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Il FuocoFisso

Il FuocoFisso è una vibrazione costante che si può sentire anche nel corpo. La parola più simile che conosciamo oggi è Fede. Ma non la fede mentale del popolino, il credere in qualcuno o in qualcosa.  Quella è la finta fede che causa i conflitti tra le fazioni degli addormentati. La Fede di cui io ti parlo è un sentire di essere accompagnati dalla Vita… Da Dio… in ogni istante della propria esistenza.  E’ la certezza che niente è sbagliato, né in te né negli altri. Non è una convinzione intellettuale, ma un sentire della carne e nella carne. Si chiama Fisso perché grazie al lavoro su di te a un certo punto diviene stabile, diventa un centro di gravità permanente attorno al quale ruota tutta la tua vita. Un lutto, un licenziamento, un abbandono… lo turbano ma non lo spengono. Lo rendono più forte, lo ravvivano. Nei momenti difficili, quando la Fede in questo percorso vacilla, invoca il FuocoFisso dentro di te. Fatti pervadere dal suo calore.

E mentre parlava… lentamente… i suoi occhi pure restando fissi su di me guardavano oltre la mia figura, come se scrutassero un oggetto a migliaia di chilometri di distanza. Guardare quegli occhi vuoti di qualsiasi personalità divenne per me insopportabile. Abbassai lo sguardo mentre un Fuoco incontenibile invadeva il mio corpo, il silenzio fra di noi era inframezzato solo dal mio respiro affannoso. Era incontenibile: un fiume di compassione scorreva fisicamente nelle mie arterie. E a quel punto avvertii qualcosa che potrei descrivere solo come un sentirsi “protetti da Dio”.

Amore, Sicurezza, Protezione, Fede… tutto in un’unico abbraccio sottile. Ero avvolto nell’abbraccio della Vita. Sentivo la morte della paura di vivere. “

 

Tratto da: “ Il libro di Draco Daatson”, Savatore Brizzi. Antipodi edizioni, 2012

Madonna del pilastro

Quando ero piccola i miei genitori mi portavano a fare visita alla basilica del Santo a Padova, andavamo a vedere il presepio per le feste di Natale. Quando entravamo in chiesa, appena varcata la soglia la Grande Madonna con bambino era li ad attenderti, a guardarti immobile con il suo piccolo tra le braccia. E’ sempre stata li. Negli anni, mi sono allontanata da Padova poi vi sono ritornata, e lei era sempre li ad accogliermi. Nel miei ricordi di bambina quel volto era immenso, anche scuro dal tanto fumo che negli anni era salito. Adesso questa figura mi pare più piccola, l’hanno ripulita, sbiancata con un restauro forse un  pò troppo invasivo. Su quel volto ho mediato tanto. E’ il ritratto della MADRE, di tutte le madri, del valore del loro AMORE. Anche un uomo può essere madre se sa amare sconfinatamente come una mamma, a una donna solitamente può venire più facile, ma non è detto. Per me quello è  significato del  Natale, una madre che ama un bambino, che si prende cura di lui, una sorta di assioma con la parola Amore. L’Amore è carburante, è propulsivo, è legame, è dedizione, passione,  è quello che ci tiene vivi, sempre.

Quante volte ti ho visto

“Quante volte ti ho visto, ma solo nei momenti più impensati, quando avevo preso la strada “sbagliata”, quella che non pensavo avrei scelto, …solo quando mi sono lasciata andare. Quella volta che una voce dentro mi ha detto “buttati”. Li ti ho trovato sempre, sempre. In fondo ci sei sempre tu a quel sentiero inaspettato dei miei pensieri, dentro più dentro di me e fuori nella realtà che mi circonda, come se i due mondi improvvisamente combaciassero. Trovarti è devastante, ti conquista l’anima e il corpo. E da allora hai sempre desiderio del miracolo. Ma lui arriva col  suo tempo, con la sua metodica. Ma arriva, sta sicuro che se ha trovato la strada una volta continuerà a tornare a te, perché è in Te.”

Tu mi hai capito

Volker Hermes

Preghiera di Devozione

Volker Hermes

Energia dello Scorpione

Il 22 ottobre entriamo nel segno dello Scorpione. Segno d’acqua e fisso. La lenta morte del mondo organico diventa percettibile. La natura ha fatto la propria scelta. Le forme vitali mutano, tendono a tornare nel profondo della terra. Così ciò che era stato estenuato dal caldo arido del clima estivo, va nutrendosi in questa umida essenza autunnale. In questo segno opposto al terrestre Toro, vanno compiendosi le fasi dell’opera di trasmutazione alchemica, che si compie nel passaggio dai valori materiali a quelli spirituali. La distruzione dell’io lascia il passo a nuovi orizzonti, le forze sconosciute che dormono nel profondo dell’essere vengo rischiarate alla luce della coscienza che si fa spirituale consapevolezza.

San Michele

Qualsiasi cosa si faccia non è inutile…

“E’ un grande e potente pensiero il sapere che qualsiasi cosa si faccia non è inutile, che ogni nostra azione influenzerà l’avvenire. Così intesa la legge non ci opprime, ma ci riempie della più bella speranza, diventa il più bel dono della scienza dello spirito; dobbiamo rallegrarci della legge del karma, perchè grazie ad essa possiamo guardare all’avvenire. Abbiamo il compito di lavorare per la legge del karma, essa nulla contiene che possa rattristare l’uomo, nulla che dia una colorazione  pessimistica al mondo; essa dà ali alle nostre azioni che tendono a collaborare per l’evoluzione della terra. La conoscenza della legge del karma deve trasformarsi in sentimenti del genere. ”

tratto da: Rudolf Steiner,”La saggezza dei Rosacroce. Settima conferenza. La tecnica del karma. Monaco maggio 1907, pg.76 Ed. Antroposofica Milano

Il pifferaio magico

C’era una volta la città di Hamelin in Germania. Era una città molto graziosa, ma aveva due grossi difetti: i suoi cittadini erano molto avari e le sue cantine piene di topi.Di gatti neanche l’ombra perché, siccome qualcosina costavano ai padroni, erano stati cacciati. Fatto si è che i topi diventavano tanti e tanti che non era più possibile vivere nella città. Si pensò allora di far tornare i gatti scacciati, ma i topi li misero in fuga. Era una vita beata la loro. Ce n’erano di tutti i tipi: topi, t’opini, ratti, rattoni e per tutti c’era da mangiare: nei granai, nelle cucine, dove c’erano molte forme di formaggio. I poveri cittadini, non sapendo più che fare, si rivolsero al loro sindaco, ma anche quello più che dire: – Cercherò… Farò… Non so… – insomma…non faceva.  Ma ecco, che una mattina comparve in città un ometto minuto tutto brio e allegria che disse al sindaco: – Io vi libererò dai topi, ma voglio in cambio mille monete d’oro. Al sindaco la richiesta non parve esagerata e promise la ricompensa, scambiando con l’ometto una bella stretta di mano. L’ometto, allora, prese da un sacchetto che portava a tracolla un piffero e diede due o tre zufolate. Subito i topi che erano nello studio del Sindaco, nascosti qua e là, balzarono fuori e, quando l’uomo uscì, lo seguirono. Il pifferaio continuò a suonare in strada e nugoli di topi lo seguirono squittendo felici. Nelle loro testoline vedevano montagne di formaggio tutte per loro, vedevano dispense con ogni ben di Dio pronte ad essere saccheggiate. E la marcia trionfale del suonatore continuò: da tutte le case uscivano a centinaia topi di tutte le dimensioni, di tutte le età: anche i più saggi e i più furbi tra loro credevano a ciò che la  musica magica prometteva! E la gente, affacciata alle finestre, appoggiata ai muri delle case guardava esterrefatta e felice quella smisurata fila di roditori che seguiva il suonatore. Finalmente quando tutti i topi della città furono riuniti dietro a lui, il suonatore si avviò verso il fiume e le bestiole dietro, sempre più affascinate dalla musica magica. Il pifferaio entrò ad un tratto nell’acqua e quelli ancora dietro; avanzò ancora finché fu immerso fino al collo e i topi lo seguirono incantati e fiduciosi. Egli allora si fermò in mezzo alla corrente e seguitò a suonare e i topi per un po’ nuotarono e poi, siccome da lui non potevano allontanarsi finirono per annegare tutti, nessuno escluso! Allora il suonatore uscì dal fiume, si scrollò l’acqua di dosso e si recò dal sindaco per ricevere la dovuta ricompensa. Il sindaco, come lo vide entrare, arricciò il naso e gli chiese: – Che vuoi tu? Il sindaco si affacciò al balconcino del municipio e chiese ai concittadini quel che doveva fare e tutti furono d’accordo con lui, da quegli avaracci che erano. Il pifferaio allora amareggiato e molto arrabbiato minacciò: – Vi pentirete oh, se vi pentirete di quello che mi fate! Uscì in strada ed eseguì una scala col flauto soffiando a tutte gote poi, aiutandosi con le agili dita, emise dolcissimi suoni. Tosto si videro teste di bimbi guardare giù dalle finestre, volgersi verso il pifferaio, poi un ragazzino uscì dalla casa e guardò con entusiasmo l’uomo che suonava. A lui si unirono due, tre compagni e tutti guardavano come affascinati il suonatore. E questi non smise di suonare, anzi la sua musica diventò più dolce e persuasiva e nella mente dei bambini faceva nascere visioni di città tutte balocchi, di città tutte dolci, senza scuole, senza adulti che volevano comandare ad ogni ora del giorno. E la schiera ingrossava sempre più e tutti i componenti erano felice e ridevano, e tenendosi per mano cantavano seguendo sempre più affrettatamente il pifferaio. Ed ecco i genitori rincorrere quella schiera di gioiosi figlioli che se ne andavano con l’omino così, come i topi che lo avevano seguito sino alla morte! Ma essi si stancavano da morire e non riuscivano a tenere il passo con i loro figli che camminavano sognando cose meravigliose… Il sindaco, chiuso nelle sue stanze, si strappava disperato i capelli. Intanto il suonatore si avviava verso la grande montagna che si trovata proprio alle spalle della città. I bimbi dietro cantavano: erano così felici di seguire quell’omino che nessuno li avrebbe distolti dal loro proposito. Giunsero così a metà montagna: al suono del piffero questa si aprì e tutti, pifferaio in testa, entrarono nella fenditura che si richiuse ermeticamente dietro l’ultimo della fila. Ne restò fuori solo uno zoppetto che non era riuscito a camminare veloce come i compagni. I cittadini che giunsero sul luogo dopo qualche tempo, lo trovarono là che piangeva disperato per non aver potuto raggiungere i suoi amici. Dei bambini non c’era più traccia e nessuno seppe mai ciò che ne fosse stato.

Tratto da: Da Fratelli Grimm – Deutsche Sagen -585 Leggende Germaniche – pubblicate in due volumi tra il 1816 e il 1818

Si comincia da due

La magia di Giacomo

L’Essere essenziale

“L’Essere essenziale non è privilegio di nessuno ma bene di tutti, così come il profumo di un roseto non appartiene a nessuno dei fiori che lo emana, ma è l’essenza generica dell’insieme.
Quando una persona arriva a dissolversi nell’Essere essenziale, si verifica quella che nei Vangeli, si definisce “trasfigurazione”. La carne perde il peso della sofferenza, le emozioni diventano sublimi, i pensieri fluidi e i desideri gioia di vivere. Questa trasfigurazione può essere permanente, oppure occasionale, ma anche in quest’ultimo caso lascia un retrogusto che consente di ritornarci sempre più spesso. Nel momento in cui tale stato diviene permanente, l’Essere essenziale si richiude attorno alla personalità, e come l’abbraccio di una madre sostiene teneramente l’ego personale e transpersonale: questa persona che porta il mio nome esiste, questa persona che porta il mio nome morirà, ma in fondo questa persona che porta il mio nome ed è mortale non esiste.  Questo è il messaggio di tutte le grandi tradizioni spirituali.”

Tratto da:”Metagenelogia”, Alejandro Jodorowsky, Universale Economica Feltrinelli

Migliaia di papaveri

L’altro modo

“Le cose che vediamo (…) sono le stesse cose che sono in noi. Non esiste nessuna realtà se non quella che abbiamo in noi. Perciò la maggior parte della gente vive in modo così irreale, poiché considera reali le immagini di fuori e non lascia esprimere per nulla il proprio mondo interiore. Si può anche essere felici in questo modo. Tutta via quando si viene a conoscere l’altro modo, non si ha più l’opzione di percorrere la strada della maggior parte della gente. ”

Tratto da “Demian”, Herman Hesse

Trasformare la contraddizione in relazione

“Già nel 2500 a.C. Platone riflette su quanto poco il pensiero dicotomico, la cosiddetta tecnica, possa davvero educare le sopravviventi generazioni. …  Nel Timeo: ” Che due cose sole  senza una terza si colleghino bene non è possibile. Ci deve essere tra loro un legame, il demos, che le annodi l’una all’altra, ma il più bel legame è quello che fa per quanto possibile  un’unità di sè e di ciò che collega e compiere questo nel modo più bello  è il carattere essenziale della proporzione.” Galimberti ne La terra senza il male sottotitolo Jung, dall’inconscio al simbolo, a proposito di questo passaggio dice: “Ogni volta che una contraddizione sbarra la strada all’intelletto questo procedere è costretto a scoprire quel rapporto che trasforma la contraddizione in relazione”. Questo è quanto è riuscito a fare Hamer. E’ riuscito a porre e a trovare il collegamento che apre la strada alla correlazione tra malattia e conflitto. Bisogna avere una mente non dicotomica e in grado di comprendere il senso del tutto per poterne non solo coglierne la grandezza ma ottimizzare quel processo di soluzione. Come vedete sto utilizzando Platone in un testo che parla di diagnostica hameriana, perché a me risulta chiaro come sono stati tanti gli esseri umani, ognuno con il proprio linguaggio, che hanno, in verità non solo investigato, ma molto spesso raggiunto la comprensione su altri piani di quanto poi si sia rivelato vero anche a livello fisico, e cioè che siano stati in grado di capire che tutto è uno, uno è tutto e che le cose si muovono con sincronicità la stessa sincronicità che fa parte essenziale e forse è il cardine fondamentale dell’insegnamento proprio di Jung. ”

tratto da: “Guida alla risoluzione dei conflitti a partire dal metodo Hamer”, M. Pizzi e A. Spreafichi. Macro edizioni 2008, 2020