«La doppia vita di ogni ricerca, il suo doppio piacere e il suo doppio dovere, starebbe in questo: non perdere la pazienza del metodo, la lunga durata dell’idea fissa, l’ostinazione delle preoccupazioni dominanti, il rigore delle cose pertinenti; ma non perdere neppure l’impazienza o l’impertinenza delle cose fortuite, il tempo breve delle scoperte, l’imprevisto degli incontri, cioè gli accidenti di percorso. È un dovere paradossale, difficile da onorare proprio a causa dei suoi due estremi – le sue due temporalità – contraddittori. Ci sono tempi per esplorare la strada maestra, e tempi per scrutare le vie laterali. E, forse, i tempi più intensi sono quelli in cui il richiamo delle vie laterali ci porta a cambiare strada maestra, o piuttosto a farcela scoprire per ciò che era già ma ancora non comprendevamo. In quel momento, il disorientamento dell’accidentale fa apparire la sostanza stessa del percorso, il suo orientamento fondamentale».
Georges DIDI-HUBERMAN, La conoscenza accidentale. Bollati Boringhieri editore, Torino 2011, p. 11/2.
tratto dalla traccia dell’esame di Stato giugno 2018
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