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Assertività

Il termine assertività deriva dal latino “asserere” che significa affermare. In psicologia il vocabolo è stato ripreso dall’inglese “assertivness” e tradotto in vari modi: efficacia personale, efficienza… in particolare assume il significato di una qualità di chi è in grado di far valere le proprie opinioni ed i propri diritti, pur rispettando quelli altrui. Assertività diventa un comportamento sociale che consente di raggiungere gli obiettivi prefissati senza creare situazioni di conflittualità. Tale modalità è caratterizzata da un atteggiamento positivo verso sé stessi e verso gli altri e consente, per la sua proprietà di inibire l’ansia, e di ottenere così un migliore adattamento nelle situazioni sociali. Da qui deriva una migliore capacità di comunicare in modo efficace e di essere coerenti ed equilibrati. Diventa uno stile di gestione dei rapporti sociali. Generalmente le persone con cui ci confrontiamo, noi inclusi, adottano uno stile relazionale che si pone lungo un continuum che va da un atteggiamento passivo a quello aggressivo. Visivamente l’assertività sta nel mezzo tra questi due stili.

Le persone passive generalmente non riescono ad esprimere le proprie opinioni ed i propri stati d’animo, ma tendono a seguire le decisioni prese dagli altri, per tale ragione il più delle volte si sentono depresse o frustrate perché non riescono a raggiungere i propri obiettivi e di conseguenza elaborano un’idea di sé come poco efficaci o non in grado di comunicare agli altri ciò che realmente vorrebbero. Le persone passive il più delle volte si esprimono con voce tremolante e con un volume piuttosto basso, con un eloquio pieno di pause, fuggendo al contatto oculare ed attuando delle posture che indicano disagio all’interlocutore. Lo stile passivo viene descritto da Aaron Beck come di una persona che minimizza i propri bisogni, usa poche volte il pronome “io” quando parla, fornisce frequenti giustificazioni o scuse, fino ad arrivare a frequenti frasi di autocommiserazione.

La persona aggressiva, a differenza di quella passiva, prende decisioni, sceglie; spesso però impone le proprie decisioni a chi le sta accanto. Per la smania di far valere i suoi diritti, calpesta quelli degli altri, senza cercare di mediare tra gli obiettivi personali e le esigenze delle persone che la circondano. L’aggressivo generalmente ha una scarsa considerazione degli altri, spesso è belligerante e sulla difensiva, risultando molte volte imprevedibilmente ostile ed irato. L’aggressivo parla con una voce molto ferma, con un tono freddo; non ha esitazioni ed il suo eloquio è ricco di parole colpevolizzanti. Si avvicina troppo al suo interlocutore invadendone lo spazio. Lo stile aggressivo secondo Beck è caratterizzato da un uso eccessivo del pronome “io”, da opinioni che vengono riportate come fatti certi, da un’elargizione continua di consigli e nello stesso tempo dall’uso del senso di colpa per manipolare le atre persone.

Molti si saranno riconosciuti nell’uno o nell’altro. Ognuno di noi è nel mezzo tra questi due estremi, ed ognuno di noi in alcune situazioni si comporta con caratteristiche ora passive ora aggressive. Alcuni invece, ne conoscerete, sono proprio persone passive o aggressive nella maggior parte delle situazioni sociali, ottenendo così il più delle volte difficoltà sociali. Il passivo si chiude in sè stesso, l’aggressivo invece non si mette in discussione, non ha dubbi, ma si circonderà solo di persone che sopportano o hanno bisogno del suo stile relazionale.

Lo stile assertivo il più delle volte non è spontaneo ma è frutto di apprendimento e di maturazione e richiede esercizio e fatica. La struttura dell’assertivo si basa su di una buona immagine di sé e un’appropriata fiducia in sé stessi, sul far valere i propri diritti e rispettare quelli altrui, esprimendosi in modo chiaro e decidendo autonomamente. La struttura dell’assertività è un insieme complesso di abilità, generalmente se ne evidenziano cinque come fondamentali: l’autonomia emotiva, ovvero l’abilita di riconoscere le proprie emozioni, la libertà espressiva, cioè la padronanza delle proprie reazioni, il rispetto di sé e degli altri, la stima di sé e degli altri e l’auto affermazione, ossia la consapevolezza di poter decidere della propria vita. L’assertivo è quindi in grado di distinguere opinioni e fatti, di non colpevolizzare ma di costruire, di fare domande volte a capire i sentimenti e i pensieri dell’altro. Sembrano cose scontate, ovvie, in realtà è uno stile che si acquisisce con grande fatica e con molto esercizio, ma risulta essere estremamente efficace per ridurre ansia e problemi sociali, perché permette una comunicazione efficace, chiara e sincera. Uno stile di comportamento assertivo facilmente costringerà le altre persone a rispettarvi ed a comportarsi coerentemente al vostro stile, rinforzando così la vostra autoconsapevolezza, autostima e la vostra capacità di rispettarvi e comprendervi.

Lo stile assertivo si basa sul diritto di essere trattati con rispetto, di essere sé stessi e di essere liberi di credere nei propri valori. Ciascuno di noi ha uno spazio personale che gli altri debbono rispettare, ma quando ne usciamo per muoverci in pubblico, allora dobbiamo rispettare i diritti degli altri.
Un altro importante elemento dello stile assertivo è il senso della responsabilità delle proprie azioni, da intendersi come affermazione e difesa dei nostri diritti accettando le conseguenze delle nostre azioni.
Il comportamento assertivo si riconosce da alcune espressioni corporali particolarmente aperte, cordiali e coerenti nei vari livelli della comunicazione. Presupposto fondamentale dell’assertività è il saper ascoltare ovvero prestare attenzione non solo al contenuto razionale ma anche a quello emotivo della comunicazione, riassumere e dare feed-back e chiedere chiarimenti.
La riduzione dell’ansia e l’emergere delle convinzioni positive conseguenti al comportamento assertivo permettono lo sviluppo e la crescita della fiducia in sé stessi.
E’ bene usare parole che esprimono fiducia in sé stessi e negli altri. A questo scopo è opportuno descrivere il comportamento altrui in maniera non censoria, vale a dire senza imporsi ed evitando giudizi ed ordini categorici. È importante anche evitare di ferire la sensibilità altrui con espressione o giudizio offensivo.
La componente cognitiva comprende tutti i pensieri che condizionano il nostro comportamento. Esistono persone talmente esigenti nei propri confronti da negarsi una possibilità di essere assertivi o che rinunciano a farsi valere per mancanza di fiducia in se stessi sconfinando in atteggiamenti rinunciatari. Sarebbe invece utile l’atteggiamento opposto: credere nella propria capacità di affermarsi e di immaginarsi nell’atto di riuscire.
La componente emotiva comprende il livello di emotività e il tono e il volume della voce. È importante trasmettere il proprio messaggio al livello emotivo più adatto alla situazione, perché il tono di voce ha un ruolo decisivo nell’opera di persuasione.
La componente non verbale è estremamente importante. Gran parte della comunicazione avviene infatti non verbalmente, e la comunicazione non verbale ha un forte impatto sull’interlocutore. Un’analisi dei vari comportamenti non verbali può essere basata sul contatto visivo, sulle espressioni del volto, sul silenzio, sul tono, volume e inflessione della voce, sui gesti e sul linguaggio del corpo.

tratto da:http://www.ansiasociale.it/articoli-psicologia/assertivita-per-vincere-ansia e da:http://www.comunicobene.com/contenuto/assertivita.html

“Blue bird” smalto e olio su tela, Daniela Zocca 2013

www.danielazocca.com phone 3497885778

Yellow 500

Una magica fetta di torta

vedi su www.diariodimoda.it “Panettone in anteprima”

Il mondo è la manifestazione dello Spirito Unico..

“Il mondo è la manifestazione dello Spirito Unico, l’affermazione dell’Unità nella Molteplicità. La sostanza divina permea tutti gli esseri viventi e non viventi. Dio è in ciascuno di noi. Abbiamo già parlato di questo quando paragonavamo l’anima dell’uomo a una goccia nell’oceano.”

tratto da. “Avanti nel passato” Vadim Zeland, Macro Edizioni 2010

Palingenesi

[dal lat. tardo palingenesĭa, gr. παλιγγενεσία, comp. di πάλιν «di nuovo» e γένεσις «generazione», rifatti secondo genesi]. –

1. Nel pensiero antico, termine con cui sono state indicate varie concezioni filosofiche e religiose riferentisi al rinnovamento o trasformazione dell’individuo o del cosmo: così l’orfismo, il pitagorismo e certe forme di platonismo hanno inteso la palingenesi come un processo di progressiva purificazione e liberazione dell’anima attraverso successive incarnazioni; il tema (connesso alla concezione dell’«eterno ritorno») è legato altresì al periodico rinnovamento del cosmo e della storia umana attraverso periodici sovvertimenti universali (per opera del fuoco, da cui il cosmo nasce e in cui si risolve; o per l’alternarsi di diluvî e incendî cosmici). Nel Nuovo Testamento il termine (gr. παλιγγενεσία, lat. regeneratio) indica la rigenerazione dell’anima o il rinnovamento del cosmo alla fine dei tempi (nella visione cristiana della storia è escluso un eterno ritorno).

tratto da:http://www.treccani.it/vocabolario/palingenesi/

Atanor

“ATANOR. – Termine alchemico ed ermetico, designante un fornello a riverbero e a fuoco continuo, nel mezzo del quale, in un recipiente a forma di uovo, andava messa, ed ermeticamente chiusa, la materia da cui si doveva trarre la Pietra dei Filosofi. L’espressione è usata per la prima volta da Raimondo Lullo (1234-1315) e precisamente nell’Elucidatio Testamenti RLulli, c. III, ove, con derivazione dal gr. ἀϑάνατος, è interpretata come un’allusione alla conquista iniziatica dell’immortalità. In realtà il termine deriva dall’ebraico tannū“fornace”, preceduto dall’articolo ha-. Nel simbolismo spirituale degli ermetisti, la materia che va rinchiusa nell’uovo dell’atanor – quasi nuovo embrione in rapporto alla rinascita – esprime la stessa natura umana prima dell’operazione sacra che condurrà alla palingenesi; la chiusura ermetica (espressione che poi è passata nel linguaggio comune e chimico) è l’assoluto isolamento dal mondo sensibile, a ciò necessaria; il fuoco che investe da tutte le parti il crogiuolo, è il potere mentale che, dal punto di vista della tecnica occultistica, va esaltato e diretto in modo che la coscienza e i poteri più sottili dell’essere si sciolgano dalla cognizione del corpo animale. V. anche smaragdina, tavola e pietra filosofale”

Giulio Evola

tratto da:http://www.treccani.it/enciclopedia/atanor_(Enciclopedia_Italiana)/

11 novembre San Martino, la Festa delle lanterne

Il ricordo più bello degli anni di scuola di mia figlia, quando vivevamo a Milano, era l’incanto del susseguirsi delle stagioni, festeggiate, vissute con i bambini. Come se fosse sempre Natale, i genitori e gli insegnanti creavano per il bambino un’atmosfera rarefatta, quasi di sogno. Ricordo.

” La Festa delle Lanterne inizia circa alle quattro del pomeriggio. Ci raccogliamo dentro una stanza per uno spettacolo di marionette, la bambina con la lanterna che porta la sua luce agli animali nella foresta e agli esseri umani (anche “la pioggia di stelle” dei fratelli Grimm è una fiaba che si presta per questa occasione). Ad una ad una, vengono accese le lanterne, poste in cerchio al centro della stanza, formando un insieme molto suggestivo.
Nella stanza non vi sono altre luci.
Poi i genitori camminano insieme con i loro bambini, in una lunga processione di lanterne, guidati dal lampionaio avvolto in un grosso mantello di lana, che porta una vecchia lanterna da stalla.
Tutti si uniscono ai canti, mentre camminiamo: i canti si intitolano, per esempio, La lanterna, oppure San Martino cavaliere.
Scegliamo una strada senza traffico, un sentiero tra i campi o attraverso il bosco.
Al ritorno all’asilo, ci raccogliamo intorno ad un albero nel cortile, e il lampionaio va da un partecipante all’altro, stringendo la mano a tutti. Può chiedere ai bambini di reggere il suo bastone e la sua lanterna, cosa che molti di essi non vedono l’ora di fare.
Quindi distribuisce i dolci di san Martino (biscotti a forma di sole, luna e stelle), uno per ogni bambino.
Alla fine cantiamo di nuovo La lanterna, mentre i genitori formano con le braccia un ponte che riempie tutto il cortile.
Poi, i bambini passano sotto il ponte con le loro lanterne, si dirigono fuori dalla porta e ritornano a casa.”

tratto da:http://www.rudolfsteiner.it/articolo/132/la-festa-di-san-martino

Monna Lisa…l’Andogino

da “Il dolore pazzo dell’amore” Pietrangelo Buttafuoco

Incipit de “Il dolore pazzo dell’amore”, Pietrangelo Buttafuoco, ed. Bompiani

L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute, Canaletto

L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute e’ stata realizzata tra il 1740 e il 1745. Canaletto vi rappresento’ una splendida veduta di Venezia: la Basilica della Salute, i Magazzini del Sale, Punta della Dogana, il Gran Canal, Palazzo Ducale e Riva degli Schiavoni. Sullo sfondo una citta’ brulicante di vita, incontri, attivita’ commerciali. Per ottenere la massima aderenza e coerenza con il paesaggio da rappresentare il pittore veneziano era solito avvalersi della camera ottica, utilizzata anche per la creazione di questo meraviglioso dipinto che raffigura uno scorcio del Canal Grande con le immancabili gondole e una veduta della Basilica della Salute ed è stato realizzato come ex voto della città per la salute ritrovata dopo l’ennesima pestilenza. La prospettiva è quella che si ha da una finestra del loggiato dell’Abbazia di San Gregorio, il luogo in cui venne realizzato il quadro e lo stesso nel quale verrà nuovamente esposto.L’opera si allontano’ da Venezia quando fu acquistata da Lady Lucas and Dingwall. Successivamente passo’ a Henry Grey, Duca di Kent. Nell’aprile del 1970 e’ stata comprata dall’attuale proprieta’ privata presso Sotheby’s a Londra. Prima di tornare temporaneamente a Venezia, l’olio del Canaletto e’ stato esposto, tra l’altro, a Madrid (Museo Thyssen-Bornemisza), Roma (Vittoriano), Milano (Palazzo Reale) e Parigi (Museo Maillol).
L’opera del Canaletto  di proprietà della collezione Terruzzi, torna a Venezia per meno di 50 giorni, 270 anni dopo essere stato realizzato in un’esposizione aperta 24 ore su 24 dal 10 novembre al 27 dicembre, nel luogo esatto in cui Giovanni Antonio Canal detto Canaletto lo creò, ovvero dalla finestra del loggiato dell’Abbazia di San Gregorio, di proprietà della famiglia Buziol.

tratto da:https://ilnotiziabile.wordpress.com/tag/lentrata-nel-canal-grande-dalla-basilica-della-salute/

per informazioni:http://www.coopculture.it/events.cfm?id=167

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A Dante, (1903)…110 anni dopo

Oceano senza rive infinito d’intorno e oscuro
ma lampeggiante, e con un silenzio sotto i terribili tuoni
immoto ma vivente come il silenzio delle labbra
che parleranno:
tenebrore dei Tempi, profondità dell’affanno
umano, assidua mutazione delle cose, ritorno
perpetuo delle sorti:
oceano senza rive tra due poli, tra il Bene e il Male,
con le sue bave disperse dalla procella eternale,
co’ suoi abissi ingombri dalle spoglie dei popoli morti,
era il Destino;

e tu come una rupe, come un’isola montuosa,
come una solitudine di pensiero e di potenza,
come una taciturna mole di dolor meditabondo
che ode e vede,
sorgevi uno dal gorgo; e nell’ululo delle prede,
nel sibilo dei nembi, nel rombo delle correnti,
il tuo orecchio udiva
quel silenzio e la sola Parola che doveva esser detta;
e di sotto alla fronte percossa dalle schiume e dai vènti
il tuo occhio insonne vedeva infiammarsi il mondo
all’alta tua vendetta.

Allora, nei baleni e nell’ombre, lo spirito dell’uomo
stette davanti a te, ignudo, senza la sua carne,
senza le sue ossa, disvelato davanti alla scienza
del tuo dolore;
e nel cavo delle tue mani, che sapean l’arme e il fiore,
più mansuefatti degli augelli che la neve caccia
verso gli asili umani,
discesero i messaggi delle divine speranze,
i poteri sconosciuti delle verità divine;
e ti diede i suoi tuoni e i suoi raggi il tuo Dio, cui tu alzasti il canto
che non ha fine.

O nutrito in disparte su le cime del sacro monte,
abbeverato solo nell’albe al segreto fonte
delle cose immortali, Eroe primo di nostro sangue
rinnovellante;
oceanica mente ove dieci secoli atroci,
carichi d’oro d’ombra di strage di fede e di paura
metton lor foci
silenziosamente; anima vetusta e nuova,
instrutta e ignara, memore e indovina, ove si serra
tutto il pensier dei Saggi e palpitano il Fuoco l’Aria
l’Acqua e la Terra;

o Risvegliatore, o Purificatore, o Intercessore
per la vita e per la morte, o tu che cresci il vigore
della stirpe come il pane nato dal nostro sudore,
noi t’invochiamo;
o tu che col tuo canto disveli agli uomini i cammini
invisibili e discopri i vólti nascosti dei destini,
noi ti preghiamo;
o tu che risusciti l’antica virtù delle contrade
e tempri il medesimo ferro per la bontà delle spade
e per la gioia delle falci nelle profonde biade,
noi ti attendiamo;

perocché tu sii pur sempre atteso in prodigi, come il Figlio
del tuo Dio, dai cuori che nei battiti del tuo canto
appresero a sperare oltre il volo delle fortune,
o profeta in esiglio,
e pur sempre su le nuove tombe e su le nuove cune,
là dove un’opra si chiuse e là dove s’apre un germe,
suoni il tuo nome santo,
e il tuo nome pei forti sia come lo squillo degli oricalchi,
e solo il nomar del tuo nome, come il turbine agita i lembi
d’un gran vessillo, scuota nei suoi mari e nei suoi valchi
l’Italia inerme.

Dove sono i pontefici e gli imperatori? Splendenti
erano nella specie dell’oro, e stampavano con piedi
obliqui le vestigia sanguigne, vestiti dell’antica
frode, e i lor vestimenti
odoravano. Rotti come i sermenti addi, perduti
come i fuscelli nella tempesta, diffusi come crassa
cenere ai vènti.
E pallido il postremo alza le mani verso le porte
dei cieli e attende un segno, e chiama, e nulla appare fuor che la morte.
Ma il cuore della nazione è come la forza delle sorgenti
meraviglioso;

e tu rimani alzato nel conspetto della nazione
con la tua parola eterna nella tua bocca respirante,
col tuo potere eterno nel tuo pugno vivo; e la tua stagione
sta su la nostra terra
senza mutarsi; e la tua virtù è dentro le radici
di nostra vita come il sale è nel mare, come la fecondità
è nella nostra terra;
e nulla di te perisce nei tempi ma la tua passione,
ma il tuo furore, ma il tuo orgoglio e la tua fede e la tua pietà
e la tua estasi e tutta la tua grandezza dura nei tempi come
dura la nostra terra.

Tu la vedesti col tuo profetico onniveggente occhio infiammato
l’Italia bella, come una figura emersa dall’interno
abisso del tuo dolore, creata dalla tua stessa fiamma,
con i suoi monti,
con i suoi piani, con i suoi fiumi, con i suoi laghi,
con i suoi golfi, con le sue città ruggenti d’ire,
l’Italia bella;
e la tua rampogna la rifece sacra, la tua preghiera
fece risplendere di purità le sue membra schiave;
sì che sempre gli uomini vedran su lei bella il duplice splendore
del cielo e del tuo verbo.

Sol nel tuo verbo è per noi la luce, o Rivelatore,
sol nel tuo canto è per noi la forza, o Liberatore
sol nella tua melodia è la molt’anni lagrimata
pace, o Consolatore,
quando la cruda pena il veemente sdegno il duro spregio
si fanno eguali alle più dolci cose della foresta
primaverile
e la mano che torturò la carne immonda, che trattò la ghiaccia
e il fuoco, la pece e il piombo, gli sterpi e i serpi, il fango e il sangue,
tocca segrete corde e nel silenzio fa il divin concento
ch’ella può sola.

Cammineremo noi ne’ tuoi cammini? O imperiale
duce, o signore dei culmini, o insonne fabbro d’ale,
per la notte che si profonda e per l’alba che ancor non sale
noi t’invochiamo!
Pel rancore dei forti che patiscono la vergogna,
pel tremito delle vergini forze che opprime la menzogna,
noi ti preghiamo!
Per la quercia e per il lauro e per il ferro lampeggiante,
per la vittoria e per la gloria e per la gioia e per le tue sante
speranze, o tu che odi e vedi e sai, custode alto dei fati, o Dante,
noi ti attendiamo!

tratto da :Elettra, di Gabriele D’Annunzio, composto tra il 1899 e il 1902 e pubblicato nel 1903

Canaletto,Padova Prato della Valle

Seme di “civiltà”

Seme di magnolia da tanto piccolo…tanto grande

Quello che mi piace del mio blog è la silenziosa meditazione quotidiana dei brani o dei piccoli incontri fotografici che ogni giorno sperimento.

 

Eye

Entrata

Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro:«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.”
tratto da :Luca 13