” Nei testi Hindu viene suggerito che i fiumi e le montagne e tutti gli aspetti della natura sono quella parte del divino splendore che il Supremo sceglie di rivelare, perchè i nostri occhi sono incapaci di vedere di più. Solo un frammento della realtà si manifesta come universo, mentre la parte non manifesta è la più grande. Pertanto il mondo della Natura non è irreale, essendo parte di quella esistenza Suprema, ma non è neppure reale, perchè è solo una parte, non il tutto. E’ un mezzo, per così dire, attraverso il quale si può avere un’idea di qualcos’altro più vasto più grande. Ma quale tipo di mente e cuore può vedere lo splendore al di là delle forme esteriori? Non la coscienza deprivata dell’innocenza. Il bambino che non vuole udire che gli animali muoiono, probabilmente é molto più vicino alla verità della vita, che non l’adulto che considera tutto in relazione alla sopravvivenza, alla comodità e al vantaggio personale. Gli esseri umani sono “naturalmente”parte del mondo della Natura, essi sono la sua creazione ma al momento ci siamo resi alieni; perdendo l’innocenza, ci siamo esiliati dal paradiso ed abbiamo scelto di vivere in un falso mondo di macchine, guerre, ambizioni, possesso ed altre attrazioni. Questo mondo di cattiveria, che è il prodotto del pensiero umano, é irreale perché basato su percezioni distorte e falsi valori. Dove sta maya? Non negli alberi, gli animali, e la terra ma nell’occhio dell’osservatore che vede ogni cosa come oggetto di possesso e sfruttamento. Quelli che vedevano il fiume Gange o le montagne Kailash come presenze divine, vedevano con i loro occhi esterni la stessa acqua e lo stesso mucchio di terra come facciamo noi che riduciamo il fiume e la montagna a niente più che materia inerte,. Perciò l’importanza della chiara percezione non può essere sovrastimata. Se ciò è già avvenuto, adesso perlomeno dobbiamo prestare attenzione alla qualità delle nostre reazioni e allo sviluppo della sensibilità, che non è sentimentalismo. Le persone che si commuovono sulle cose possono immaginare di essere più sensibili degli altri ma i grandi profeti non indulgevano nell’emotività, essi vedevano la realtà.”
Tratto da:”Cos’é il reale?” Di Radha Burnier, in “The Theosophist”, aprile 2002, Rivista italiana di Teosofia, aprile 2003.
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