy.
Lei le rispose: «I am my own husband», sono io stessa mio marito.
Sola, eppure circondata per l’intera esistenza da una folla di uomini.
Amici, maestri.
A partire da Giuseppe Levi, padre di Natalia Ginzburg, il professore che le preconizzò il Nobel per la medicina.
«Ho rinunciato a costruire una famiglia, non all’amore», raccontava Rita.
«Ho avuto degli affetti, mi sono innamorata, sono stata felice.
Ma forse il mio unico figlio è stato l’Nfg.
Ho avuto e ho amici importantissimi, gli amici di una vita: Renato Dulbecco, Giuseppe Attardi, il mio maestro Viktor Hamburger alla Washington University di St.
Louis, Norberto Bobbio, la poetessa Maria Luisa Spaziani, Pietro Calissano, Piero Ientile, Pina Tripodi».
tratto da: http://www.swas.polito.it/services/Rassegna_Stampa/dett.asp?id=4028-165099976
Il maestro non agisce
L’uomo veramente buono non si cura della sua bontà,
perciò è buono.
Lo stolto cerca di essere buono,
per questo non lo è.
Il maestro non agisce,
eppure non lascia nulla di incompiuto.
L’uomo comune si dà un gran da fare,
ma non riesce a ultimare tutto.
La virtù più elevata è agire dimenticando se stessi.
La benevolenza più grande è dare senza condizioni.
La giustizia più obbiettiva è guardare con imparzialità.
Quando il Tao è perduto, c’è bontà.
Quando la bontà è perduta, c’è moralità.
Quando la morale è perduta, c’è il rituale.
Il rituale è solo il guscio della vera fede,
l’inizio del caos.
Il grande maestro segue la propria natura
e non le trappole della vita.
Si dice:
“Egli sta con il frutto e non con la buccia”
“Egli sta con il solido e non con il fragile”
“Egli sta con il vero e non con il falso”
tratto da:” La saggezza del Tao”, Wayne W. Dyer, ed. Corbaccio
Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote è negli umani…
tratto da”I Sepolcri”, Ugo Foscolo