“…Nonostante le nostre azioni ci rivelino costantemente la ricchezza del nostro essere, viviamo uno stato di indifferenza nei confronti della nostra carnalità. Si tratta di un’indifferenza che nasce spesso da situazioni di comodo e che si può rivelare fatale, perché minimizza l’importanza di tutto ciò che ci circonda e il rapporto con gli altri. Credo sinceramente che dobbiamo stabilire una connessione con la nostra natura fisica. Non solo abbiamo un corpo, siamo il nostro corpo. Secondo Drew Leder , il dualismo ci ha consentito di sviluppare una sorta di concezione meccanicistica del corpo e delle sue funzioni, secondo la quale non esiste interazione o almeno non esiste alcuna interazione significativa fra mente e corpo (Leder 1998). Di conseguenza, tendiamo a percepire il corpo come una sorta di macchina, un “qualcosa” che è diverso da noi stessi: è il fenomeno chiamato anche “corpo assente”.
Sanare la divisione tra mente e corpo.
Nel ventunesimo secolo stiamo rapidamente sviluppando un consenso attorno a una filosofia rinnovata che si allontana sempre più dalla dicotomia cartesiana fra mente e corpo. Questa nuova tendenza è influenzata in parte da un modo orientale di concepire il rapporto mente-corpo, che rifiuta ogni forma di dualismo. …. Questo non significa che una parte immateriale abiti un corpo fisico, o che possa essere collocata in qualche parte del cervello, bensì che il corpo fisico è anche mente. … Viene naturale allora porsi la domanda:” Dove deve andare allora la mente?” . seguendo Takuan, monaco Zen vissuto quasi cinquecento anni fa, la risposa corretta è “ovunque”. La mente deve essere in grado di spostarsi liberamente in tutte le parti del corpo. ”
Tratto da: ” Viaggi ai confini della vita”, Ornella Corazza, URRA Feltrinelli, 2014
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