“Il compito di sostenere la vita era il motivo dominante nell’immaginario mitico dell’Antica Europa, per cui la rigenerazione era una delle manifestazioni più importanti. Naturalmente la Dea che era responsabile della trasformazione dalla morte alla vita diventava la figura centrale del pantheon degli dei. Lei, la Grande Dea, era associata al crescente lunare, a disegni quadripartiti e corna taurine, simboli di creazione e di cambiamento incessanti. La misteriosa trasformazione è espressa molto vividamente nella sua epifania in forma di bruco, crisalide e farfalla. Infatti attraverso questo simbolismo il nostro antenato proclamava di credere nella bellezza della vita giovane. L’ubiquità dei simboli fallici designa la glorificazione dei poteri della vita spontanea. Il fallicismo è privo di qualunque allusione oscena; nel contesto del rito religioso, è una forma di catarsi, non di procreazione simbolica. Non ci sono prove che in epoca neolitica l’umanità comprendesse il concepimento biologico. Con l’avvento dell’agricoltura, il contadino comincia a osservare i fenomeni della Terra miracolosa più da vicino e più intensamente di quanto non avesse fatto il cacciatore-pescatore che lo aveva preceduto. Emerge una divinità a sé stante, la Dea della vegetazione, un simbolo della natura sacrale del seme e del campo seminato, i cui legami con la Grande Dea sono intimi. In modo significativo quasi tutte le dee neolitiche sono immagini complesse in cui si sovrappongono tratti provenienti da epoche preagricole e agricole: Uccello acquatico, cervo, orso, pesce, serpente, rospo, tartaruga concetto di ibridazione animale-uomo vengono ereditati dall’epoca paleolitica e continuano a servire come personificazione delle dee e degli dei. Non sono mai esistiti una religione o un immaginario mitico creati nuovi di zecca dagli agricoltori all’inizio dell’epoca della produzione di cibo. Nell’antica Europa il mondo del mito non era polarizzato in femminile e maschile come come presso gli Indoeuropei e molti altri popoli nomadi e pastori delle steppe. Entrambi i principi si manifestavano uno accanto all’altro. La divinità maschile in forma di giovane uomo o animale di sesso maschile compare per affermare e rafforzare le forze del femminile creativo e attivo. Nessuno dei due principi è subordinato all’altro; completandosi, il loro potere raddoppia. Il tema centrale della riproduzione dei miti ovviamente è la celebrazione della nascita di un bambino. La nuova creatura è simbolo di nuova vita, e la speranza di sopravvivenza è alimentata da dee mascherate da Serpente, Uccello e Orsa. Nutrici mascherate che indossano una sacca (statuine con la “gobba”) sembrano aver svolto un ruolo di protettrici della creatura che più avanti cresce e diventa giovane divinità. Il Dio maschile, il Dionisio delle origini, è saturo di un significato strettamente legato a quello di una Grande Dea nel suo aspetto di Dea della natura vergine e Dea della vegetazione. Sono divinità del ciclo vitale naturale, preoccupate del problema della morte e della rigenerazione, ed erano tutte venerate come simboli di vita esuberante. Il pantheon riflette una società dominata dalla madre. Il ruolo della donna non è soggetto all’uomo, e tutto quello che è stato creato con l’avvento del Neolitico e con la fioritura della civiltà minoica è il risultato di una struttura in cui tutte le risorse della natura umana, femminile e maschile, vengono utilizzate nel pieno potenziale della forza creativa. “
tratto da: “Le Dee e gli Dei dell’Antica Europa. 6500-3500 a.c. Miti e immagini del culto”, Marija Gimbutas, traduzione e cura di Mariagrazia Pelaia. edizione italiana Stampa Alternativa/ Banda aperta, 2016. Edizione originale “The Goddesses and Gods of Old Europe” 1974, 1982 Thames &Hudson Ltd London
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