Eccole là
le mie ferite argute
stampate
sulla camicia
da notte,
come un sudario,
Pop,
sindone mattutina
Sono andata ormai
oltre
il mantello epiteliale
e diligentemente,
ogni notte ,
smantello
la parte
superflua
di
me.
Come se
dovessi
decomporre
la materia
mia
un altro me,
in sosta millenaria,
attende
al dazio
degli dei.
Lunga e lenta
è la guarigione
sembra una gestazione.
Solo
che ogni giorno
devi sottrarre,
dimagrire un pò
del tuo dolore,
setacciare
il rimasuglio
inerte,
espellere
la placenta
degli Addii.
Ci vuole il tempo
del disfare
e tenacia
per reggere
le nausee salvifiche.
Poi,
lo spazio
si fa.
lo spazio inerte
e puro.
Così:
trafitto di luce.
Ora è mattina
prendo la medicina
la medicina Buona
quella che mi perdona
la medicina Antica
che cura
la mia vita
la medicina Bianca
che non mi rende stanca.
E la vita riappare,
splendida e
misteriosa.
Ed io mi sento pronta:
sono di nuovo
una Rosa.
tratto da: “Traslochi”, poesie di Paola Pennecchi. ed. SPAZIO TEMPORANEO 2012
RSS feed for comments on this post. / TrackBack URI