«Il plurisecolare processo di astrazione formale aveva portato nel frattempo alla realizzazione di espressioni d’arte di una estrema raffinatezza esaurendo tutte le possibilità decorative di motivi geometrici o classici come il meandro, la pelta, il nastro intrecciato, il quadrato, il cerchio, il poligono, la croce, la stella, la spirale. I diffusi motivi a intrecci di nastri, a stuoia, a fondo di cesto, a onde, a nodo, nella loro varietà ci danno talvolta delle realizzazioni compiute, immagini di un movimento che si chiude in se stesso all’infinito, immobile e dinamico assieme, insolubile come il nodo gordiano dal quale spesso deriva, lontano dalla logica corrente, ma tuttavia di una logica assoluta. Di fronte a queste immagini, che potremmo chiamare astratte, se l’astratto esistesse, e decorative se tale concetto non fosse troppo limitativo, la nostra capacità logica e così pure il giudizio qualitativo sono messi a dura prova. Concludendo, ci sembra che l’arte dell’alto Medioevo vada letta e capita come una istintiva volontà di ascendere all’astratto e cioè al perfetto e cioè a Dio, non meno di quella dei Greci di riconoscere Dio nella forma perfetta e di tendere ad essa nella rappresentazione della figura umana, come dell’architettura, come di ogni cosa terrena».
tratto da:”Storia dell’arte nel Trentino”, N. Rasmo, Dolomia, Trento 1982, pagg. 33, 34.
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