Dello stesso autore

0:50 / 7:17 Chet Baker & Paul Bley -Diane ” If I should lose you ” Ph R. Dumas Chet & Diane Vavre, Rennes ’87

Jera

Jera è una runa molto dinamica, così tanto che se non avesse la seguente, Eihwaz, per ancorarla, potrebbe dislocarsi totalmente. Così la dodicesima e tredicesima runa si riuniscono per formare il Fylfot tradizionale che i tibetani chiameranno dorje e gli indù svastika. Ha la forma di due rune che si compenetrano e si completano per fornire ancora più creatività a qualcuno o dare maggiore forza a un’azione; essa è la runa per eccellenza del solstizio d’inverno – Natale per i cattolici – d’altronde è chiamata Jul, come la festa del solstizio che si chiama Jule. Jera è la dodicesima runa come sono 12 i mesi dell’anno, e il periodo solstiziale di Jul dura 12 giorni, che in nuce si presume siano presagi di ciò che daranno i 12 mesi a venire: quel periodo è fondamentale per i popoli europei, poiché tutto il simbolismo di Natale e della natività ne deriva. 

E’ un periodo di congiunzione fra il mondo dei morti e il nostro, poiché dopo il 1° di novembre, data della Samhain, essi tornano a trovarci: è anche la notte più lunga dell’anno e in quell’occasione il dio Wotan percorre i cieli scortato dalla Caccia selvaggia. E’ un periodo di rinnovamento e rinascita, dove il ciclo sacro ricomincia, favorevole per cominciare cose nuove all’esterno, lanciarsi in nuove imprese o avviare un lavoro interiore: i solstizi sono punti di passaggio e la fase ascendente del Sole durante i primi mesi dell’anno può essere paragonata alla fase ascendente della Luna durante la metà di un mese: è un periodo di espansione di sé e del proprio campo di coscienza, mentre l’abbassamento della luce è più propizio a un lavoro di “immagazzinamento”, di consolidamento delle esperienze e al tempo stesso si tratta di una fase di morte iniziatica, aiutando ad espellere, alla fine dell’anno, tutto ciò che non si vuole più, sbarazzandosi dei demoni e delle malattie, purificando tutto. In magia Jera usata nel senso della corsa del Sole provoca un’accelerazione, mentre, in senso inverso, un rallentamento: è una runa di pace, prosperità e liberazione

Dopo la profonda comprensione che l’intima natura della realtà è il vuoto, ora si può tornare a vivere con una nuova consapevolezza, si può riprendere un nuovo ciclo, attraverso la vita, la morte diventa una amica, una fedele alleata, non c’è niente di più vitale della consapevolezza della morte.
Avendo accettato la morte del nostro corpo possiamo cominciare a intravedere la nostra anima e la sua immortalità, il seme sepolto nella terra germoglierà a primavera e darà frutto in estate.
Jera significa un anno e ci dice non solo che tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine, in un ciclo eterno, e che ogni essere vivente è partecipe di questa ciclicità.

tratto da:https://runelore.it/le-rune-significato/jera.html

Una nuova prospettiva

“Ogni cambiamento accade quando siamo capaci di raggiungere un più elevato punto di osservazione dal quale vedere il mondo con una prospettiva più ampia. Come un pesce che può veder l’acqua per la prima volta quando salta sopra la superficie, ottenere una nuova prospettiva richiede un distaccarci da qualcosa in cui eravamo precedentemente avvolti. …
Quando siamo fusi con il nostro ego, siamo portati a prendere decisioni influenzate da fattori esterni, quali ad esempio ciò che penseranno gli altri, oppure gli obbiettivi che possono esser raggiunti. Nella prospettiva Rosso-Impulsiva una buona decisone è tale se permette di ottenere ciò che voglio. In quella Ambrata-Conformista le decisioni sono orientate al rispetto delle norme sociali: una decisone che esula da ciò che la famiglia, la religione o la classe sociale considera legittimo è fonte di senso di colpa e vergogna. Nel paradigma Arancione-Risultati, il punto di riferimento per la presa di decisioni è rappresentato dall’efficacia e dal successo. Nello stadio Verde-Pluralistico, le scelte vengono influenzate dai criteri di appartenenza e armonia. Nella prospettiva Teal-Evolutiva, il processo decisionale passa da parametri esterni a parametri interni. Si è ora guidati da una domanda di correttezza profonda: questa decisone è giusta? Sono coerente con me stesso? La mia scelta è in linea con la mia chiamata personale? Mi sto mettendo al servizio del mondo? Con meno paure dettate dall’ego, siamo in grado di prendere decisioni che potrebbero sembrare rischiose, dove non è possibile pesare tutti i possibili risultati, ma che risuonano con profonde convinzioni interiori. Sviluppiamo una sensibilità per le situazioni che non ci fanno sentire a nostro agio, che ci impongono di alzare la voce e agire, anche in presenza di opposizione o con probabilità di successo apparentemente basse, in nome di un senso di integrità e autenticità. Riconoscimento, successo, ricchezza e senso di appartenenza sono visti come esperienze gradevoli ma anche come trappole tentatrici dell’ego. In contrasto con i precedenti stadi, qui l’ordine è inverso: non perseguiamo riconoscimento, successo, ricchezza e appartenenza per vivere una buona vita. Aspiriamo a una vita ben vissuta e la conseguenza potrebbe semplicemente essere riconoscimento, successo, ricchezza e amore. … Nel Teal il nostro viaggio verso la correttezza interiore ci spinge a ricercare chi siamo e qual è la nostra missione nella vita. L’obbiettivo principale nella vita non è avere successo o essere amati, ma diventare la più fedele espressione di sé, vivere in modo autentico, onorare le nostre chiamate e i nostri doni alla nascita, essere al servizio dell’umanità e del nostro mondo. Nel Teal, la vita è vista come un viaggio di scoperta personale e collettiva verso la nostra vera natura. E’ una specie di rivoluzione copernicana in un’era in cui si sostiene che possiamo diventare ciò che vogliamo solo se ci crediamo intensamente. Se “diventiamo Teal”, invece di porci degli obbiettivi per la nostra vita, dettandole la direzione che dovrebbe prendere, impariamo a lasciar andare e ad ascoltare la vita che vuole essere vissuta attraverso di noi. …. Molte persone che passano per questo stadio iniziano pratiche come la meditazione, la concentrazione, le arti marziali, lo yoga o semplicemente camminano nella natura per trovare uno spazio di quiete che consenta alla voce interiore dell’anima di esprimere la sua verità e la sua direzione: gli individui che vivono con questa prospettiva e si connettono con un più profondo senso del loro proposito possono diventare meno timorosi nel perseguire la loro chiamata. Con l’ego sotto controllo, non temono il fallimento quanto piuttosto la rinuncia a provare. … ”

tratto da: “Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana.”, di Frederic Laloux, Editore Guerini Next, novembre 2016

Les Jours Tristes

67.

L’amore sconfigge tutti i nemici, rende invincibili.

Quando il cielo vuole proteggere qualcuno,

manda forse un esercito?

No, lo protegge con l’amore.

“la Saggezza del Tao” Wayne W. Dyer  ed.Corbaccio

infinito divenire

“Come un mare infinito che conosce se stesso, senza sapere di conoscersi, in tanti punti separati in cui si davano conoscente e conosciuto, perché non conoscenza se non c’è un conosciuto, ma senza sapere di sé. Ad un certo punto, da questo mare di conoscenze parcellari, l’energia En-Sof, che è la dinamica stessa dell’infinito divenire, salta su di sé, contempla queste conoscenze e tutte queste conoscenze parcellizzate si riuniscono in un punto, poiché sono tutte uguali, conoscente-conosciuto, proprio perché, essendo appunto tutte uguali, si sintetizzano in un conoscente e in un conosciuto; da qui nasce poi, quando si riseparano l’intero universo, e ha origine il big bang. (En-Sof possiamo per così dire, considerarlo ancora entro quei 10 alla meno 43 secondi da cui è scaturito l’universo9.

Tratto da: “L’ultima mutazione. Biogenesi e oltre”, Fabrizio Raggi ed. Zephyro Edizioni 2016

Vele su Venezia

On The Nature Of Daylight

L’Io e il Noi

“l’Io nel Vangelo, è il vero protagonista. E il suo vero antagonista è un Noi, che sempre gli si contrappone. Il vangelo è veramente la narrazione epica del duello tra queste due diverse dimensioni dell’identità umana:  l’Io si impersona in Gesù, e il Noi in vari gruppi, più o meno compatti e forti – I farisei, i giudei, i sommi sacerdoti, i fratelli di Gesù, le guardie del Tempio, i soldati, la folla, gli stessi discepoli. Ed è un duello che si combatte sempre e da sempre nella vita di ogni individuo, e il cui esito è in ogni istante in sospeso. In ogni istante a ognuno tocca scegliere, spiega Gesù: o con l’Io, o con il Noi. Tra l’Io e il Noi non può infatti esservi accordo, e nemmeno comunicazione.   …L’Io è, secondo Gesù, un principio di identità umano e divino al tempo stesso: è in ognuno, è la piena coscienza che un uomo può avere di sé, e Dio, dice Gesù, ne è il Padre e la guida in ogni istante, se l’uomo ha il coraggio di accorgersene. Il Noi è invece un prodotto di questo mondo, ed è un altro principio di identità. Gli uomini entrano in un Noi, e diventano il Noi, quando abbandonano l’identità dell’Io: non osano esserla, ne hanno come paura, vertigine, e per paura e per vertigine si fondono nel Noi, per ripararsi in esso. I Noi in cui ci si può fondere sono molti – la nazione, la razza, la Chiesa, la famiglia, l’azienda, il partito – e costituiscono sempre, in ogni epoca, in strutture gerarchiche, in cui i Noi meno autorevoli si volgono e si sottomettono ai Noi di maggior prestigio. E’ una realtà che ciascuno può facilmente verificare nella propria esistenza quotidiana. Altrettanto facilmente ci si può accorgere di come un Noi, grande o piccolo che sia, chi al Noi si adegua e vuol partecipare si senta indosso una maschera di comportamenti che gli impediscono di essere davvero se stesso. Non solo l’Io, infatti, viene escluso dal Noi, come ripete e mostra Gesù nel Vangelo, ma chiunque voglia esser se stesso diventa per il Noi un elemento di disturbo.”

Tratto da: “Il codice segreto del Vangelo”, Igor Sibaldi, ed. PICKWICK ed. PICKWICK

Albrecht Dürer, “Ala sinistra di un blu Roller” (c.1500 o 1512)

. Acquerello e guazzo su pergamena, con biacca. Misure: pollici 7 11/16 × 7 7/8; (incorniciato): 19 3/16 × 19 7/16 × 2 5/8 pollici. Albertina, Vienna

Albrecht Dürer: Masterpieces at the Albertina

io ringraziare desidero mariangela gualtieri

Io Sono L’Altro

Vele

La quinta camera

“Vi sono migliaia e migliaia di cellule celebrali, ciascuna indipendente dall’altra, che cercano di collegarsi con l’epifisi e perciò con la mente. Grazie alla mente, ci è chiarita la comprensione delle cellule in questione. Come risultato abbiamo la conoscenza e la realizzazione, perché laddove il collegamento fra le cellule e l’epifisi è normale, lo stato animico o psichico nella prima camera anteriore del cuore diviene più potente, fino a che la mente fa il collegamento per mezzo dei nervi simpatici. E quando le cellule si collegano e si espandono sempre più, la parte spirituale del nostro essere cresce. Tutto questo tessuto di cellule diviene gra dualmente meno materiale, più intelligente, più etereo. Non solo sentiamo come esseri umani, ma percepiamo ciò che ci circonda, sentiamo le leggi della natura. Sentiamo le possibilità di questa natura nella terra, nell’acqua, nell’aria, nel fuoco. E di conseguenza la realizzazione e la coscienza della vita si sviluppano. Lo spirituale cresce, e come risultato noi acquisiamo il controllo su quella scintilla divina che illumina e anima il nostro essere. Questo avviene nella terza camera. Infine raggiungiamo quella cella senza aria nella quinta camera, o Zurvan Akarana (tempo infinito), lo stato di perennità o mancanza d’aria in cui diventiamo consapevoli dell’intelligenza che costituisce l’individualità, l’ego, l’atomo divino dell’essere, in cui ci sentiamo sempre più consapevoli di noi stessi.”

tratto da Ever-creative Thought, dottor Hanish London 1933 trovato citato in “L’insegnamento di G.I.Gurdjieff e le sue origini.”, Alessandro Boella, edizioni Tlon 2019

Una vibrazione estremante sottile

“La gioia è un elemento, come l’aria e il fuoco, una vibrazione estremamente sottile ma eternamente presente in ogni cosa e in ogni essere, che ci avvolge e ci penetra, e che abbiamo diritto di captare, per selezione come gli apparecchi radio captano alcune onde invece di altre. Essa non è ideale, mentale, emotiva o poetica: è concreta, è una vibrazione, una corrente che nutre tutte le altre correnti, fisiche, affettive, intellettuali, spirituali, vicine alla fonte unica di ogni realtà. E’ la “corrente” grazie alla quale vivono gli esseri e i mondi. Si tratta di sentirla passare. Non occorre di più: sentir passare la corrente, o più esattamente prendere coscienza del suo passaggio. E’ tutto qui. Dal momento in cui la si è sentita, si è collegati e si può intensificare il flusso in sé in mille modi. Troppo sovente dimentichiamo la gioia, anche se viviamo di essa. Moriremmo all’istante se ne fossimo privati, ma non la riconosciamo quando arriva. Generalmente le resistiamo e le preferiamo il suo esatto contrario: il piacere; preferiamo i nostri limiti ( mentali, fisici, ecc.) al suo essere infinito. Desiderare la gioia non ha non ha nulla a che vedere con la fede: un cristiano non è più capace di desiderarla di un ateo, ma dipende da quanto “dista” un essere umano dal proprio “centro”. La gioia è l’unico contenuto dell’istante presente: per questo motivo, per riuscire a percepirla, è necessario vietarsi di vivere nei ricordi e nei rimpianti, o nei progetti e nelle attese. … Una volta trovato “il segreto dello stato”, si è salvi: Si tratta solo di ritrovarlo il più sovente possibile, padroneggiare il metodo, poi, dopo avere richiamato quello stato, mantenerlo, prima in silenzio, poi con gli occhi aperti e in piena attività. Il procedimento s’innesca come in una pompa: dopo lo slancio dell’avvio, va da sola, e trova il proprio carburante nello spazio. La gioia è anche nel respiro, all’interno del respiro. Questa parte interna del respiro non è astratta, ma concreta: per percepirla occorre sviluppare, tranquillamente e pazientemente, un senso nuovo. Una volta captata , anche se debolmente, a goccia a goccia, la gioia si diffonde e si stabilisce in noi.”

“tratto da: “L’insegnamento di G.I. GurdJieff e le sue origini”, di A.Boella e A. Galli ed: Radici

La conoscenza è esperienza e non formula

“La gente non è iniziata alla idee cosmiche né al modo di risvegliare in sé una coscienza più vivida. Per quanto facciate non riuscirete mai a risvegliare completamente la massa degli esseri umani. Essi non possono essere coscienti più di tanto: ecco perché si devono dar loro dei simboli, dei riti e dei gesti che colmino al massimo i loro corpi di vita. Di più sarebbe fatale. La conoscenza reale quindi deve essere loro preclusa, per timore che conoscendo le formule senza aver vissuto l’esperienza che vi corrisponde, divengano insolenti ed empi, credendo di avere tutta la conoscenza mentre ne possiedono una vuota caricatura. La conoscenza esoterica sarà sempre esoterica; poiché la conoscenza è esperienza, e non formula. Ma è dissennato rivelare la formula. Una scarsa conoscenza è una cosa pericolosa. Nessuna epoca lo dimostra più della nostra.”

tratto da:” Etruscan Place”, D.H.Lawrence citato in “L’insegnamento di G.I. Gurdjieff e ele sue origini”, A.Boella e A. Galli, ed. Radici 2013, 2019

Quando il tuono

“Quando il tuono, la forza elettrica, all’inizio dell’estate erompe di nuovo sonoro dalla terra e il primo temporale rinfresca la natura, una lunga tensione si scioglie. Sopraggiungono sollievo e gioia. Allo esso modo la musica ha il potere di sciogliere la tensione del cuore, la violenza degli oscuri sentimenti. Il fervore del cuore si manifesta spontaneamente nel canto improvviso, in danze e ritmici movimenti del corpo. Fin dall’antichità l’azione inebriante del suono invisibile, che muove e unisce i cuori degli uomini, fu sentita come un mistero. I sovrani utilizzarono questa inclinazione naturale per la musica, le diedero dignità e ordine. La musica era considerata una cosa solenne, sacra, atta purificare i sentimenti degli uomini. Doveva esaltare le virtù degli eroi e gettare così un ponte verso il mondo invisibile. Nel tempio ci si accostava a Dio con musica e pantomime (dalle quali più tardi nacque il teatro). I sentimenti religiosi rivolti verso il creatore dell’universo si univano con i più sacri sentimenti umani, quelli del timore reverenziale per gli avi. Questi erano invitati alle funzioni sacre come ospiti del Signore del Cielo e rappresentanti dell’umanità in quelle regioni superiori. Nel collegare così il proprio passato con la divinità in solenni momenti di fervore religioso si saldava il vincolo fra divinità e umanità. Il sovrano adorando la divinità nei suoi avi, diventava figlio del Cielo: in lui il mondo celeste entrava in contatto mistico con quello terreno. Questi pensieri sono l’ultimo e supremo compendio della cultura cinese. Lo stesso Confucio disse del grande sacrificio durante il quale si compivano questi riti: ” Chi comprendesse interamente questo sacrificio potrebbe governare il mondo come se questi ruotasse sulla sua mano. “… “

tratto da: ” I Ching. Il libro dei Mutamenti.”, a cura di Richard Wilheim prefazione di C.G.Jung Gli Adelphi pg. 114. 16. Il Fervore