La dimetiltriptamina (DMT)
La dimetiltriptamina (DMT), è una triptamina psichedelica endogena, presente in molte piante e nel fluido cerebrospinale degli esseri umani, sintetizzata per la prima volta nel 1931 dal chimico Richard Manske [1]. La DMT è presente in alcune varietà di mimosa, acacia, virola, desmodium, graminacee della specie phalaris, anadenanthera e molte altre piante. L’estrazione è possibile con alcuni solventi quali alcool,gasolio, esano oppure per distillazione. Nel bacino amazzonico alcuni popoli tribali hanno una tradizione di uso di piante contenenti DMT (utilizzando la linfa degli alberi virola, parente della noce moscata, o i semi macinati e tostati di Anadenanthera peregrina, un enorme albero della famiglia delle Leguminose). Strutturalmente la DMT è analoga al neurotrasmettitore serotonina, all’ormone melatonina e ad altre triptamine psicoattive come psilocibina, psilocina e bufotenina, avendo rispettivamente formula chimicaO-fosforil-4-idrossi-N.N dimetiltriptamina, 4-hydroxy-N,N-dimetiltriptamina e 5-idrossi-N, N-dimetiltriptamina ed ha un effetto quasi del tutto simile a queste, anche se differente per intensità. Secondo Rick Strassman, medico specializzato in psichiatria che condusse numerose ricerche sulla DMT, la ghiandola pineale situata nel encefalo è in grado di produrre più o meno blande quantità di DMT[2][3], specialmente intorno alle ore 3, 4 del mattino, durante la fase REM dei sogni.[4]
La santità di un tempio
“ Ma le mani sublimi di Violante, esprimendo dai teneri fiori la stilla essenziale e lasciandoli cader pesti al suolo, compievano un atto che, come simbolo, rispondeva perfettamente al carattere del mio stile: estraevano da una cosa fin l’ultimo sentore di vita ciò è le prendevano tutto quel che essa poteva dare, lasciandola esausta. Tale non era uno tra i più gravi offici della mia arte di vivere? Violante dunque m’appariva come uno strumento divino e incomparabile della mia arte. “La sua alleanza m’è necessaria per conoscere e per esaurire le innumerevoli cose occultate nelle profondità dei sensi umani, delle quali la sempiterna lussuria è l’unica rivelatrice. Chiude la carne tangibile infiniti misteri che solo il contatto di un’altra carne può rivelare a chi sia dotato dalla Natura per comprenderli e per celebrarli religiosamente. E il corpo di costei non ha la santità di un tempio? Non promette la sua bellezza alla mia sensualità le più alte iniziazioni?”
tratto da: “Le vergini delle rocce”, Gabriele D’Annunzio, Oscar Mondadori
Avviene nell’incorporeo diversamente da quel che avviene nell’apparenza.
“Alcune parole devono avere un senso particolare, così rifletti a questo che ti dico. Tutto è in Dio, ma non come ciò che è posto in un luogo, poiché il luogo è corporeo e immobile e le cose che sono a posto non si muovono. Avviene nell’incorporeo diversamente da quel che avviene nell’apparenza. Immagina che avvolga tutto, che nulla sia più rapido, più vasto, più forte dell’incorporeo, esso sorpassa tutto in capacità, in vitalità, in potenza. Rifletti poi a te stesso: ordina alla tua anima di andare in India, ed essa vi è già prima del tuo comando; ordinale di andare verso l’Oceano, e vi andrà subito senza passare da un luogo all’altro, ma in un istante. Ordina a lei di salire al cielo, ed essa non avrà più bisogno delle ali; nulla l’arresterà né il fuoco del sole né l’etere né il turbine né i corpi degli astri: essa attraverserà tutto e volerà sino all’ultimo corpo. Se tu vuoi superare questo limite e contemplare ciò che è fuori del mondo – se vi sia qualche cosa – tu lo puoi. Vedi che potenza, che vitalità tu possiedi! E quello che puoi tu, Iddio non lo potrebbe? Concepisci Iddio come avente in sé tutti i suoi pensieri, il mondo tutto intero. Se tu non puoi eguagliarti a Dio, non puoi comprenderlo. Il simile comprende il simile. Accresci te stesso d’una grandezza immensa, sorpassa tutti i corpi: attraversa tutti i tempi, diventa eternità, e tu comprenderai Dio. Nulla ti vieta di supporti immortale e conoscitore di tutto, delle arti, delle scienze, dei costumi di tutti gli animali. Elevati al disopra di ogni altezza, discendi al disotto d’ogni abisso; raduna in te tutte le sensazioni delle cose create; dell’acqua, del fuoco, del secco, dell’umido. Supponi di essere nello stesso tempo, dappertutto, sulla terra, nel mare, nel cielo; di non esser mai nato, di esser ancora in embrione, di esser giovane, vecchio, morto, al di là dalla morte. Comprendi tutto insieme: i tempi, i luoghi, le cose, le qualità, le quantità, e tu comprenderai Dio. Ma se rinchiudi la tua anima nel tuo corpo, se l’abbassassi e se dici:” Io non comprendo nulla, io non posso nulla, io non so che cosa sono né che cosa sarò” che hai di comune con Dio? Il sommo del male è di non voler conoscere il divino: ma poterlo conoscere e volerlo e sperarlo, è il mezzo di arrivare al bene per una vita diritta, unita e facile. E, seguendola, tu incontrerai il bene dovunque, tu lo vedrai in ogni luogo, nel sito e nell’ora dove meno tu lo aspetti, nella veglia, nel sonno, in mare, in viaggio, di notte, di giorno, parlando, tacendo. Poiché non c’è nulla che non sia l’immagine di Dio.
Ermete: Dio è invisibile?
L’intelligenza: Non dir questo, chi è più visibile di lui? Se egli ha creato tutto, è perché tu possa vederlo in ogni cosa. Questo è il bene di Dio, questa è la sua virtù: di apparire in tutto. Nulla è invisibile, anche nell’incorporeo. L’intelligenza si vede nel pensiero, Dio nella creazione. Ecco quello che io dovevo rivelarti, o Trimegisto. In quanto al resto, rifletti dentro te stesso: tu non ti sbaglierai.”
tratto da:”Il Pimandro”, Ermete Trismegisto, Atanor, pg.96
“Nosce te ipsum”
Amore sulla bilancia, “Nosce te ipsum”, tratto da Tarsie del coro di Santa Maria Maggiore, importante complesso di intarsi lignei, realizzati tra il 1524 e il 1532 da Giovan Francesco Capoferri e altri su disegno prevalentemente di Lorenzo Lotto, nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo.
La tarsia di “Amore sulla bilancia” si trova nella sua collocazione originaria, all’entrata nel coro a sinistra, quasi come monito a conoscere se stessi e la propria natura prima di iniziare il viaggio iniziatico che può compiersi attraverso la visione delle tarsie del coro: è un invito a reggere se stessi con equilibrio attraverso un processo di ascesi guidato da Amore. Il cartone per la tarsia fu pagato a Lotto nell’agosto 1524, mentre la traduzione in tarsia fu realizzata da Capoferri entro il 1527. Il pittore Ludovico da Mantova ne eseguì la profilatura nel 1530. Una recente interpretazione (Zanchi, 2009 a-b) vede in alcune tarsie simboliche del coro bergamasco una manifestazione del culto umanistico del Sole. Nella tarsia vediamo AMORE in piedi su una bilancia che regge sé stesso e sta in perfetto equilibrio: le sue ali sono aperte a creare l’impressione che stia salendo verso l’alto (ascende simbolicamente verso l’alto), e qui c’è un chiaro riferimento a Platone, secondo cui l’anima veniva immaginata con le ali che le permettono di sollevarsi fino a prendere parte della vita divina; sul capo reca tre fiamme che simboleggiano il fuoco sacro della purificazione interiore che gli permette di ravvivarsi sempre, tramite la meditazione e il lavoro su sé stesso. La scritta è emblematica poiché solo conoscendo sé stessi e riconoscendo la propria natura divina si può morire alla nostra materialità per rinascere vivificati dal fuoco sacro e spiritualizzarci (le tre fiamme sul capo):la bilancia, in alchimia,significa sublimazione, infatti, e qui indica il passaggio da uno stato di coscienza ad un altro più elevato. Attorno al putto alato, si notano trofei di vittoria che indicano come la felicità dell’anima si raggiunga meritatamente solo se c’è equilibrio, misura di sé stessi, conoscenza, ovvero se si possiede la Sapienza (“Conosci te stesso”). Attenzione però: il lavoro su sé stessi deve essere costantemente alimentato dal Fuoco interiore perché la bilancia ha due moti opposti; ascendente e discendente. Se i piatti si squilibrano,è compromessa la vera comunione dell’anima con Dio.
liberamente tratto da:http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/w6030-00076/
http://ufosworld.blogspot.it/2008/04/bergamo-basilica-santa-maria-maggiore.html
37 anni e 2 mesi
A 37 anni e 2 mesi circa, vi è anche il secondo nodo lunare, che non a caso si verifica nel settennio in relazione con quello della nascita. Infatti il nodo lunare (che è il momento in cui si ripete la triangolazione tra terra, sole e luna del momento della nascita) costituisce la possibilità di ripartire nella vita o di fare scelte importanti. A circa 37 anni si propone il secondo nodo lunare, una seconda occasione per liberarci di vecchio karma.Se nel primo settennio il rapporto con il mondo esterno era, in un certo senso, un dono dei mondi spirituali, ora tra i 35 ed i 42 ora dobbiamo trovare in modo cosciente il nostro giusto rapporto tra noi e il mondo, l’umanità. Questo implica un atto di volontà (la stessa volontà presente nel primo settennio) in quanto dobbiamo fare nostra la conoscenza e farla divenire coscienza (conoscenza + amore).
L’imitazione che era presente nel primo settennio, se alimentata nel modo corretto grazie a modelli che il bambino poteva prendere a riferimento, ora trascende le persone e diventa “imitazione di ideali”.”
liberamente tratto da: http://ilrespirodelcosmo.blogspot.it/2011/12/innamorarsi-della-propria-biografia-3.html
…a quelli cui vuol manifestarsi
ERMETE TRIMEGISTO A SUO FIGLIO TAT: IL DIO INVISIBILE E’ VISIBILISSIMO
E anche questo discorso io t’indirizzo, o Tat, affinché non ti sia ignoto il nome del Dio superiore. Tu comprendilo, e quello che sembra invisibile ai più sarà per te assai appariscente, poiché, se fosse invisibile, non sarebbe lui . Ogni apparenza a creata perché manifestata: ma l’invisibile esiste sempre senza aver bisogno di manifestazioni . Egli esiste sempre e rende visibili tutte le cose. Invisibile, perché eterno, egli fa tutto apparire senza mai mostrarsi . Increato, manifesta ogni cosa nell’apparenza la quale appartiene alle cose generate e non a altro che la nascita. Colui che solo è increato è, dunque, per questo, irrivelato e invisibile, ma, nel manifestare tutte le cose, egli si rivela in esse e mediante esse, soprattutto a quelli cui vuol manifestarsi. Perciò, o figlio mio Tat, prega il Signore e il Padre, il solo, l’unico donde è nato l’Unico, perché egli ti sia propizio e tu possa comprenderlo. Bisogna perciò che uno dei suoi raggi illumini il tuo pensiero. Il pensiero solo vede l’invisibile, poiché è, di per sé stesso, invisibile. Se tu puoi, lo vedrai con gli occhi dell’Intelligenza, o Tat, poiché il Signore non è avaro, ma si rivela nell’intero universo. Tu puoi comprenderlo, vederlo, toccarlo con mano e contemplare la sua immagine. Ma come potrà manifestarsi ai tuoi occhi se ciò che è in te è invisibile per te stesso? Se tu vuoi vederlo, pensa al sole, pensa al corso della luna, pensa all’ordine degli astri . Chi mantiene quest’ordine? Poiché ogni ordine a determinato dal numero e dal luogo. Il sole è il più gran Dio del cielo e tutti gli Dei celesti gli sono inferiori come a un capo e a un re. E quest’astro, più grande della terra e del mare, fa roteare sopra a sé astri molto più piccoli. Ora quale rispetto, quale timore l’obbliga, o figlio mio? I corsi di tutti questi astri nel cielo son differenti e diseguali: chi ha dato a ciascuno di loro la direzione e la lunghezza del corso? L’Orsa gira su sé stessa e trascina con sé l’universo: chi se ne serve come d’un istrumento? Chi ha dato al mare i suoi limiti, chi ha posto le fondamenta alla terra? C’è dunque, o Tat, un creatore e un padrone di tutto quest’universo poiché sarebbe impossibile che il posto, il numero, la misura si conservassero senza un creatore. L’ordine non si può fare senza un luogo e una misura: c’è dunque bisogno d’una guida, figlio mio. Il disordine ne ha bisogno per giungere all’ordine: esso obbedisce a colui che non l’ha ancora ordinato. Se tu potessi aver le ali, volare nell’aria e là, tra cielo e terra, vedere la solidità di questa, la fluidità dei mari , i corsi dei fiumi , la leggerezza dell’aria, la sottigliezza del fuoco, il corso degli astri e il movimento del cielo che li avvolge, o figlio mio, che magnifico spettacolo osserveresti ? Vedresti , in un istante, l’immobile muoversi e l’invisibile apparire per ciò che costituisce l’ordine del mondo ed il mondo dell’ordine. Se tu vuoi contemplare il Creatore anche nelle cose mortali , in ciò che è sulla terra o negli abissi, ripensa, o figlio mio, alla generazione dell’uomo nell’utero di sua madre: esamina con attenzione l’arte dell’artefice e impara quindi a conoscere l’autore di questa bella e divina immagine. Chi ha fatto rotondi gli occhi ? Chi ha forato le narici e le orecchie ? Chi ha aperto la bocca? Chi ha tesi ed intrecciati i nervi ? Chi ha formato i canali delle vene? Chi ha fatto dure le ossa? Chi ha ricoperto la carne di pelle? Chi ha separato le dita e le membra? Chi ha formato la base dei piedi ? Chi ha forato i pori ? Chi ha steso la milza? Chi ha dato al cuore la forma di piramide? Chi ha dilatato i fianchi ? Chi ha allargato il fegato? Chi ha formato le caverne dei polmoni , la cavità delventre? Chi ha messo in mostra le parti oneste e nascoste le altre? Vedi quant’arte su di una sola materia, che lavoro su di una sola opera, dappertutto bellezza, proporzione, varietà. Chi ha fatto tutte queste cose? Quale madre, qual padre se non l’unico e invisibile Iddio che ha tutto creato con la sua volontà? Nessuno pretende che una statua o un quadro possano esistere senza uno scultore o un pittore, e questa creazione non avrebbe dunque un creatore? O cecità, empietà, ignoranza ! Ma tu, o figlio Tat, guardati bene dal credere l’opera priva dell’artefice: da piuttosto a Dio il nome che più gli conviene, chiamalo padre di tutte le cose perché egli è l’unico e la sua funzione è quella di esser padre; e se vuoi che io adoperi un’espressione ardita, ti dirò che la sua essenza è quella di esser gravido e di creare. E siccome nulla può esistere senza creatore, così egli stesso non esisterebbe se non creasse continuamente, nell’aria, sulla terra, negli abissi e in ogni parte dell’universo e in ciò che non esiste. Poiché nulla c’è nel mondo che non sia lui: egli è quello che esiste e quello che non esiste: quello che esiste lo ha manifestato, quello che non esiste lo tiene in sé stesso. Tale è il Dio superiore al suo nome, invisibile e visibilissimo; che si rivela allo spirito, che si rivela agli occhi , che non ha corpo ed ha molti corpi, meglio, tutti i corpi poiché non v’è cosa che non sia lui e tutto è lui solo. Ed ha tutti i nomi perché è il padre unico e non ha alcun nome perché è il padre di tutto. Che si può dire di te, che si può dire a te? Dove poserò i miei sguardi per benedirti: in alto, in basso, di dentro, di fuori ? Non c’è via, non c’è posto che sia intorno a te; non esistono altri esseri: tutto è in te, tutto viene da te; tu dai tutto e non ricevi nulla poiché tu possiedi tutto e non v’è cosa che non ti appartenga. Quando ti loderò, o padre mio? Giacché non si può comprendere né il tuo tempo né la tua ora. E per che cosa ti loderò? Per quello che hai creato o per quello che non hai creato? Per ciò che riveli o per ciò che nascondi ? E perché ti loderò? Come se tu m’appartenessi ed io avessi qualche parte di te o come se fossi un altro? Perché tu sei tutto quello che io posso essere, tu sei tutto quello che io posso fare, tu sei tutto quello che io posso dire, poiché tu sei tutto e nulla c’è che tu non sia ! Tu sei quello che a nato e quello che non è nato, l’intelligenza pensante, il Padre creatore, il Dio agente, il bene e l’autore di ogni cosa. La parte più sottile della materia è l’aria, dell’aria l’anima, dell’anima l’intelligenza, dell’intelligenza Dio.”
tratto da:”Il Pimandro”, Ermete Trismegisto, Atanor