C’è da meditare su questo doppio nodo
Colonne ofitiche con doppio nodo gordiano, esterno abside Duomo di Trento 1212
La creazione geme
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 8,18-25)
“Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi.
L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati.
Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.”
Ho sempre amato questo testo tratto dalle lettere di Paolo ai Romani. Nella mia piccola conoscenza delle Scritture l’immagine di questa “Creazione che geme e soffre le doglie del parto” è vicina al mio sentire. Penso che il senso profondo di chi siamo e della nostra umanità, nel rispetto della Natura e della Creazione stessa, si devono compiere anche attraverso questo passaggio fondamentale che stiamo vivendo, proprio ora, qui, in questo fortissimo momento epocale. La strada che porta alla consapevolezza, all’uso dialettico del nostro sentire nell’alternanza di ratio e di pathos potrà far si che l’uomo guardi alla Creazione con occhi antichi e nuovissimi, scopra il senso e l’essenza di questo esistere nell’Anima del mondo e dell’Assoluto. Accosto come è mia consuetudine in questo blog, dove raramente parlo con parole mie, il brano tratto da “Ricordi, sogni , riflessioni di Carl Gustav Jung perchè ci sono assonanze che lo avvicinano al sentire di San Paolo. Vedi post “La quiete dell’eterno principio”
La quiete dell’eterno principio
” Da Nairobi, con una piccola Ford, andammo a visitare gli Athi Plains, una grande riserva di caccia. Da una bassa collina, che si ergeva in quest’ampia savana ci attendeva una vista incomparabile. Fino all’estremo confine dell’orizzonte vedevamo immense mandrie di animali: gazzelle, antilopi, gru, zebre, facoceri, e così via. Pascolando, volgendo qua e là la testa, le mandrie avanzavano lentamente. Non si udiva suono alcuno, tranne il malinconico grido di un uccello da preda. Era la quiete dell’eterno principio, dello stato del non-essere: perché fino allora nessuno era stato lì per riconoscere che era “quel mondo”. Mi allontanai dai miei amici, fino a non vederli più, e assaporai la sensazione di essere completamente solo. eccomi quindi, primo essere umano a riconoscere che quello era il mondo, e questo grazie a quel riconoscimento, allora soltanto era veramente creato. Fu li che mi divenne straordinariamente chiaro il significato cosmico della coscienza. Quod natura relinquit imperfectum, ars perficit. Ciò che la natura ha lasciato imperfetto, lo compie l’arte dicono gli alchimisti. Soltanto io, l’uomo, con un invisibile atto di creazione, ho dato al mondo il compimento, l’esistenza obbiettiva. ”
tratto da: “Ricordi, sogni, riflessioni”,Carl Gustav Jung, BUR saggi Rizzoli 2016, prima edizione 1961
Il deserto
” Mi piace pensare al deserto come un grande fiume senza sponde, ricoperto da un mantello d’oro. Questa coltre dorata custodisce gran parte dei principi etici e sociali vissuti da coloro che praticano le virtù della pazienza, del rispetto per l’altro, della fiducia nella vita e del coraggio di praticare la verità… Questa vita nascosta è come una cisterna di acqua per i giorni di arsura ed è ancora una riserva che va a compensare i sentire di tutti quelli che hanno scordato il valore della vita”
tratto dal diario di Cristina R.
I benefici del fallimento
“…In questo meraviglioso giorno in cui siamo tutti riuniti per celebrare i vostri successi accademici, ho deciso di parlarvi dei benefici del fallimento. E visto che siete sulla soglia di quella che qualche volta è chiamata “vita reale”, voglio celebrare l’importanza cruciale dell’immaginazione.Queste possono sembrare scelte idealiste e paradossali, ma perfavore, abbiate pazienza.
Guardare indietro alla ventunenne che ero quando mi sono laureata è un’esperienza poco piacevole per la 42 enne che sono diventata. A metà della mia vita stavo facendo il bilancio tra le mie ambizioni e ciò che amici e familiari si aspettavano da me.
Ero convinta che l’unica cosa che avrei mai voluto fare fosse scrivere romanzi. Comunque, i miei genitori, che venivano entrambi da esperienze di povertà e non erano andati all’università, consideravano questa mia iperattiva immaginazione come una deliziosa e personale stranezza che non mi avrebbe mai permesso di pagare un mutuo o ricevere una pensione. So che adesso l’ironia è pari a un’incudine di cartone.
Avevano sperato che prendessi un diploma professionale; io volevo studiare Letteratura inglese. Fu raggiunto un compromesso, che in retrospettiva non ha soddisfatto nessuno: iniziai a studiare Lingue Moderne. I miei avevano appena girato l’angolo della strada con la loro macchina che mollai il Tedesco e fuggii precipitosamente per i corridoi degli studi classici.
Non mi ricordo quando dissi ai miei genitori che studiavo Lettere classiche; potevano scoprirlo da soli per la prima volta il giorno della laurea. Di tutti gli argomenti su questo pianeta, penso che siano stati messi a dura prova col nominarne uno meno utile della mitologia greca quando ci si aspetta la consegna delle chiavi del bagno dei dirigenti.
Mi piacerebbe fosse chiaro, tra parentesi, che non biasimo i miei genitori per il loro punto di vista. C’è un limite ad accusare i vostri genitori per avervi spinto nella direzione sbagliata; il momento in cui siete abbastanza vecchi per prendere il timone, la responsabilità tocca a voi. E quel che più conta, non posso criticare i miei genitori per il desiderio di risparmiarmi l’esperienza della povertà. Lo furono loro stessi, e pure io lo sono stata da allora, e sono abbastanza d’accordo con loro che non sia un’esperienza sublime. La povertà comporta paura, e stress, e qualche volta depressione; vuol dire mille piccole umiliazioni e privazioni. Tirarsi fuori dalla povertà con le proprie forze, questo invece è ciò di cui poter essere orgogliosi, ma la povertà stessa è romantica solo per gli stolti.
Ciò che più spaventava la me stessa della vostra età non era la povertà, ma il fallimento.
Alla vostra età, invece di una distinta mancanza di motivazione all’università, dove passavo fin troppo tempo in caffetteria a scrivere storie e troppo poco tempo alle lezioni, avevo un metodo per passsare gli esami, e questo, per anni, è stata la misura di successo per me e i miei compagni.
Non sono tanto apatica da supporre che voi, giovani, di talento e ben istruiti, non abbiate mai conosciuto fallimenti o strazi. Il talento e l’intelligenza non hanno mai inoculato nessuno contro i capricci del fato, e io non penso neanche per un istante che tutti qui abbiano goduto di un’esistenza di tranquilli privilegi e soddisfazioni.
Comunque, il fatto che vi state laureando a Harvard suggerisce che non siete molto esperti di fallimento. Potreste essere guidati dalla paura di fallire quasi quanto dal desiderio di successo. Infatti, la vostra idea di fallimento potrebbe non essere molto lontana da quella della persona media, da quanto in alto voi siete arrivati.
Alla fine tutti noi dobbiamo decidere cosa significa il fallimento per noi, ma il mondo è abbastanza avido da darvi una gamma di criteri se glielo lasciate fare. Quindi penso sia giusto dire che secondo qualsiasi misura convenzionale, circa sette anni dopo la mia laurea, ho fallito miseramente. Un matrimonio di poca durata d’eccezione si è sgretolato, ed ero disoccupata, un genitore single, e povera così come si poteva essere nella Gran Bretagna moderna. Le paure che i miei genitori avevano avuto per me, e quelle che io stessa avevo avuto per me, erano entrambe arrivate, e secondo ogni standard, ero il più grande fallimento che avevo mai visto.
Ora, non starò qui in piedi a dirvi che il fallimento è divertente. Quel periodo della mia vita è stato triste, e non avevo idea che sarebbe stato ciò che la stampa ha rappresentato come un racconto fiabesco di determinazione. Non avevo idea di quanto sarebbe stato lungo questo tunnel, e per molto tempo ogni luce alla fine di esso era una speranza più che una realtà.
Quindi perché parlo dei benefici del fallimento? Semplicemente perché fallire ha voluto dire spogliarsi di ciò che non era necessario. Ho smesso di cercare di far finta di essere qualcosa che non ero, e ho indirizzato tutte le mie energie in ciò che mi importava davvero. Non riuscivo in nient’altro, non ho mai trovato la determinazione di riuscire nell’unico campo a cui credevo davvero di appartenere. Ero libera, poiché la mia più grande paura si era realizzata, ed ero ancora viva, avevo ancora una figlia che adoravo, avevo una macchina da scrivere e una grande idea. E così basi reali diventarono fondamenta solide sulle quali ho ricostruito la mia vita.
Forse non avete mai fallito come ho fallito io, ma qualche fallimento nella vita è inevitabile. È impossibile vivere senza fallire in qualcosa, a meno che non si viva così cautamente da non vivere per niente – e inquel caso fallisci già in partenza.
Il fallimento mi ha dato una sicurezza interiore che non avevo mai avuto superando gli esami. Il fallimento mi ha insegnato cose che non avrei potuto imparare altrimenti. Ho scoperto di avere una forte volontà e più disciplina di quanto pensassi; ho anche scoperto di avere amici il cui valore era inestimabile.
La consapevolezza di essersi rialzati più saggi e più forti dalle cadute significa che sarete, d’ora in poi, sicuri della vostra capacità di sopravvivere. Non conoscerai mai veramente te stesso, o la forza dei vostri rapporti, finché entrambi non verranno testati nelle avversità. Tale conoscenza è un vero dono, per tutto quello che è vinto nel dolore, e questo mi è stato utile molto più di qualsiasi qualifica abbia mai ricevuto.
Avendo una Giratempo, direi alla me ventunenne che la felicità personale consiste nel sapere che la vita non è una lista di cose da acquisire o da raggiungere. Le tue qualifiche, il tuo Curriculum, non sono la tua vita, anche se incontrerai molte persone della mia età o persino più vecchie che confonderanno le due. La vita è difficile, complessa, oltre il controllo di ognuno, ed è l’umiltà di sapere che vi permetterà di sopravvivere alle sua sfide.
tratto da : J.K. ROWLING, IL DISCORSO DI JK A HARVARD,2008, http://www.eateseseirimastoconharry.com/discorso-jk-a-harvard/
Sinceramente alla ricerca
“Apprezzo come non mai le persone intelligenti e per me vuol dire riconoscere la verità delle cose o meglio dei fatti indipendentemente dal proprio credo o dalle personali ideologie politiche, eredità sociali o familiari, vedi l’influenza della famiglia che ci ha cresciuto. L’intelligenza si avvale della propria cultura, non solo, ma nel discernimento oggettivo dei fatti la persona che è sinceramente alla ricerca valuta gli eventi libera.”
tratto dal diario di Cristina R.
Abbi fiducia, perchè tutto ha una sua utilità
“Ora ascoltami bene, non far finta di ascoltare. Porta le orecchie nel cuore. Tutto serve, tutto costruisce. Quando crolla un palazzo sotto i colpi dell’ariete del Destino, quando un tornado distrugge un campo in piena fioritura, i re e i contadini pensano sempre che la Vita abbia esaurito ciò che forse, aveva da dire attraverso di loro. Ma in verità la vita non si esaurisce mai, né in noi né attraverso di noi. Continua a operare come si deve… di rado come noi vorremmo, invariabilmente come é necessario che avvenga. Servire a qualcosa! Ma cos’è, la forza che dice questo dentro di te. Quella che davvero vuol servire da ponte alla luce oppure quella che tenta di assorbire questa luce per farla sua? Desideri dare …ma… decidi di trattenere. Dici alla Vita “ecco prendi!”, ma poi tieni il pugno ben chiuso. Sappi che sei fin dal momento preciso in cui servi, e che servi appieno fin dal momento preciso in cui accetti di essere. E’ così semplice! Significa soltanto “abbi fiducia”, perchè tutto ha una sua utilità: le gioie e i dolori, la stilettata e la carezza. Smetti di dire di sì mentre rimugini…Vivilo! Voi umani avete un ben strano orgoglio: volete avere fronde e fiori ancor prima di aver messo radici profonde nel terreno. Sapete sempre tutto, ma è ben raro che accettiate di sperimentare! Perchè sperimentare significa accettare che qualcosa marcisca dentro di voi. Qualsiasi radice nasce da una decomposizione nel seno dell’oscurità. La Natura invita forse i semi a germinare alla luce del giorno? Lo spirito del Sole semina e chiama, sì, ma è poi il corpo della terra che gli da forma nel suo ventre. Se non ricevi la benedizione di questo grembo, se la rifuiti e ti rivolti, non aspettarti che la via per le alte cime si dischiuda da sè. Servire a qualcosa, non vuol dire servirsi di qualcosa. … “.
tratto da : ” Akhenaton, il folle di Dio”, Daniel Meurois-Givaudan, ed. Amrita, 1998
Mercurio transita in moto retrogrado
“Dal 03 al 23 dicembre 2017 Mercurio transita in moto retrogrado per la terza ed ultima volta (Sagittario, 29°/13°). …. il moto retrogrado che Mercurio adotta tre volte all’anno apre lo spazio ad un atteggiamento riflessivo rispetto al passato, permettendo la comprensione degli attuali risultati raggiunti, quale frutto di precisi eventi precedenti.”
Stefania Gyan Salila
Fonte : http://ashtalan.blogspot.it/2017/12/mercurio-retrogrado-in-sagittario.html
Concetto di completezza originaria di Frank Ostaseski
Fiducia di base nella naturalità degli eventi della vita in costante mutamento ed evoluzione.
Lion
visto da: Pescetta, Corso Santa Anastasia 25/a 37121 Verona 045 596655 www.pescetta.it
Lui
Il Salvator mundi è un dipinto a olio su tavola (66×46 cm) attribuito a Leonardo da Vinci, databile al 1499
Sei nato per questo tempo
“Quando ero piccola al mio paese quelli che Sapevano non lasciavano mai che lo sconforto prendesse il sopravvento nelle loro parole. Conoscevano la capacità dell’arciere di mirare più in alto della meta e non dimenticavano mai di rincuorare, rinforzare. Oggi come ieri ancora portiamo nel Cuore quel canto di Fiducia che non è vuota speranza. E’ la ferma e irremovibile Volontà di restare voltati alla Luce e alla Gioia. E’ sapere nelle ossa che alla fine andrà tutto bene. E che se non va bene è solo perché non è ancora la fine.
Ricorda: tu sei nato per questo tempo!! Se sei qui tu sei nato per questo tempo.”
tratto da un testo di Sara Cabella
Guido RENI – Atalanta e Ippomene 1620-1625
Atalanta e Ippomene Guido Reni 1620–1625, Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.
Il mito racconta che il padre di Atalanta desiderasse un maschio, ed alla nascita di lei, com’era costume in questi casi, la abbandonò sul monte Pelio. Artemide allora inviò un’orsa, che se ne prese cura allattandola e allevandola. Qualche tempo dopo Atalanta fu trovata da un gruppo di cacciatori che la crebbero. La sua propensione per la caccia si manifestò presto quando affrontò e uccise con l’arco i centauri Ileo e Reco che avevano tentato di stuprarla. In seguito chiese di far parte degli Argonauti, ma Giasone, che temeva la presenza di una donna sulla nave Argo, rifiutò. Altra prova di destrezza nella caccia Atalanta la diede partecipando alla battuta per la cattura del cinghiale calidonio che riuscì a ferire per prima. Meleagro, in segno di onore, le fece dono della pelle della preda. L’eco dell’impresa la rese famosa tanto che il padre infine la riconobbe. Le insistenze del padre affinché si sposasse incontrarono la sua contrarietà: infatti un oracolo le aveva predetto che, una volta sposata, avrebbe perduto le sue abilità. Atalanta, per accontentare il padre, sicura dei propri mezzi, promise di sposarsi solo con chi l’avesse battuta in una gara di corsa. La posta era altissima: ciascun pretendente che non ne fosse uscito vincitore, sarebbe stato ucciso. Nessuno riuscì a batterla finché non arrivò Melanione (o Ippomene) che, profondamente innamorato, volle cimentarsi nella rischiosissima impresa chiedendo aiuto ad Afrodite. La dea diede allora a Melanione tre mele d’oro tratte dal Giardino delle Esperidi ed egli, seguendone il consiglio, lasciò che cadessero una a una durante la corsa. Atalanta ne risultò irresistibilmente attratta e si fermò ogni volta a raccoglierle perdendo così terreno prezioso e, infine, la gara stessa. Tempo dopo i due sposi incorsero nelle ire di Afrodite, offesa per averli scoperti ad amarsi in un tempio dedicato a Cibele. Per punirli decise di trasformarli in leoni perché i greci ritenevano che i leoni non si accoppiassero tra loro. Secondo alcune leggende, Atalanta era madre di Partenopeo, avuto da Meleagro o da Melanione. Atalanta veniva descritta come provocante ma fermamente virtuosa. Cacciatrice infaticabile, venne talvolta assimilata ad Artemide.
Il posto del cuore
PAPER, Corso Sant’Anastasia, 40, 37121 Verona, Telefono: 045 464 5667