Resilienza fluida
“In morte e in vita, dovremmo “Sperare nel meglio” o “aspettarci il peggio”? e se, invece, coltivassimo un’attenzione non-giudicante e l’impegno a stare con la verità, qualunque essa sia? Supponiamo, piuttosto, di non scegliere tra i due estremi, di sviluppare la chiarezza mentale e la stabilità emotiva e di conservare una presenza che non sia spazzata via dal ciclo degli alti e bassi, delle speranze e dei timori. L’equanimità equilibrata fa nascere una resilienza che è fluida, fiduciosa, adattabile e capace di reagire. Forse dovremmo accettare il nostro passato, noi stessi, gli altri e le condizioni sempre mutevoli della nostra vita “come se” …non fossero né buone né cattive, ma praticabili. E’ utile rifugiarsi nell’impermanenza. Non nell’aspettativa che le cose cambino come speriamo o temiamo, ma nel fatto che cambieranno indipendentemente dalla nostra volontà. Parliamo di vivere nel momento presente. Ma dove si trova questo momento? E’ un nanosecondo che si trova tra passato e futuro? Parafrasando sant’Agostino, non è né nel tempo né fuori dal tempo. L’elusivo momento presente non può essere misurato dal ticchettio di un orologio umano, né separato dal passato e dal futuro. Non esiste una linea di demarcazione, almeno non in senso convenzionale. … E’ qui che si trova l’energia della speranza, non come un desiderio che dobbiamo realizzare o un piano che dobbiamo formulare ed eseguire, ma nel modo in cui affrontiamo il momento sempre mutevole. L’istante presente comprende tutto il tempo; include già ora ogni cosa. E potrebbe essere ben descritto come il flusso della vita. Noi ne siamo continuamente modellati e, allo stesso tempo, lo stiamo modellando attraverso il modo in cui lo affrontiamo e reagiamo ad esso. Non aspettare è l’incoraggiamento a entrare pienamente nella vita. Non perdete questo momento in attesa del successivo. Non aspettate a compiere le cose più importanti. Non rimanete fermi nella speranza di un passato o di un futuro migliori; siate presenti.”
tratto da: “Cinque inviti”, Frank Ostaseski, 2017 , ed. MONDADORI
Impermanenza
“…Tutto si basa sull’impermanenza. Il freddo che avete oggi non durerà per sempre, questa cena noiosa finirà e le malvagie dittature crolleranno lasciando il posto a fiorenti democrazie. Anche gli alberi vecchi cadranno in modo che possano nascerne di nuovi. Senza l’impermanenza, la vita semplicemente non ci sarebbe. Senza l’impermanenza, vostro figlio non potrebbe compiere i primi passi; e vostra figlia non potrebbe crescere e andare al ballo di fine anno. … Ogni momento nasce e muore. E noi, in modo concreto, nasciamo e moriamo con esso. Questa è la bellezza dell’impermanenza. In Giappone, la gente celebra ogni primavera la breve ma abbondante fioritura dei fiori di ciliegio. Nell’Idaho, fuori della casetta dove insegno, fiori blu di lino vivono per un solo giorno. Perchè questi fiori appaiono tanto più belli di quelli di plastica? La fragilità, la brevità e l’incertezza della loro vita ci affascina e ci invita alla bellezza, alla meraviglia e alla gratitudine.”
tratto da: “Cinque inviti”, Frank Ostaseski, 2017 , ed. MONDADORI
La Lotta
san Giorgio e il drago, villa Pisani Bolognesi Scalabrin, via Roma n°25, Vescovana (Pd)
Uscire da se stessi
“Le formule tradizionali della Cabbalà ebraica per esortare a studiare in maniera spirituale _ “esci e studia” (tze ulmad) o “vieni e vedi” – si rivelano qui molto pertinenti. Mostrano che è necessario un movimento del soggetto, un uscire da se stessi, dalle proprie abitudini e dalle proprie idee consolidate su un passo studiato, così come è necessaria una certa violenza inflitta alla tranquillità e alla pigrizia, per scoprire in un Libro altre cose altre cose oltre a un senso irrigidito in dei segni scritti. ”
tratto da: “Leggere la Torà”, Catherine Chalier, ed. Giuntina
Germinano in me
Germinano in me nella luce solare dell’anima
I frutti maturi del pensare,
In sicurezza della coscienza del sé Si trasforma ogni sentire.
Posso percepire pieno di gioia Il destarsi spirituale dell’autunno:
L’inverno sveglierà in me
L’estate dell’anima.
tratto da: “CALENDARIO ANTROPOSOFICO DELL’ANIMA “, RUDOLF STEINER, ed. Il capitello del sole
La leggerezza, un seme di tiglio
Roberto Visani in mostra a GIARDINITY, villa Pisani Bolognesi Scalabrin, via Roma n°25, Vescovana (Pd)
Semi contemplativi
I semi contemplativi di Roberto Visani, in mostra a GIARDINITY, villa Piasani Bolognesi Scalabrin, via Roma n°25, Vescovana (Pd)
“Roberto Visani, è un giovane scultore che da tempo ha eletto a sua primaria fonte d’ispirazione l’oggetto naturale; strumento e soggetto della sua ricerca è l’elemento originario per eccellenza, il seme, sul quale egli esercita caparbiamente una ricerca incentrata sulla forma essenziale, non manipolata, bella, di una bellezza che non ha bisogno dell’intervento umano per mostrarsi in tutta la sua perfezione.
Il lavoro dall’artista non interferisce con il paesaggio, non lo segna in modo più o meno indelebile, ma diviene oggetto a sé stante, capace però al contempo, di mimetizzarsi e nascondersi in esso, cercando un accordo affinché ci possa essere coabitazione tra ciò che preesisteva e ciò che viene prodotto ed inserito. Le sculture realizzate da Visani hanno infatti questa particolare duttilità: risultano di forte impatto sia collocate su un piedistallo sia posizionate nell’ambiente naturale. Ciò è possibile grazie alla loro conformazione, alle linee elementari di cui sono costituite, al senso di purezza estrema che emanano.
Egli agisce attraverso la natura senza tentare di rappresentarla , ma servendosi di essa per la creazione di forme originali ed originarie. Esiste una similitudine particolarmente rappresentativa, ed utilizzata in passato per far comprendere che anche l’arte astratta può derivare dalla realtà che ci circonda: il seme piantato nella terra cresce generando prima un albero e poi i frutti, ma né l’albero né i frutti somigliano a ciò che li ha generati. Allo stesso modo l’artista trae ispirazione dalla realtà, che rappresenta la terra fertile, producendo forme ed immagini che non necessariamente somigliano a ciò di cui i suoi occhi si sono nutriti.
L’osservazione del seme permette di accrescerne la conoscenza delle linee e dei volumi intimamente scrutati e riprodotti, in scala variabile, spesso con materiali nobili; marmo e bronzo sostituiscono con le loro superfici lisce e riflettenti la porosità o la pelle originaria dell’oggetto. Elevano ciò che tutti tendiamo a tralasciare nella quotidianità e che torna, nelle opere di Roberto, impreziosito da una veste nuova. Il compito dell’artista è allora quello di creare forme naturali ma durevoli, dotate di un’aspettativa di vita estremamente diversa da quelle che egli estrapola dalla natura; semi nati per trasformarsi ed essere inghiottiti nel ciclo naturale della vita, riproposti come gioielli preziosi ed eterni”.
Cinzia Zanetti
vedi su www.robertovisani.it
Perfect Day
Solo un giorno perfetto
Mi hai fatto dimenticare me stesso
Pensavo di essere qualcun altro,
qualcuno valido
Oh, è talmente un giorno perfetto
Sono contento di averlo passato con te
Oh, è talmente un giorno perfetto
Tu mi fai resistere e andare avanti
Tu mi fai resistere
Raccoglierai ciò che hai seminato
Malinconia autunnale
foto di Enrico
Arcangelo Gabriele
Il significato dell’energia dell’arcangelo Gabriele è “Dio è la mia forza”. Questa energia ti porta a ricontattare così la tua origine e a manifestarla.
Carlo Dolci, Arcangelo Gabriele, Louvre
è tempo che tu riconnetta a te il tuo centro
Invocazione al raggio bianco dell’arcangelo Gabriele
“Io sono Gabriele, è tempo che tu riconnetta a te il tuo centro, la tua origine e per fare questo è necessario ricreare quel collegamento tra il tuo cielo, che ti ha generato, e la tua terra, che ti rende manifesto. Per questo la tua energia si lega alla mia riportando in luce tutti quegli aspetti che stai tralasciando e che hai dimenticato di possedere. La tua vera manifestazione è completa solo se la porti fuori da te e la realizzi nella concretezza della materia. Ciò che sei giunto a fare si può così realizzare e per farlo è necessario che tu possa ricordare ciò che ami essere e che ami fare perché solo così ti puoi collegare con il tuo spirito, con il tuo cielo. La piena realizzazione di te ha così compimento. Ti aiuto e ti accompagno perciò nel rendere viva la tua vita.
tratto da: “Gli Angeli parlano a colori”, Elisa Munari, Anima Edizioni, 2017
Eden
“In ebraico Eden significa “piacere” o “delizia”, la condizione che ci spettava di diritto all’origine della vita.”
tratto da: “Crux Christi Serpenti. Sulle tracce dei più intimi segreti delle sacre scritture”, di Claudio Marucchi, Atanor edizioni 2012, pg.63
L’eterea materia del proprio sentire
” Se occultare la Verità è come mentire, è chiaro che ci hanno spudoratamente mentito. Se ciò è stato fatto per proteggere la Verità, allora il risultato è talmente perfetto che nessuno sa più dove cercare, o forse non sa più nemmeno che c’è qualcosa da cercare. Se dimenticare è grave, peggio è dimenticare di aver dimenticato. All’origine del sorgere dei sistemi dottrinali noti come religioni, metodi di strutturazione dell’inconoscibile, pulsa intatta nella sua radicale enigmaticità un’istanza mai del tutto taciuta all’interno della coscienza: l’idea di Assoluto o di Infinito, personificata in una coscienza superiore, Dio. Oltre due millenni di storia della filosofia non sono bastati a chiudere i conti definitivamente con i sistemi eretti sulla spinta di tale istanza. La scienza non ha ancora apportato sufficienti conferme o smentite al regno dello spirito, né sappiamo se sarà mai in grado di farlo. Il presunto fallimento della metafisica (almeno nel porsi come forma valida di conoscenza del sovrasensibile) è prevalentemente di natura metodologica, ma non intacca la necessità di stabilire un contatto con l’Assoluto. La metafisica ha preteso di applicare il metodo della scienza all’oggetto delle religioni, e nella sua proposta non è riuscita a liberarsi di un’ambiguità irrisolvibile: il pensiero irrazionale, la logica, l’intelletto e il metodo analitico non sono strumenti appropriati per indagare l’invisibile, l’Assoluto, Dio. Il rapporto con i concetti così straordinariamente elevati e profondi si presenta come sentimento , come amore. Il problema di saper rendere condivisibili le più intime sensazioni è innanzi tutto un problema di linguaggio. Il pensiero analogico è più immediato del pensiero analitico, il linguaggio simbolico è più adatto del linguaggio verbale, per trattare con l’eterea materia del proprio sentire, per tradurre ciò che nessuna parola saprebbe descrivere. L’aspirazione all’Assoluto non può essere soddisfatta o esaurita dal pensiero teorico o verbale, non trova pieno diritto di cittadinanza nell’intelletto, deve invece legare il cuore al cervello e ai genitali per sentirsi anche solo minimamente rappresentata. Dove è finito il dio percepito anticamente nell’intimo dei nostri cuori? Nel tentativo di trovarlo, di spiegarlo, di condividerlo, lo abbiamo costretto a un esilio forzato, spingendolo sempre più in lato, distante, fuori dalla nostra portata, sulle vette di edifici costruiti di pure astrazioni. Il Dio che era in noi, che era noi, è diventato così “altro” da farsi irraggiungibile. Il passaggio dall’immanenza alla trascendenza e la divisione tra corpo e spirito hanno contribuito in maniera determinante a scavare l’incolmabile fossato che oggi separa Dio dall’Uomo. Dio è divenuto l‘estraneo per eccellenza, ed è decaduta la fiducia nella possibilità di realizzarlo.”
tratto da: “Crux Christi Serpenti. Sulle tracce dei più intimi segreti delle sacre scritture”, di Claudio Marucchi, Atanor edizioni 2012, pg.7-8
Bereshìt
La prima lettera della parola bereshìt è bet, בche pronunciata bait, significa casa, dimora, sede stabile compresa tra cielo e terra. La lettera è composta di tre linee: due parallele e una terza verticale che le collega. La linea in alto è il limite che l’uomo deve porre all’attività della mente, per non perdersi in fantasticherie inutili, la linea verso il basso è una barriera contro l’eccesso di materialità che porta all’abbrutimento e alla corruzione. La linea verticale di collegamento è il giusto distacco che si deve avere verso il passato: la memoria è un valore da tramandare, ma se il passato diventa ossessione da cui non ci si riesce, o peggio, non ci si vuole liberare, si trasforma in palude spirituale. Ecco dunque la “casa” dell’uomo, bene isolata dagli eccessi e aperta verso il futuro, cioè nel verso della scrittura, a sinistra.
tratto da:http://yaronapinhas.com/index.php?option=com