Dello stesso autore

Circondati dalla divina presenza

“Scrive il maestro egizio Abammone in risposta alla lettera di Porfirio al giovane Anebo: «tu dici per prima cosa che ammetti l’esistenza degli dèi, ma questa affermazione non è giusta, perché la conoscenza innata degli dèi coesiste con la nostra essenza, è superiore a ogni giudizio e a ogni scelta, anteriore al ragionamento e alla dimostrazione». Non è nemmeno una forma di conoscenza, perché in questo caso ciò che è conosciuto non è altro rispetto al conoscente, noi abbiamo intuizione innata delle divinità, come anche dei dèmoni, degli eroi e delle anime pure, siamo «circondati dalla divina presenza», con «l’intima unione che ci tiene stretti agli dèi e che possiede la forma della monade». Nel rispondere alle domande del filosofo Porfirio, il sacerdote egizio Abammone, che si autodefinisce «profeta», ossia di grado altissimo tra i sacerdoti, promette di avviare una discussione nel rispetto del metodo. Le questioni teologiche saranno trattate con la terminologia e secondo le tematiche della teologia, lo stesso avverrà con le questioni teurgiche e filosofiche.”

tratto da:Domenica Sole 24 ore, 18 agosto 2013, “L’arte di intercettare gli dèi” di Maria Bettetini

 

LXXIX. L’infinito non si può abbracciare colla ragione

“Qual è quella cosa, che non si dà e s’ella si dessi non sarebbe? Egli è lo infinito, il quale, se si potesse dare, sarebbe limitato e finito, perchè ciò, che si pò dare ha termine colla cosa , che la circuisce nè sua stremi, e ciò che non si pò dare è quella cosa, che non ha termini.”

tratto da:” Frammenti letterari. I pensieri sulla scienza”, Leonardo da Vinci, Giunti, 1979

Siusi allo Scilar

Acqua e cielo

TO THE WONDER

Minnesänger : Mönch von Salzburg – Das nachthorn

SOLI DEO GLORIA

Palazzo Centro infanzia regina Elena, via Savonarola 203,  Padova. ITALY

Collage del 26 luglio 2013

Dialogo con il Figlio della terra

Il Figlio della Terra patteggia con il Figlio delle stelle

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2 dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3 Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4 Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». 5 Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6 «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7 Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». 8 Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». 9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10 sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordine per te,
perché essi ti custodiscano
;
11 e anche:
essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra
».
12 Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». 13 Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato

tratto da:  Vangelo di LucaLuca 4,1-13

 

Maria Maddalena, un mistero nascosto

22 luglio Santa Maria Maddalena B.Luini

Giovane farfalla

Francesco Simeti wall paper

Rimembranze estive

Villa Foscolo. Abano Terme,Padova

Jacopo Ortis

“Le Ultime lettere di Jacopo Ortis è il grande romanzo del Foscolo, continuamente rimaneggiato e ritoccato (la prima idea del romanzo chiamato inizialmente “Laura, lettere” è stata radicalmente modificata) e per questo è stato nominato come un romanzo aperto. Il protagonista è una maschera dietro la quale si cela lo stesso autore, ma soprattutto le sue concezioni di bellezza e di amore.
Si tratta di un romanzo epistolare, una Raccolta di lettere scritte dal giovane Jacopo Ortis all’amico Lorenzo Alderani: la narrazione della vita di un personaggio che è l’alter ego del Foscolo. Esso riprende il romanzo di Goethe, “I dolori del giovane Werther”, a cui Foscolo ha saputo aggiungere originalità e valore di carattere storico e politico.
temi principali che troviamo sono quelli propri del Foscolo: l’amore, la politica, la morte. È una protesta contro la tirannide politica, del costume e della morale borghese, ma anche contro la tirannide della vita, dominata dalla morte e dal dolore, che solo l’amore e la passione sanno rendere meno grave.
L’intera opera verte sulle due aspetti principali:

 

  La passione politica, che entra in crisi dopo la delusione per il Trattato di Campoformio, con il quale crollano gli unici ideali (dopo il tramonto della fede religiosa) che davano giustificazione alla vita del Foscolo: quella libertà che viene subito negata da Napoleone spinge l’autore ad un’appassionata difesa della patria e dell’identità nazionale, un’eroica smania di azione per cambiare lo stato delle cose. La passione politica dunque col suo fallimento, mette in evidenza da un lato i rapporti negativi con il potere e dall’altro il desiderio di un’Italia che avrebbe potuto essere unificata proprio alla luce delle idee diffuse dalla Rivoluzione francese e dagli entusiasmi suscitati dalle imprese di Napoleone; il fallimento è controbilanciato dall’amor di patria, dall’elogio della virtù individuale e dalla meditazione sulla storia e sulla passata grandezza di Roma e dell’Italia.

La passione amorosa, in un aspetto più propriamente romantico, mette in risalto le Illusioni necessarie all’uomo per alleviare il dolore delle sofferenze della vita: l’amore, la poesia, la natura, l’ideale di bellezza e armonia travolgono l’uomo nella sua razionalità, nel suo bisogno meccanicistico del vivere. Ma ecco che, così come è consapevole dell’impossibilità di ogni alternativa politica, il Foscolo si rende conto che queste “illusioni” sono rese tali dalla morte e dall’impossibilità di fuggirle.

Il crollo degli ideali di patria e di amore, strettamente collegati fra loro (non a caso, quando il padre di Teresa va a casa di Jacopo gli rivela di avere anche lui le stesse idee, ma purtroppo non può permettersi di dare libero sfogo ai suoi sentimenti patriottici perché le responsabilità familiari li limitano), portano Jacopo a una disperazione sempre più profonda e radicale e infine al suicidio, in un pessimismo controbilanciato dalla speranza di un mondo in cui coloro che si amano possano riunirsi per sempre: non la morte come fine di tutto, ma come passaggio.

tratto da:http://maspo.altervista.org/ortis.htm

 

Ricordo del mare

La mattina mi raccolgo davanti all’infinita distesa del mare…

“…È stato però l’aver visto gli innumerevoli scheletri di Natzweiler, Dachau, Dora, Harzungen e Bergen Belsen a farmi riflettere sull’onnipotenza e bontà di Dio. È stato lì che mi sono detto – come poi ho trovato scritto in Hans Jonas, il filosofo ebreo che s’interroga sul concetto di Dio dopo Auschwitz – che il male, la bontà assoluta e la somma potenza non possono stare insieme, uno dei due deve cedere: o la somma potenza o la somma bontà. Un cattolico si salverebbe dicendo che Dio ha creato l’uomo libero, quindi responsabile del male che fa. D’accordo, dico io, ma se parto dal presupposto che Dio, come essere divino, vede il futuro e accetta il male che gli uomini faranno – la terra che tremerà e li farà morire a migliaia, le pesti che mieteranno vittime a migliaia, il cancro che ucciderà in tutte le forme in cui potrà manifestarsi – escludo che sia sommamente buono. Non può essere buono un Dio che non rinuncia a creare un mondo simile. E se non può rinunciarvi, non è somma autorità, non è Dio.
Quindi concludo, con Einstein: se Dio è una divinità che del mondo non si interessa o, meglio, che non ha creato il mondo perché non ne aveva la facoltà né ne sentiva il bisogno – come dice Lucrezio o come prima di lui pensavano Eraclito e Parmenide, e più tardi Spinoza – allora egli non ha né intelligenza né volontà. Per citare sant’Agostino: Sine intelligentia creatorem o lumen superrationale. Sono rimasto con Spinoza, con Deus sive natura, con Spinoza spiegato eccellentemente da Giuseppe Renzi, Spinoza onesto e coraggioso che mette gli umani di fronte alla verità, affermando cioè che sono soli e devono trovare la maniera di vivere in società. Sì, ho cominciato a occuparmi anche del nostro destino dopo essere ritornato vivo dai campi. Ho osato mettere in dubbio l’insegnamento ricevuto, che da giovane accettavo come verità indiscussa laddove era invece, scoprii, tutta da discutere. (…) La mia posizione è analoga a quella dell’amico Stéphane Hessel, caro amico purtroppo scomparso. Quando domandarono al grande scrittore Mario Rigoni Stern che cosa fosse per lui la religione, rispose: «Fermarsi in silenzio nel bosco». Era ciò che facevo quando camminavo tra gli alberi sul sentiero che sale verso l’altipiano carsico; ora sono più modesto, e la mattina mi raccolgo davanti all’infinita distesa del mare.”

tratto da:”Il Sole 24 ore” domenica 30 giugno 2013,”Così nel lager diventai ateo”,di Boris Pahor