“Da un punto di vista analitico, Jung, dopo aver mostrato come l’anima sia un concetto passibile di molte interpretazioni, rileva che essa corrisponde a uno stato psicologico che deve godere di una certa indipendenza nei limiti della coscienza. L’anima non coincide con la totalità delle funzioni psichiche. Essa designa un rapporto con l’inconscio e anche una personificazione dei contenuti inconsci. Le concezioni etnologiche e storiche dell’anima mostrano chiaramente che essa prima di tutto è un contenuto che appartiene al soggetto, ma anche al mondo degli spiriti, all’inconscio. Perciò l’anima ha sempre in sé qualcosa di terrestre e di soprannaturale. Terrestre perché è in contatto con l’immagine materna di natura e terra; celeste perché l’inconscio aspira sempre ardentemente alla luce della coscienza. L’anima esercita così una funzione mediatrice tra il sé e l’io, dove il primo termine costituisce il nucleo della psiche. L’anima in Jung conosce quattro fasi di sviluppo: il primo, rappresentato da Eva, si pone su un piano istintivo e biologico. Il secondo, più elevato, conserva gli elementi sessuali. Il terzo è rappresentato dalla Vergine Maria nella quale l’amore raggiunge pienamente il livello spirituale. Il quarto è definito dalla Saggezza. Che cosa significano questi quattro stadi? L’Eva terrestre, l’elemento femminile, progredisce verso la spiritualizzazione. Se ammettiamo che tutto ciò che è terrestre ha nel mondo celeste il suo corrispondente, la Vergine Maria deve essere considerata come il volto terrestre della Saggezza che è invece celeste. L’anima individuale deve percorrere anch’essa queste quattro tappe. L’Eva che è in noi è chiamata in un moto ascensionale a purificarsi per imitare la Vergine Maria scoprendo nel sé il fanciullo di luce, il puer aeternus, il suo proprio sole.”
tratto da:”Dizionario dei simboli”, J.Chevalier, A. Gheerbrant, ed. BUR
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