Da ascoltare “Come l’uomo puo’ capire il male” di Sergio Givone
Non era l’allodola, era l’usignolo che trafisse il tuo orecchio timoroso
[III. v.]
Entrano ROMEO e GIULIETTA, in alto, al balcone
GIULIETTA
Vuoi andare già via? Ancora è lontano il giorno:
non era l’allodola, era l’usignolo
che trafisse il tuo orecchio timoroso:
canta ogni notte laggiù dal melograno;
credimi, amore, era l’usignolo.
ROMEO Era l’allodola, messaggera dell’alba,
non l’usignolo. Guarda, amore, la luce invidiosa
a strisce orla le nubi che si sciolgono a oriente;
le candele della notte non ardono più e il giorno
in punta di piedi si sporge felice dalle cime
nebbiose dei monti. Devo andare: è la vita,
o restare e morire.
GIULIETTA Quel chiarore laggiù
non è la luce del giorno, lo so: è una meteora
che si libera per te dal sole questa notte,
la torcia per farti lume sulla via di Mantova;
dunque rimani ancora, c’è tempo per andare.
ROMEO Mi prendano pure, sarà certo la morte,
ma sono felice se tu vuoi così. E dirò, allora,
che là, quel grigio non è l’occhio del mattino
ma il fioco riverbero della fronte di Cinzia;
che non è l’allodola a battere la volta
del cielo, così alta su noi. Io voglio restare,
non veglio più partire: vieni, o morte,
sarai la benvenuta! Vuole così Giulietta.
Che c’c, anima mia? Parliamo, non è giorno.
GIULIETTA E giorno, è giorno: dunque, presto, va’ via!
È l’allodola che canta fuori tono
forzando su dissonanze e aspri acuti.
Dicono che l’allodola divida con dolcezza
ogni accordo: questa non ci divide con dolcezza;
e ancora, che l’allodola e il rospo ripugnante
abbiano scambiato i loro occhi:
così avessero fatto anche della voce,
poi che quella voce lotta il nostro abbraccio,
perché ti caccia da me, col suo richiamo al giorno.
Oh, va’, ora, va’; si fa sempre più luce.
ROMEO Sempre più luce! Sempre oscura di più la nostra pena!
tratto da:”Romeo e Giulietta” Shakespeare, atto III, scena V
Segni numinosi
” E tu cantami ora , casta diva,
la trama della vita che s’impiglia
nei tuoi riflessi, fa che sopravviva
in me la quotidiana meraviglia
rosa d’inverno, luce che germoglia
da quei cocci aguzzi di bottiglia.
O padre, guarda, sono foglia
che sente la stagione più temuta
avvicinarsi diventare spoglia
ogni parola che sarà perduta
preghiere nomi versi, risonanze
di questa voce fioca che tramuta
in segni numinosi di speranze.
Qui notte dopo notte si tramanda
la luce della luna. Nelle stanze
al ritmo di un’antica sarabanda
le anime volteggiano, danziamo
corpi celesti, fiori di ghirlanda
nella penombra dove consumiamo
l’attesa che l’allodola ritorni
risponda finalmente al mio richiamo. “
tratto da “Q. e l’allodola.”, Vincenzo Mascolo, ed. Mursia, 2018
Il metodo corretto per usare se stessi
“Sono convinto che non ci sia nessuna differenza essenziale tra il cosiddetto genio e tutti gli altri, tranne che il “genio” scopre il metodo corretto per usare se stesso, a volte per circostanze fortunate, ma più spesso perché lo ha cercato. Una volta trovato questo metodo e presentato chiaramente il nuovo schema, molti altri possono fare altrettanto bene, e spesso meglio di colui che lo ha inventato. … Non esiste un genio che non sia stato superato dai suoi seguaci. Una volta che sia stato reso noto un metodo migliore per usare se stessi (che sia nel pensare, fare giochi di prestigio, nuotare e recitare), ci saranno moltissime persone capaci di uguagliare o perfino sorpassare chi l’aveva scoperto. Ciò dimostra che gli elementi necessari alla scoperta sono latenti in ciascuno di noi: l’individuo geniale ha solo proposto lo schema che coordina in un tutto unico questi elementi. In altre parole, ciò che generalmente ci manca è il metodo per usare noi stessi e la spinta per farlo. Questa distinzione è molto importante perché, se non possiamo fare nulla per l’ereditarietà, possiamo fare molto per migliorare il metodo con cui usiamo noi stessi al fine di liberare lo spirito creativo.”
tratto da:” L’Io Potente. Uno studio sulla spontaneità e la compulsione.”, Moshe Feldenkrais, ed. Astrolabio, 1985
Scala per il Paradiso
C’è una donna che è sicura
Che sia tutto oro ciò che luccica
E sta comprando la scala verso il Paradiso.
Sa che quando vi giungerà
Se i tutti negozi saranno chiusi
Le basterà una parola per ottenere ciò che vuole.
Sta comprando una scala verso il Paradiso.
C’è un segno sul muro
Ma lei vuole essere sicura
Perché sai com’è, le parole possono avere due significati.
Su un albero accanto al ruscello
C’è un canarino che canta,
Certe volte tutti i nostri pensieri vengono fraintesi.
E mi domando…
C’è una sensazione che provo
Quando guardo verso occidente
E la mia anima si dispera per la dipartita.
Nei miei pensieri ho visto
Anelli di fumo fra gli alberi
E le voci di coloro che stavano a guardare.
Ohh, e mi domando…
E si mormora che presto
Se noi tutti intoneremo la melodia
Il pifferaio ci condurrà alla ragione.
E sorgerà un nuovo giorno
Per coloro che aspettano da tempo,
E le foreste riecheggeranno di risate.
Se senti trambusto nella tua siepe
Non allarmarti,
Sono solo le pulizie di primavera per la festa di Maggio.
Si, puoi percorrere due sentieri,
Ma a lungo andare
C’è sempre tempo per cambiare strada.
E mi domando…
Nella tua testa senti un brusio che non se ne andrà,
E nel caso non abbia capito
E’ il pifferaio che ti chiama per unirti a lui.
Gentile signora, non sente il vento soffiare?
E sapeva che
La sua scala giace nel vento sussurrante?
E mentre scendevamo lungo la strada
Con le nostre ombre più in alto delle nostre anime
Ecco arrivare una signora che conosciamo tutti
Che brilla di luce e vuol dimostrare
Come tutto alla fine si tramuti in oro.
E se ascolti molto bene
La melodia giungerà a te alla fine.
Quando tutti sono uno uno è tutti
Essere una pietra che non rotola.
E sta comprando una scala per il Paradiso.
Writer(s): PAGE JAMES, PATRICK PLANT 1971
Edouard Manet, Donna con Brocca 1858-60
Gauguin e gli Impressionisti
Capolavori dalla Collezione Ordrupgaard a Padova, Palazzo Zabarella
29 settembre 2018 – 27 gennaio 2019
Mostra a cura di Anne-Birgitte Fonsmark
La mostra è organizzata da Ordrupgaard, Copenaghen, Fondazione Bano Comune di Padova
In esclusiva per l’Italia, a Palazzo Zabarella i tesori francesi del Museo danese di Ordrupgaard
Dipinti, o più correttamente capolavori, di Cézanne, Degas, Gauguin, Manet, Monet, Berthe Morisot, Renoir, Matisse sono proposti in Gauguin e gli Impressionisti. Capolavori dalla Collezione Ordrupgaard, dal 29 settembre 2018 al 27 gennaio 2019, a Palazzo Zabarella. La Fondazione Bano e il Comune di Padova sono entrati, unici per l’Italia, nel pool di quattro grandi sedi mondiali selezionate ad accogliere la celebre Collezione danese, eccezionalmente disponibile per il completo rinnovo del Museo che ad essa è dedicato a Copenaghen. In questi mesi la mostra Gauguin e gli Impressionisti è in corso alla National Gallery of Canada, per raggiungere quindi l’Italia, in Palazzo Zabarella e concludersi in una sede svizzera, prima di rientrare definitivamente all’Ordrupgaard Museum, a nord di Copenaghen. Gauguin e gli Impressionisti. Capolavori dalla Collezione Ordrupgaard consentirà al pubblico italiano di ammirare una strepitosa selezione di opere, il fior fiore della Collezione creata ai primi del Novecento dal banchiere, assicuratore, Consigliere di Stato e filantropo Wilhelm Hansen e da sua moglie Henny. Collezione che è considerata oggi una delle più belle raccolte europee di arte impressionista. E che, all’indomani del primo conflitto mondiale veniva valutata come « senza rivali nel nord Europa ».
tratto da:http://www.zabarella.it/mostre/gauguin-e-gli-impressionisti/
In principio erat Verbum
In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in principio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil, quod factum est; in ipso vita erat, et vita erat lux hominum, et lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt.
Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Ioannes; hic venit in testimonium, ut testimonium perhiberet de lumine, ut omnes crederent per illum.
Non erat ille lux, sed ut testimonium perhiberet de lumine. Erat lux vera, quae illuminat omnem hominem, veniens in mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognovit. In propria venit, et sui eum non receperunt. Quotquot autem acceperunt eum, dedit eis potestatem filios Dei fieri, his, qui credunt in nomine eius, qui non ex sanguinibus neque ex voluntate carnis neque ex voluntate viri, sed ex Deo nati sunt. Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis; et vidimus gloriam eius, gloriam quasi Unigeniti a Patre, plenum gratiae et veritatis..
tratto da: “Vangelo secondo Giovanni”, 1-14
Un nucleo preverbale
…” a tutto l’invisibile in cui credo può dare forma solo la parola, in lei si manifesta la poesia, e dunque non è altro che un linguaggio, come Raboni aveva teorizzato, ma non nell’eccezione del Tractatus, ovvero la raffigurazione logica del mondo, per Wittgenstein l’identità con il pensiero che esprime con le sue proposizioni i fatti di cui il mondo si compone, lo so, Queneau, il linguaggio si avvale del pensiero razionale, ma mi auguro tu possa convenire che c’è un’origine, una fonte e la sorgente è un nucleo preverbale permeato dalla trama del mistero che lega insieme tutto l’esistente e partecipa alla formazione del linguaggio, natura naturante di poesia, e si potrebbe quindi definire il linguaggio poetico la rappresentazione dinamica del mondo, un moto dell’irrazionale che nel suo evolversi costante confluisce nell’esperienza sensibile aprendo nuovi varchi e generando un’altra visione del reale,….”
tratto da:”Q. e l’allodola.” di Vincenzo Mascolo, ed. Mursia, Argani 2018
La cappella di Sean Godsell
Realizzate sull’Isola di San Giorgio Maggiore, celebre per la basilica omonima progettata da Andrea Palladio, le cappelle costituiscono nel loro insieme il Padiglione del Vaticano alla Biennale 2018. Il padiglione, curato da Franceso Dal Co e intitolato Vatican Chapels, risponde al tema scelto da Grafton Architects per l’ edizione di quest’anno – incentrato sugli spazi pubblici liberi – realizzando dieci piccole cappelle temporanee immerse in un bosco.
Lo spazio divino: la cappella di Sean Godsell
Realizzate sull’Isola di San Giorgio Maggiore, celebre per la basilica omonima progettata da Andrea Palladio, le cappelle costituiscono nel loro insieme il Padiglione del Vaticano alla Biennale 2018. Il padiglione, curato da Franceso Dal Co e intitolato Vatican Chapels, risponde al tema scelto da Grafton Architects per l’ edizione di quest’anno – incentrato sugli spazi pubblici liberi – realizzando dieci piccole cappelle temporanee immerse in un bosco.
La cappella di Sean Godsell
Ogni volta che creiamo…
“Aldilà è tutto ciò che si apre al di là di ciò che sappiamo sapere, ciò che sappiamo di volere, di ciò che sappiamo di essere – e che non è ciò che veramente sappiamo, e che vogliamo, e che siamo. Entriamo nell’aldilà non soltanto durante certe esperienze “spirituali”, estatiche, ma anche ogni volta che creiamo, ogni volta che compiamo una scoperta, ogni volta che ci capita una precognizione, addirittura ogni volta che prendiamo sul serio un sogno: e, ogni volta, in chi entra nell’aldilà un periodo della vita finisce e si ha un nuovo inizio di tutto; ciascuno di questi ingressi diventa, cioè, una soglia e poi un tragitto iniziatico, e richiede perciò le stesse indicazioni e cautele e attenzioni segnalate nel corso dei millenni nei racconti di eroi, profeti, sciamani che scelsero di affrontare per proprio conto l’esigenza di iniziazione. …”
tratto da: “Le porte dell’immaginazione”, Igor Sibaldi, giugno 2018
La presenza è li in assenza di “te”
J: Tutto viene registrato. Senza sforzo. Pensiamo di essere noi a udire, vedere, respirare. In realtà tutto questo sta semplicemente succedendo, con facilità e senza sforzo. Esiste un’intelligenza qui che è totalmente al di là della mente. La mente non ha nessuna speranza di poterla afferrare. E’ ciò che fa battere il cuore. Ciò che respira. … E la cosa più difficile da sentirsi dire è che il corpo non ha bisogno di noi. Al corpo non occorre la nostra ricerca o sofferenza o identità. Funziona senza alcuno sforzo senza di noi. Sentire di essere irrilevante, assente, è la cosa più difficile per chi rimane attaccato agli insegnamenti ricevuti e al gioco del diventare qualcuno. Eppure non si tratta di un’assenza fredda, morta distaccata. E’ un’assenza estremamente viva piena. E’ un ‘assenza piena di tutto quello che sta succedendo. In realtà, quell’assenza è presenza perfetta. Per questo parliamo dell’essere presenti, dell’essere nell’adesso . Ma quando sei totalmente presente “tu” non ci sei. Quindi in realtà “tu” non puoi essere presente. Non è qualcosa che puoi fare. La presenza è lì in assenza di “te”.
tratto da Intervista a Jeff Foster, “La meraviglia dell’essere” in “Conversazioni sulla non dualità. Quattordici storie di risveglio. ANTIPODI EDIZIONI 2018, pg. 43