” Nel testo della Weil (Simone Weil “L’Iliade o il poema della forza” Cahier du Sud 1943) troviamo la descrizione degli aspetti essenziali della lotta, direi di qualsiasi lotta, con tutte le sue conseguenze, tanto per i vinti quanto per i vincitori. La vittoria, nella descrizione che se ne fa, non è che un momento ancora del tutto interno alla lotta e non rappresenta affatto l’estinzione della guerra: essa rimane sempre viva nei cuori degli uomini fino al momento in cui non sorge in essi il riconoscimento pieno della condizione dell’altro attraverso il pieno riconoscimento di sé. Ma questo momento giunge quando tutte le forze sono consumate, tutto ciò che doveva essere distrutto è stato distrutto e non resta che il rimpianto per quanto si è perduto. Un rimpianto tanto più lacerante quanto più si sono persi di vista i motivi di tutta quella distruzione. In questo momento entrano in gioco elementi che indeboliscono qualsiasi visione eroica. Perfino Achille di fronte al ricordo dell’amico perduto, richiamatogli alla memoria dalle suppliche di Priamo per la perdita del figlio Ettore, si intenerisce, viene afferrato dal rimpianto e dall’amarezza che fanno da argine alla sua tracotanza sempre pronta ad esplodere. Non ulteriore sintesi e dominio, bensì fraternità, tenerezza e amarezza sono fattori della vita che entrano in scena quando la consapevolezza di essere stati inchiodati dal destino riduce in cenere il delirio di potenza. Solo quando si rendono conto, con un’intuizione lacerante, di essere entrambi assoggettati allo stesso processo di pietrificazione, possono raggiungere quell’amore puro, il più puro che si dia da sperimentare all’uomo e che, come sostiene la Weil, semplicemente rende possibile la vita dell’uomo. Questo atto di riconoscimento è quanto di più delicato e misterioso ci sia, quasi non è nelle mani dell’uomo e qualora venisse offerto unilateralmente da una delle due parti in conflitto, non verrebbe raccolto e anzi suonerebbe come una maggiore offesa e un ulteriore atto di dominazione e sopraffazione. Paradossalmente proprio questo rende necessaria la dismisura, il portare l’avversario nella zona morta delle cose senza più possibilità di movimento alcuno. In questo sta la possibilità della poesia di rendere bella perfino la distruzione”
tratto da: testo di introduzione a “L’Iliade o il poema della forza”Simone Weil , Cahier du Sud 1943 testo di Alessandro di Grazia 2012,Asterios editore
RSS feed for comments on this post. / TrackBack URI