Narcisse exaucé
Abandon entouré d’abandon,
tendresse touchant aux tendresses…
C’est ton intérieur qui sans cesse
se caresse, dirait-on;
se caresse en soi-même,
par son propre reflet éclairé.
Ainsi tu inventes le thème
du Narcisse exaucé.
Abbandono coronato di abbandono
tenerezza che tocca tenerezze…
E’ il tuo spazio interiore, si direbbe,
che senza tregua si accarezza;
si accarezza in se stesso,
illuminato dal proprio riflesso.
Cpsì tu inventi il mito
del Narciso esaudito.
Tratto da: “Le rose”, Rainer Maria Rilke, traduzione di Sabrina Mori Carmignani, ed.Passigli
Arrivano i gialli: Narcissus
Narcissus L. è un genere che fa parte della famiglia delle Amaryllidaceae ed è originario dell’Europa. Il suo nome deriva dalla parola greca narkào (= stordisco) e fa riferimento all’odore penetrante ed inebriante dei fiori di alcune specie. Nella mitologia greca Narciso è un personaggio famoso per la sua bellezza. Figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso (o secondo, un’altra versione, di Selene ed Endimione), nel mito appare incredibilmente crudele, in quanto rifiuta ogni persona che lo ama. A seguito di una punizione divina si innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e muore cadendo nel fiume in cui si specchiava.
Tratto da: Wikipedia
non fate secondo le loro opere
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange;
amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare “rabbì”dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo;
chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.
Dal Vangelo secondo Matteo 23,1-12.
MARAVIGLIOSO BOCCACCIO
La struttura del Decameron è un articolato sistema con il quale Giovanni Boccaccio presentò le cento novelle del suo capolavoro. La cornice vede dieci giovani (tre ragazzi e sette ragazze) che per sfuggire alla peste nera che imperversa su Firenze si riuniscono in una villa di campagna. Per passare il tempo ciascun pomeriggio (tranne i giorni di venerdì e sabato dedicati alla penitenza) ognuno di loro racconta una novella agli altri secondo un tema stabilito il giorno prima. Il tema viene scelto dal “Re” o dalla “Regina” del giorno. Solo il personaggio di Dioneo – a partire dalla seconda giornata – viene dispensato dall’obbligo di seguire il tema prestabilito e la sua novella è narrata sempre per ultima. La narrazione della peste è una delle maggiori nella storia letteraria. Precedenti furono quelle dello storico greco Tucidide (la peste ad Atene) e del poeta latino Lucrezio nel De rerum natura che si rifà alla narrazione di Tucidide. Boccaccio curò molto ogni piccolo particolare; per esempio già dalla scelta dei nomi possiamo capire quale sia il carattere e la funzione del personaggio: Panfilo, che dal greco significa “Tutto Amore”, racconterà spesso novelle piene di carica erotica. Tutti i personaggi insieme riflettono poi il vero carattere dell’autore.
Coppie
tratto da:http://video.d.repubblica.it/lifestyle/love-experiment-guardarsi-negli-occhi-per-4-minuti/2538/2584
Nulla sa più di miele dell’aver sofferto
«Nulla sa più di fiele del soffrire, e nulla sa più di miele dell’aver sofferto; nulla di fronte agli uomini sfigura il corpo più della sofferenza, ma nulla davanti a Dio abbellisce l’anima più dell’aver sofferto. Il più saldo fondamento su cui può sorreggersi questa perfezione è l’umiltà, giacché lo spirito di colui la cui natura striscia quaggiù nella più profonda bassezza, si innalza in volo verso le supreme altezze della Divinità».
tratto da:”Dell’uomo nobile”,Eckhart Meister, A cura di Marco Vannini, Adelphi
Ricostruirai le fondamenta di epoche lontane
Così dice il Signore: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio,
se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.
Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono.
La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane. Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi.
Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerando il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare,
allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò calcare le alture della terra, ti farò gustare l’eredità di Giacobbe tuo padre, poiché la bocca del Signore ha parlato.
Tratto da:Libro di Isaia 58,9b-14.
La felicità, per natura, nasce da dentro
“La relazione con l’altro è un territorio molto delicato perché andiamo incontro alle persone riempiendoci di aspettative. Siamo incapaci di vivere uno stato di libertà anticipata dall’altro. Niente può fare un’altra persona per noi se siamo ancora incapaci di generare una felicità e una gioia che prescindano da qualsiasi relazione. Chi non vuole capire questo passaggio sarà tutta la vita un mendicante d’amore. L’altro non ci darà la felicità che stiamo aspettando da sempre, semplicemente perché la felicità, per natura, nasce da dentro e non da fuori. L’altro non è il carnefice e il responsabile delle nostre sofferenze, perché esso sta solo risvegliando con il suo atteggiamento, qualcosa che è già sepolto al nostro interno e che chiede di essere guarito. Da un punto di vista simbolico, ogni nostro amante è l’incarnazione del nostro desiderio di sentirci uniti, appagati e felici. E dietro questa falsa identificazione si trova, per l’appunto, l’origine delle delusioni affettive. L’errore infatti è quello di pensare che il rapporto felice e soddisfacente con il partner giusto sia la meta e l’ambizione che genererà la nostra felicità e la nostra piena soddisfazione. Niente di più sbagliato. Abbiamo sùbito nel corso dei secoli, un lunghissimo e logorante condizionamento sociale che ci ha convinti che solo l’amore con un’altra persona possa permettere alla nostra anima di sentirsi perfetta, unita e realizzata fisicamente: Questa “tortura psichica” si è sovrapposta all’unica verità: ovvero che l’anima è una scintilla divina e per sua natura è individuale. E’ un frammento perfetto di Dio. L’anima rappresenta già la perfezione e non necessita che la sua completezza dipenda da un’altra anima che, tra l’altro, è anch’essa unica e irripetibile.”
Tratto da: “ALCHIMISTI della nuova generazione. Evolvere nella gioia”, Andrea Zurlini, Anima Edizioni, novembre 2014
Un grande Amore:Raffaello e Fornarina
Fornarina, Margherita Luti, ha ispirato molti dei dipinti di Raffaello Sanzio. Il loro è stato un amore breve, ma intenso. ll pittore morì il giorno del suo trentasettesimo compleanno, il 6 aprile 1520. Vasari attribuisce la sua morte ad eccessi amorosi, ma molto probabilmente Raffaello contrasse febbri malariche allora molto diffuse a Roma. Margherita si ritirò presso il convento delle Monache di Santa Apollonia, e morì dopo pochi anni.
Raffaello e Magherita Luti Ingres
Il pettirosso
Stamattina attraversavo i giardini della città, un pò preoccupata, assorta… dopo una nottata in bianco per i dolori al mio braccio infortunato. Dentro di me, viva, sempre però una parte innamorata della vita, sempre in attesa dell’inaspettato. Un pettirosso, il mio uccellino preferito mi plana davanti, saltella, mi guarda, la consapevolezza piena di chi sa tutto, ha tutto. Le notizie brutte si sono trasformate in buone. La vita prosegue continua con il suo lento giornaliero progredire.
Venere di Dresda
La Venere dormiente, nota anche come Venere di Dresda, è un dipinto a olio su tela (108,5×175 cm) di Giorgione, databile al 1507–1510 circa e conservata nella Gemäldegalerie di Dresda. Essa venne poi completata e in parte ridipinta da Tiziano dopo la morte di Giorgione, nel 1511–1512 circa