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Visioni ghoetiane all’arrivo in Italia

11 settembre, sera
Eccomi a Rovereto, punto divisorio della lingua; più a nord si oscilla ancora fra il tedesco e l’italiano. Qui per la prima volta ho trovato un postiglione italiano autentico; il locandiere non parla tedesco, e io devo porre alla prova le mie capacità linguistiche. Come sono contento che questa lingua amata diventi ormai la lingua viva, la lingua dell’uso!
Torbole, 12 settembre, dopo pranzo
Quanto vorrei che i miei amici fossero per un attimo accanto a me e potessero godere della vista che mi sta dinanzi! Stasera avrei potuto raggiungere Verona, ma mi sarei lasciato sfuggire una meraviglia della natura, uno spettacolo incantevole, il lago di Garda; non ho voluto perderlo, e sono stato magnificamente ricompensato di tale diversione. Poco dopo le cinque partii da Rovereto e presi per una valle laterale, le cui acque scendono all’Adige. Quando si arriva in cima, si vede sporgere da dietro un enorme sbarramento roccioso, che bisogna oltrepassare per scendere al lago. Qui ho visto bellissime rocce calcaree per uno studio di pittura. Giunti in basso, si trova un paesello affacciato all’estremità settentrionale del lago con un piccolo porto, o per meglio dire un approdo, chiamato Torbole. Lungo il cammino gli alberi di fico mi avevano già tenuto spesso compagnia, e quando scesi giù per l’anfiteatro di roccia trovai i primi ulivi carichi di olive. Qui incontrai anche per la prima volta, come frutto ordinario, i piccoli fichi bianchi che mi aveva promesso la contessa Lanthieri. Dalla stanza dove mi trovo una porta conduce al cortile sottostante; vi ho spinto davanti la tavola e ho disegnato a grandi linee il panorama. Si vede il lago per quasi tutta la sua lunghezza; solo in fondo a sinistra esso si sottrae al nostro sguardo. Ambedue le rive, incassate fra colline e montagne, risplendono di innumerevoli piccoli paesi. Dopo la mezzanotte il vento soffia da nord verso sud; perciò, chi vuole discendere il lago deve partire a quell’ora, poiché i venti cambiano direzione qualche ora prima del sorgere del sole e soffiano verso nord. Adesso, di pomeriggio, il vento mi spira decisamente all’incontro e attenua gradevolmente la vampa del sole. Nello stesso momento il Volkmann m’informa che questo lago un tempo si chiamava Benacus, e cita un verso di Virgilio che lo ricorda: Fluctibus et fremitu resonans Benace marino.
E’ il primo verso latino il cui contenuto mi stia vivo davanti agli occhi; e nel momento che il vento diventa sempre più forte e il lago batte l’approdo con onde sempre più alte, è vero ancor oggi come tanti secoli fa. Molte cose sono cambiate, ma il vento agita ancora il lago, e lo spettacolo che si gode è ancor sempre nobilitato da un verso di Virgilio. Scritto al quarantacinquesimo grado e cinquanta minuti primi di latitudine.

Sono andato a passeggio nella frescura serale, ed è proprio un paese nuovo, un ambiente affatto diverso quello in cui mi trovo adesso. La gente vive una vita rilassata, noncurante: prima di tutto le porte non hanno serrature, ma l’oste mi assicurò che potevo star tranquillo, anche se tutto il mio bagaglio fosse consistito di diamanti; in secondo luogo le finestre sono chiuse da carta oleata anzichè da vetri; infine manca una comodità molto importante, dimodochè si è abbastanza prossimi allo stato di natura. Quando chiesi al servo come soddisfare una certa necessità, egli accennò al cortile di sotto: “Qui abasso può servirsi!”. Io gli domandai: “ Dove?”.”Da per tutto, dove vuol!” rispose cortesemente. In ogni cosa manifesta qui la massima trascuratezza, ma anche molta vitalità e operosità. Tutto il giorno si ode tra le vicine un cicalare, un gridare, e nello stesso tempo tutte hanno da fare qualcosa, da attendere a qualcosa. Non ho ancora visto una donna starsene in ozio. Con enfasi italiana l’oste mi annunziò che era felice di potermi servire una trota squisitissima. Le pescano vicino a Torbole, dove il torrente scende dalla montagna e i pesci tentano di risalire la corrente. L’imperatore ricava da questa pesca diecimila fiorini di appalto. Non sono come le nostre trote: sono grosse, pesano a volte anche cinquanta libbre e sono punteggiate lungo tutto il corpo fino alla testa; il sapore sta fra la trota e il salmone, ottimo e delicato. Ma la mia Vera delizia sono le frutta, i fichi e anche le pere, che qui, dove già crescono i limoni, devono essere eccellenti.  …

E parliamo ora della traversata del lago! Essa si compì felicemente, deliziato come ero in cuore dalla stupenda vista dello specchio acqueo e della riva bresciana che lo costeggia.Là dove a ponente, la montagna non cade più a picco e il paesaggio declina più dolcemente verso il lago, si allineano, per un certo tratto di circa un’ora e mezzo, Gargnano, Bogliaco, Cecina, Toscolano, Maderno, Verdom, Salò anch’essi quasi tutti distesi in lunghe file di case. Non c’è parola che esprima l’amenità di questa contrada fittamente popolata.”

 

(da “Viaggio in Italia” di J.W.Goethe)