Passa la nave mia colma d’oblio.
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte, il verno,
enfra Scilla e Cariddi; ed al governo
siede’l signore, anzi’l nimico mio;
a ciascun remo un penser pronto e rio
che la tempesta e’l fin par ch’abbi a scherno;
la vela rompe un vento umido, eterno
di sospir’, di speranze e di desio;
pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
bagna e rallenta le già stanche sarte,
che son d’error con ignoranza attorto.
Celansi i duo mei dolci usati segni;
morta fra l’onde è la ragion e l’arte:
tal ch’incomincio a desperar del porto.
La mia nave, piena di desiderio di dimenticare, attraversa il mare tempestoso, fra Scilla e Cariddi (stretto di Messina), d’inverno, nel mezzo della notte; e la guida il mio signore, anzi, il mio nemico (amore).Ad ogni remo (sta) un pensiero presente e doloroso, che sembra ignorare la tempesta e il suo esito: un vento umido, che in eterno trascina sospiri, speranze e desideri, lacera la vela.Una pioggia di pianto, l’immagine offuscata dello sdegno aggredisce i cordami, ed io sono avvolto dall’errore e dall’ignoranza.I due miei riferimenti abituali si nascondono: la ragione e l’arte sono morte fra le onde, tanto che io comincio a disperare di poter giungere al porto.
Petrarca descrive la sua situazione esistenziale attraverso l’allegoria della vita paragonata ad un viaggio per mare.
Il poeta dice che la sua nave, carica di dimenticanze, attraversa un mare tempestoso, nel cuore della notte e durante l’inverno, in un luogo infido come lo stretto di Messina: al timone della nave sta Amore, suo signore, anzi, addirittura nemico.
I remi sono manovrati da pensieri impulsivi e perversi che lo spingono a sfidare con irrisione la tempesta e l’inevitabile tragica conclusione in un naufragio, mentre un vento incessante (di sospiri, speranze e desideri), gravido di pioggia, straccia le vele.
Sono nascosti alla vista del poeta gli astri che di solito gli indicavano la rotta: in mezzo a questo mare egli non sa più avvalersi né della teoria né dell’arte della navigazione, al punto che inizia a disperare di raggiungere mai il porto.
Fuor di metafora, il Petrarca definisce molto travagliato il suo stato morale e mentale: egli si sente in una condizione di spirito disperata, in completa balia della passione amorosa, che non solo annulla la sua volontà, ma lo porta all’autodistruzione, attraverso ogni sorta di pensieri negativi.
La continua sofferenza, l’alternarsi di speranze e delusioni, hanno fiaccato le forze positive e razionali del suo animo, travolte da una lunga serie di errori e dalla consapevolezza di non saper gestire la sua passione.
Nulla ormai lo può salvare da questa sua morbosa condizione esistenziale: la vista di Laura, da cui solo attende salvezza, gli è negata ed egli si rende conto di non essere in grado di dirigere la propria vita, così che ormai non spera quasi più di poter recuperare serenità e pace.
tratto da:Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta), Francesco Petrarca; commento tratto dahttp://balbruno.altervista.org/index-972.html
Quando il cuore dell’artista si disvela
“Voglio dire che quando il cuore dell’artista si disvela, la sua opera parla da sola e si fa capire. Il fatto artistico diventa fatto estetico e strumento di conoscenza, un dialogo in cui interagiscono da un lato l’artista che costruisce ponti fra il reale e il fantastico, il fisico e il metafisico, fra l’ideologia e la prassi, e dall’altro chi guarda alla sua opera traendone qualche frammento di verità in modo da essere aiutato nel rischiarare il proprio cammino sulla strada della vita. In questo suo agire materiale l’artista è anche un pò sacerdote che celebrando la liturgia del rito la vuole mantenere rispettosa dell’essenza che la informa, rendendone comprensibile la sostanza all’interno della dimensione antropologica che è l’ambito entro cui il rito si svolge.”
tratto da:”Di possibili felicità e impossibili speranze”, Lorenzo Vischidi intervista Franco Marin