Dello stesso autore

Una magica fetta di torta

vedi su www.diariodimoda.it “Panettone in anteprima”

Il mondo è la manifestazione dello Spirito Unico..

“Il mondo è la manifestazione dello Spirito Unico, l’affermazione dell’Unità nella Molteplicità. La sostanza divina permea tutti gli esseri viventi e non viventi. Dio è in ciascuno di noi. Abbiamo già parlato di questo quando paragonavamo l’anima dell’uomo a una goccia nell’oceano.”

tratto da. “Avanti nel passato” Vadim Zeland, Macro Edizioni 2010

Palingenesi

[dal lat. tardo palingenesĭa, gr. παλιγγενεσία, comp. di πάλιν «di nuovo» e γένεσις «generazione», rifatti secondo genesi]. –

1. Nel pensiero antico, termine con cui sono state indicate varie concezioni filosofiche e religiose riferentisi al rinnovamento o trasformazione dell’individuo o del cosmo: così l’orfismo, il pitagorismo e certe forme di platonismo hanno inteso la palingenesi come un processo di progressiva purificazione e liberazione dell’anima attraverso successive incarnazioni; il tema (connesso alla concezione dell’«eterno ritorno») è legato altresì al periodico rinnovamento del cosmo e della storia umana attraverso periodici sovvertimenti universali (per opera del fuoco, da cui il cosmo nasce e in cui si risolve; o per l’alternarsi di diluvî e incendî cosmici). Nel Nuovo Testamento il termine (gr. παλιγγενεσία, lat. regeneratio) indica la rigenerazione dell’anima o il rinnovamento del cosmo alla fine dei tempi (nella visione cristiana della storia è escluso un eterno ritorno).

tratto da:http://www.treccani.it/vocabolario/palingenesi/

Atanor

“ATANOR. – Termine alchemico ed ermetico, designante un fornello a riverbero e a fuoco continuo, nel mezzo del quale, in un recipiente a forma di uovo, andava messa, ed ermeticamente chiusa, la materia da cui si doveva trarre la Pietra dei Filosofi. L’espressione è usata per la prima volta da Raimondo Lullo (1234-1315) e precisamente nell’Elucidatio Testamenti RLulli, c. III, ove, con derivazione dal gr. ἀϑάνατος, è interpretata come un’allusione alla conquista iniziatica dell’immortalità. In realtà il termine deriva dall’ebraico tannū“fornace”, preceduto dall’articolo ha-. Nel simbolismo spirituale degli ermetisti, la materia che va rinchiusa nell’uovo dell’atanor – quasi nuovo embrione in rapporto alla rinascita – esprime la stessa natura umana prima dell’operazione sacra che condurrà alla palingenesi; la chiusura ermetica (espressione che poi è passata nel linguaggio comune e chimico) è l’assoluto isolamento dal mondo sensibile, a ciò necessaria; il fuoco che investe da tutte le parti il crogiuolo, è il potere mentale che, dal punto di vista della tecnica occultistica, va esaltato e diretto in modo che la coscienza e i poteri più sottili dell’essere si sciolgano dalla cognizione del corpo animale. V. anche smaragdina, tavola e pietra filosofale”

Giulio Evola

tratto da:http://www.treccani.it/enciclopedia/atanor_(Enciclopedia_Italiana)/

11 novembre San Martino, la Festa delle lanterne

Il ricordo più bello degli anni di scuola di mia figlia, quando vivevamo a Milano, era l’incanto del susseguirsi delle stagioni, festeggiate, vissute con i bambini. Come se fosse sempre Natale, i genitori e gli insegnanti creavano per il bambino un’atmosfera rarefatta, quasi di sogno. Ricordo.

” La Festa delle Lanterne inizia circa alle quattro del pomeriggio. Ci raccogliamo dentro una stanza per uno spettacolo di marionette, la bambina con la lanterna che porta la sua luce agli animali nella foresta e agli esseri umani (anche “la pioggia di stelle” dei fratelli Grimm è una fiaba che si presta per questa occasione). Ad una ad una, vengono accese le lanterne, poste in cerchio al centro della stanza, formando un insieme molto suggestivo.
Nella stanza non vi sono altre luci.
Poi i genitori camminano insieme con i loro bambini, in una lunga processione di lanterne, guidati dal lampionaio avvolto in un grosso mantello di lana, che porta una vecchia lanterna da stalla.
Tutti si uniscono ai canti, mentre camminiamo: i canti si intitolano, per esempio, La lanterna, oppure San Martino cavaliere.
Scegliamo una strada senza traffico, un sentiero tra i campi o attraverso il bosco.
Al ritorno all’asilo, ci raccogliamo intorno ad un albero nel cortile, e il lampionaio va da un partecipante all’altro, stringendo la mano a tutti. Può chiedere ai bambini di reggere il suo bastone e la sua lanterna, cosa che molti di essi non vedono l’ora di fare.
Quindi distribuisce i dolci di san Martino (biscotti a forma di sole, luna e stelle), uno per ogni bambino.
Alla fine cantiamo di nuovo La lanterna, mentre i genitori formano con le braccia un ponte che riempie tutto il cortile.
Poi, i bambini passano sotto il ponte con le loro lanterne, si dirigono fuori dalla porta e ritornano a casa.”

tratto da:http://www.rudolfsteiner.it/articolo/132/la-festa-di-san-martino

Monna Lisa…l’Andogino

da “Il dolore pazzo dell’amore” Pietrangelo Buttafuoco

Incipit de “Il dolore pazzo dell’amore”, Pietrangelo Buttafuoco, ed. Bompiani

L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute, Canaletto

L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute e’ stata realizzata tra il 1740 e il 1745. Canaletto vi rappresento’ una splendida veduta di Venezia: la Basilica della Salute, i Magazzini del Sale, Punta della Dogana, il Gran Canal, Palazzo Ducale e Riva degli Schiavoni. Sullo sfondo una citta’ brulicante di vita, incontri, attivita’ commerciali. Per ottenere la massima aderenza e coerenza con il paesaggio da rappresentare il pittore veneziano era solito avvalersi della camera ottica, utilizzata anche per la creazione di questo meraviglioso dipinto che raffigura uno scorcio del Canal Grande con le immancabili gondole e una veduta della Basilica della Salute ed è stato realizzato come ex voto della città per la salute ritrovata dopo l’ennesima pestilenza. La prospettiva è quella che si ha da una finestra del loggiato dell’Abbazia di San Gregorio, il luogo in cui venne realizzato il quadro e lo stesso nel quale verrà nuovamente esposto.L’opera si allontano’ da Venezia quando fu acquistata da Lady Lucas and Dingwall. Successivamente passo’ a Henry Grey, Duca di Kent. Nell’aprile del 1970 e’ stata comprata dall’attuale proprieta’ privata presso Sotheby’s a Londra. Prima di tornare temporaneamente a Venezia, l’olio del Canaletto e’ stato esposto, tra l’altro, a Madrid (Museo Thyssen-Bornemisza), Roma (Vittoriano), Milano (Palazzo Reale) e Parigi (Museo Maillol).
L’opera del Canaletto  di proprietà della collezione Terruzzi, torna a Venezia per meno di 50 giorni, 270 anni dopo essere stato realizzato in un’esposizione aperta 24 ore su 24 dal 10 novembre al 27 dicembre, nel luogo esatto in cui Giovanni Antonio Canal detto Canaletto lo creò, ovvero dalla finestra del loggiato dell’Abbazia di San Gregorio, di proprietà della famiglia Buziol.

tratto da:https://ilnotiziabile.wordpress.com/tag/lentrata-nel-canal-grande-dalla-basilica-della-salute/

per informazioni:http://www.coopculture.it/events.cfm?id=167

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A Dante, (1903)…110 anni dopo

Oceano senza rive infinito d’intorno e oscuro
ma lampeggiante, e con un silenzio sotto i terribili tuoni
immoto ma vivente come il silenzio delle labbra
che parleranno:
tenebrore dei Tempi, profondità dell’affanno
umano, assidua mutazione delle cose, ritorno
perpetuo delle sorti:
oceano senza rive tra due poli, tra il Bene e il Male,
con le sue bave disperse dalla procella eternale,
co’ suoi abissi ingombri dalle spoglie dei popoli morti,
era il Destino;

e tu come una rupe, come un’isola montuosa,
come una solitudine di pensiero e di potenza,
come una taciturna mole di dolor meditabondo
che ode e vede,
sorgevi uno dal gorgo; e nell’ululo delle prede,
nel sibilo dei nembi, nel rombo delle correnti,
il tuo orecchio udiva
quel silenzio e la sola Parola che doveva esser detta;
e di sotto alla fronte percossa dalle schiume e dai vènti
il tuo occhio insonne vedeva infiammarsi il mondo
all’alta tua vendetta.

Allora, nei baleni e nell’ombre, lo spirito dell’uomo
stette davanti a te, ignudo, senza la sua carne,
senza le sue ossa, disvelato davanti alla scienza
del tuo dolore;
e nel cavo delle tue mani, che sapean l’arme e il fiore,
più mansuefatti degli augelli che la neve caccia
verso gli asili umani,
discesero i messaggi delle divine speranze,
i poteri sconosciuti delle verità divine;
e ti diede i suoi tuoni e i suoi raggi il tuo Dio, cui tu alzasti il canto
che non ha fine.

O nutrito in disparte su le cime del sacro monte,
abbeverato solo nell’albe al segreto fonte
delle cose immortali, Eroe primo di nostro sangue
rinnovellante;
oceanica mente ove dieci secoli atroci,
carichi d’oro d’ombra di strage di fede e di paura
metton lor foci
silenziosamente; anima vetusta e nuova,
instrutta e ignara, memore e indovina, ove si serra
tutto il pensier dei Saggi e palpitano il Fuoco l’Aria
l’Acqua e la Terra;

o Risvegliatore, o Purificatore, o Intercessore
per la vita e per la morte, o tu che cresci il vigore
della stirpe come il pane nato dal nostro sudore,
noi t’invochiamo;
o tu che col tuo canto disveli agli uomini i cammini
invisibili e discopri i vólti nascosti dei destini,
noi ti preghiamo;
o tu che risusciti l’antica virtù delle contrade
e tempri il medesimo ferro per la bontà delle spade
e per la gioia delle falci nelle profonde biade,
noi ti attendiamo;

perocché tu sii pur sempre atteso in prodigi, come il Figlio
del tuo Dio, dai cuori che nei battiti del tuo canto
appresero a sperare oltre il volo delle fortune,
o profeta in esiglio,
e pur sempre su le nuove tombe e su le nuove cune,
là dove un’opra si chiuse e là dove s’apre un germe,
suoni il tuo nome santo,
e il tuo nome pei forti sia come lo squillo degli oricalchi,
e solo il nomar del tuo nome, come il turbine agita i lembi
d’un gran vessillo, scuota nei suoi mari e nei suoi valchi
l’Italia inerme.

Dove sono i pontefici e gli imperatori? Splendenti
erano nella specie dell’oro, e stampavano con piedi
obliqui le vestigia sanguigne, vestiti dell’antica
frode, e i lor vestimenti
odoravano. Rotti come i sermenti addi, perduti
come i fuscelli nella tempesta, diffusi come crassa
cenere ai vènti.
E pallido il postremo alza le mani verso le porte
dei cieli e attende un segno, e chiama, e nulla appare fuor che la morte.
Ma il cuore della nazione è come la forza delle sorgenti
meraviglioso;

e tu rimani alzato nel conspetto della nazione
con la tua parola eterna nella tua bocca respirante,
col tuo potere eterno nel tuo pugno vivo; e la tua stagione
sta su la nostra terra
senza mutarsi; e la tua virtù è dentro le radici
di nostra vita come il sale è nel mare, come la fecondità
è nella nostra terra;
e nulla di te perisce nei tempi ma la tua passione,
ma il tuo furore, ma il tuo orgoglio e la tua fede e la tua pietà
e la tua estasi e tutta la tua grandezza dura nei tempi come
dura la nostra terra.

Tu la vedesti col tuo profetico onniveggente occhio infiammato
l’Italia bella, come una figura emersa dall’interno
abisso del tuo dolore, creata dalla tua stessa fiamma,
con i suoi monti,
con i suoi piani, con i suoi fiumi, con i suoi laghi,
con i suoi golfi, con le sue città ruggenti d’ire,
l’Italia bella;
e la tua rampogna la rifece sacra, la tua preghiera
fece risplendere di purità le sue membra schiave;
sì che sempre gli uomini vedran su lei bella il duplice splendore
del cielo e del tuo verbo.

Sol nel tuo verbo è per noi la luce, o Rivelatore,
sol nel tuo canto è per noi la forza, o Liberatore
sol nella tua melodia è la molt’anni lagrimata
pace, o Consolatore,
quando la cruda pena il veemente sdegno il duro spregio
si fanno eguali alle più dolci cose della foresta
primaverile
e la mano che torturò la carne immonda, che trattò la ghiaccia
e il fuoco, la pece e il piombo, gli sterpi e i serpi, il fango e il sangue,
tocca segrete corde e nel silenzio fa il divin concento
ch’ella può sola.

Cammineremo noi ne’ tuoi cammini? O imperiale
duce, o signore dei culmini, o insonne fabbro d’ale,
per la notte che si profonda e per l’alba che ancor non sale
noi t’invochiamo!
Pel rancore dei forti che patiscono la vergogna,
pel tremito delle vergini forze che opprime la menzogna,
noi ti preghiamo!
Per la quercia e per il lauro e per il ferro lampeggiante,
per la vittoria e per la gloria e per la gioia e per le tue sante
speranze, o tu che odi e vedi e sai, custode alto dei fati, o Dante,
noi ti attendiamo!

tratto da :Elettra, di Gabriele D’Annunzio, composto tra il 1899 e il 1902 e pubblicato nel 1903

Canaletto,Padova Prato della Valle

Seme di “civiltà”

Seme di magnolia da tanto piccolo…tanto grande

Quello che mi piace del mio blog è la silenziosa meditazione quotidiana dei brani o dei piccoli incontri fotografici che ogni giorno sperimento.

 

Eye

Entrata

Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro:«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.”
tratto da :Luca 13

Passato presente

 Il Tempo non è affatto ciò che sembra.
Non scorre in una sola direzione, e il futuro esiste contemporaneamente
al passato
.
Albert Einstein 

….quella rara occasione che si è soliti chiamare felicità

“Se una persona non si ama, non è soddisfatta di se stessa, svolge un’attività che non le piace, la sua ragione è confusa e in discordia con l’anima, essa non può possedere una bellezza affascinante.Qualsivoglia conflitto dell’anima e della ragione si riflette sull’aspetto e sul carattere di una persona. Se invece una persona è soddisfatta di sé, si ama, si gode la vita, fa le cose che le piacciono irradia una luce interiore. Ciò significa che la ragione si è sintonizzata sulla “freile” dell’anima. L’unità di anima e ragione identifica l’energia mentale di una persona con la natura dell’intenzione esterna. Anche la contentezza di sé, ovvero l’armonia dei rapporti dell’anima e della ragione, genera qualcosa di simile. Il benessere dell’anima accende una luce interiore che fa ricordare all’anima la sua autentica natura e per questo motivo la bellezza dell’armonia  viene percepita dalle persone come fascino o bellezza dell’animo. Una siffatta bellezza suscita persino un’invidia nascosta” E com’è che sei così tutta luminosa?”. L’anima si sente a suo agio quando la ragione non la soffoca dentro il suo guscio ma al contrario la vezzeggia, come una rosa nella serra, l’ammira, la cura premurosamente e permette ad ogni suo petalo di aprirsi liberamente. E’ quella rara occasione che si è soliti chiamare felicità. La “freile” si manifesta in forma di hobby, di passione, di tutto quello che si fa volentieri e con amore. Spesso le corde della “freile” serbano per molto tempo il silenzio. A volte succede che qualche segno costringa la corda vibrare. Può trattarsi di una osservazione gettata lì per caso, che per qualche motivo colpisce nel profondo, o qualcosa di visto che attrae l’anima con un particolare magnetismo. quest’attrazione, vagamente percettibile, presto si ripresenta di nuovo. E’un lavoro dell’intenzione esterna dell’anima. Ma siccome si tratta di un’attrazione  dell’anima vaga, anche l’intenzione esterna funziona in modo non finalizzato. In questo caso bisogna prestare ascolto agli imperativi dell’anima per afferrarli con la ragione. Allora sì che si potrà cogliere l’intenzione esterna  e ottenere velocemente quello che si desidera. Ma cosa impedisce alla ragione di accordarsi con l’anima? Sempre le stesse cose: l’importanza e i nostri vecchi conoscenti , i pendoli. Essi impongono alle persone scopi e valori falsi. …sono i pendoli a fissare gli standard della bellezza, del successo e del benessere. L’importanza interna ed esterna costringe le persone a confrontarsi con questi standard e, naturalmente, la ragione trova un sacco di difetti e comincia ad odiare fortemente se stessa quindi anche la sua anima…..La ragione aspira a cercare tesori ovunque, tranne nello spazio della propria anima. I pendoli imboniscono con toni altisonanti e seducenti, mentre l’anima cerca in modo sommesso di comunicare le sue inclinazioni e le sue capacità. La ragione non ascolta l’anima e cerca di cambiare la “freile”. ….Come si fa a sintonizzare la  ragione  sulla “freile” dell’anima? L’unico modo per farlo è convincere la propria ragione del fatto che la sua anima è innanzi tutto degna di amore. Prima bisogna amare se stessi e solo dopo prestare attenzione alle doti degli altri. …Amare se stessi significa cogliere la propria unicità e accettarsi così come si è, con i difetti che si hanno…..Non serve cercare la coppa del Sacro Graal nella giungla. Il Sacro Graal si trova dentro di voi: è la “freile” della vostra anima.”

tratto da. “Il fruscio delle stelle del mattino”, Vadim Zeland, Macro edizioni, maggio 2010

 

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