Bling Ring
Uscito in Italia il 26 settembre, bello spaccato di gioventù americana. Sofia Coppola non mi delude anche se sono lontani i tempi di Lost in Traslation
La storia si ripete
Fin dal terzo decennio del sec. XIII i Frati minori furono coinvolti nello scontro tra Federico II e Gregorio IX; quest’ultimo, infatti, dall’autunno 1220 come cardinale protettore, quindi dal marzo 1227 come papa, non ebbe ostacoli nell’intervenire sull’Ordine di Francesco d’Assisi (v.).
La necessità di un consolidamento istituzionale dell’Ordine suggerì al pontefice la rapida canonizzazione di Francesco (19 luglio 1228); onde poter contare sull’appoggio dei Francescani anche in funzione antimperiale, era inoltre necessario conferire loro una struttura il più possibile centralizzata e unitaria. Così fin dal 1228 il papa poté servirsi dell’attiva collaborazione dei Minori, sia per diffondere nel Regno la falsa voce che il sovrano era morto durante la spedizione in Oriente, sia per recapitare al patriarca di Gerusalemme la lettera del 23 marzo 1228 con la conferma della scomunica di Federico II (29 settembre 1227), il quale era ugualmente partito e aveva addirittura cinto la corona di Gerusalemme. I due frati latori della missiva furono catturati e duramente puniti…. I primi anni (1232-1239) del generalato di Elia di Assisi (v.), nel 1238 stimato intermediario tra papa e imperatore, coincisero con una momentanea tregua nello scontro tra i due poteri, così che anche tra i Minori, come già si era verificato tra i Predicatori, emerse un orientamento favorevole all’imperatore. Lo stesso Federico II in una lettera scritta a Elia il 17 maggio 1236, all’indomani della solenne traslazione del corpo di Elisabetta d’Ungheria, canonizzata l’anno precedente, manifestò il suo apprezzamento per l’Ordine e si affidò alle sue preghiere. …Il quadro mutò di segno dopo la successiva scomunica di Federico II (20 marzo 1239): allora i Frati dovettero schierarsi più nettamente e rispondere alle richieste di Gregorio IX che, con la Sedes Apostolica del 7 aprile 1239, ordinava loro di non prestare alcun aiuto al sovrano e, invece, di annunciarlo scomunicato tutte le domeniche e i giorni festivi: a seguito di ciò Federico II decretò l’espulsione dal Regno di Predicatori e Minori originari di altre regioni; si giunse poi al loro totale allontanamento, lasciando solo due frati a custodia di ogni convento….In considerazione dei nuovi compiti si comprende la necessità per i Minori di ridefinire gli scopi dell’Ordine: più che sulla povertà e l’umiltà, si insistette sulla pastorale, in particolare la predicazione, e sulla necessità di sovvenire alle necessità della Chiesa, la cui crisi veniva attribuita alla condotta mondana dei prelati. Decisiva fu poi l’interpretazione della storia di Gioacchino da Fiore, i cui scritti furono consegnati nel 1241 ai Frati minori del convento di Pisa da un abate florense fermamente convinto “quod in Friderico tunc temporis omnia essent complenda misteria. Eo quod cum Ecclesia discordiam habebat non modicam” (Salimbene de Adam, 1966, p. 339). In questa direzione i Frati mendicanti, soprattutto i Francescani, cominciarono ad applicare al loro Ordine le profezie della fine, identificandosi sempre più con i religiosi previsti da Gioacchino per gli ultimi tempi e giustificando il loro ampio coinvolgimento politico-militare con la necessità di contrastare l’Anticristo-Federico. I vari commenti a libri della Scrittura, che cominciarono a circolare sotto il nome di Gioacchino, servirono anche come materiale per la predicazione dei frati e vennero così divulgati. Federico II, da parte sua, cercò di fare leva sul desiderio di ritorno alle origini presente in alcuni settori dell’Ordine, diramando scritti come la Illos felices describit antiquitas (fine 1245), dove si contrapponeva la povertà e la purezza della Chiesa primitiva all’eccessivo coinvolgimento nelle vicende mondane di quella attuale, nella quale pure i frati avevano perso i loro caratteri originali. Tali scritti ebbero una discreta eco tra i Minori ma non poterono mutare l’atteggiamento dei Mendicanti nei confronti del papato, giacché essi avevano sempre più bisogno della sua autorevole legittimazione nei confronti dell’episcopato.
tratto da:Frati minori,di Maria Pia Alberzoni in http://www.treccani.it/enciclopedia/frati-minori_(Federiciana)/
Frate Elia
Frate Elia fu compagno e testimone di San Francesco prima e di Santa Chiara in seguito e ministro generale dell’ordine dal 1232 al 1239, ricoprendo l’importante ruolo di promozione della realizzazione della basilica di San Francesco ad Assisi dopo la morte di Francesco. Frate laico e politico, si trovò a dover affrontare situazioni politiche di forte rilevanza tanto che il suo appoggio a Federico II gli valse la scomunica, resa pubblica ed effettiva nel 1240, e l’allontanamento dall’ordine. Solo negli ultimi tempi si riconcilierà col papato proprio a Cortona, città che l’accolse e da cui ricevette un appezzamento di terreno su cui costruire una domus: vi costruirà invece la chiesa dedicata a San Francesco in cui farà custodire alcune reliquie dell’amico santo, chiesa che oggi conserva anche le spoglie di Elia. Oltre alla basilica di Assisi si ipotizza come suo anche il progetto di Castel del Monte opera emblema di Federico II.
Stupor Mundi
Federico II Hohenstaufen (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250).
Conosciuto con gli appellativi stupor mundi (“meraviglia o stupore del mondo”)Federico II era dotato di una personalità poliedrica e affascinante che, fin dalla sua epoca, ha polarizzato l’attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari. Il suo regno fu principalmente caratterizzato da una forte attività legislativa e di innovazione artistica e culturale, volta a unificare le terre e i popoli, ma fortemente contrastata dalla Chiesa, di cui il sovrano mise in discussione il potere temporale. Federico stesso fu un apprezzabile letterato, convinto protettore di artisti e studiosi: la sua corte fu luogo di incontro fra le culture greca, latina, araba ed ebraica. Uomo straordinariamente colto ed energico, stabilì in Sicilia e nell’Italia meridionale una struttura politica molto somigliante a un moderno regno, governato centralmente e con una burocrazia efficiente.[2] Federico II parlava sei lingue (latino, siciliano, tedesco, francese, greco e arabo)[3] e giocò un ruolo importante nel promuovere le lettere attraverso la poesia della Scuola Siciliana. La sua corte reale siciliana a Palermo, dal 1220 circa sino alla sua morte, ha visto il primo utilizzo della forma letteraria di una lingua romanza, il siciliano. La poesia che veniva prodotta dalla scuola ha avuto una notevole influenza sulla letteratura e su quella che sarebbe diventata la moderna lingua italiana. La scuola e la sua poesia furono salutate con entusiasmo daDante e dai suoi contemporanei, e anticiparono di almeno un secolo l’uso dell’idioma toscano come lingua d’elite letteraria d’Italia. Federico nacque il 26 dicembre 1194 da Enrico VI (a sua volta figlio di Federico Barbarossa) e da Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II di Sicilia, dettoIl Normanno[7], a Jesi, nella Marca anconitana, mentre l’imperatrice stava raggiungendo a Palermo il marito, incoronato appena il giorno prima, giorno diNatale, re di Sicilia. Data l’età avanzata, nella popolazione vi era un diffuso scetticismo circa la gravidanza di Costanza, perciò fu allestito un baldacchino al centro della piazza di Jesi, dove l’imperatrice partorì pubblicamente, al fine di fugare ogni dubbio sulla nascita dell’erede al trono.
Tratto dai “Sermones” di San Antonio
A proposito delle opinioni di Fernando, e per capire come sia schierato a suo tempo a Coimbra, risulta illuminante un passo dei Sermoni. ” Oggi non ci sono fiere, non si adunano tribunali civili o ecclesiastici, che non si trovino presenti monaci e religiosi. Comprano e rivendono, edificano e distruggono, trasformano i quadrati in cerchi. Nelle cause provocano le parti, litigano dinanzi i giudici, esibiscono avvocati e legulei, portano testimoni pronti a giurare per cose transitorie, frivole o vane. Ditemi, o religiosi fatui, se nei profeti o nei vangeli di Cristo o nelle epistole di Paolo, se nella regola di san Benedetto o sant’ Agostino avete trovato queste liti o imbrogli e grida e proteste per delle cose transitorie.”
tratto da: “Guida ai luoghi e ai tesori del Santo”, Paolo Possamai, ed. De Luca, 1995
Antonio ai tempi di Ezzelino
Gli ultimi anni della sua vita furono per San Antonio i più importanti per la sua eredità spirituale. Nominato ministro provinciale per l’Italia settentrionale all’età di 32 anni, spesso in visita presso gli ormai numerosi conventi francescani dell’Italia settentrionale, a Milano, Venezia, Vicenza, Verona, Ferrara, ma anche Trento, Brescia, Cremona e Varese. Fra tutte queste città Antonio scelse però il convento di Padova come sua residenza fissa quando non era in viaggio. La città aveva circa quindicimila abitanti ed era un grande centro di commerci e industrie. Qui Antonio cercò di portare a termine senza riuscirci la sua più importante opera scritta “I Sermoni”, un’opera dottrinaria di profonda teologia, che lo farà proclamare Dottore della Chiesa. La predicazione però non gli lasciò il tempo di finire quest’opera. Una folla notevole lo seguiva nelle sue prediche tanto che si riempivano le chiese e le piazze, e tanto che a Padova Antonio era divenuto estremamente famoso e ricercato. Tra predicazioni instancabili e lunghe ore dedicate al confessionale spesso Antonio compiva lunghi digiuni. Durante la Quaresima dal 6 febbraio al 23 marzo 1231, la sua predicazione fu una novità per quei tempi; secondo l’Assidua gli venne assegnato un gruppo di guardie del corpo, che formassero un cordone di sicurezza tra lui e la folla. Il 15 marzo 1231 fu modificata la legge sui debiti: «su istanza del venerabile fratello il beato Antonio, confessore dell’ordine dei frati minori» il podestà di Padova Stefano Badoer stabilì che il debitore insolvente senza colpa, una volta ceduti in contropartita i propri beni, non venisse più imprigionato né esiliato. La Quaresima e la predicazione avevano fiaccato Antonio, che in diverse occasioni aveva dovuto farsi portare a braccia sul pulpito. Afflitto dall’idropisia e dall’asma forse sintomi di cardiopatia, trovava a volte difficile anche il solo camminare. Acconsentì a ritirarsi per una convalescenza nel convento di Santa Maria Mater Domini. Questo suo breve riposo, tuttavia, si interruppe bruscamente. Spadroneggiava in quel tempo, tra Verona e Vicenza, Ezzelino III da Romano, emissario dell’imperatore Federico II contro i liberi Comuni. Riuscito a farsi eleggere Podestà di Verona, città guidata dai conti di Sambonifacio, aveva intrecciato con loro un doppio matrimonio: lui con Zilia, sorella del conte Rizzardo, e questi con sua sorella Cunizza. Una volta ottenuto il potere, passò sopra i legami di parentela e ruppe l’alleanza con i Sambonifacio, mandando in carcere il cognato. Alcuni cavalieri del conte Rizzardo ripararono a Padova e da lì cercarono di organizzarne la liberazione. Verso la fine di maggio Antonio partì alla volta di Verona, per chiedere ad Ezzelino di concedere la grazia al conte Rizzardo; ma non riuscì ad ottenere nulla. Ezzelino fu veramente irremovibile, ed anzi risparmiò ad Antonio la stessa sorte del conte Rizzardo soltanto per rispetto dell’abito che portava. Coraggioso, quanto sfortunato fu l’incontro con il feroce tiranno, dal quale era andato a perorare la liberazione dei prigionieri tenuti barbaramente segregati nelle celle del suo palazzo. Antonio uscì da questo incontro molto provato, ma anche Ezzelino fu colpito dall’immensa forza della fede del Santo.
Vera essenza…
Tratto da: “La saggezza del cuore” di Katherine Tingley, Bresci edotore Torino, titolo originale “The Wisdom of the heart” 1978