Plotino, nato a Licopodi in Egitto, è da considerare l’ultimo grande pensatore greco. Dopo di lui il Cristianesimo comincia a permeare il mondo con la sua teologia dando inizio al medioevo. Plotino studia filosofia ad Alessandria presso la scuola neoplatonica di Ammonio Sacca. Successivamente, per meglio approfondire la conoscenza delle filosofie orientali, segue le legioni romane in una spedizione in Persia. Stabilitosi a Roma e fondata una sua scuola, riscosse grande successo e celebrità. Si narra che persino l’Imperatore e sua moglie assistessero alle sue lezioni. Ebbe quindi la possibilità di fondare in Campania una città governata dai filosofi, il cui nome doveva essere Platonopoli, ma il tentativo fallì. I testi principali che fanno da riferimento alla sua filosofia sono le Enneadi, la raccolta dei suoi insegnamenti eseguita dal discepolo Porfirio. Plotino, come molti altri, non lasciò nulla di scritto
1. L’Uno
Si è già visto come tutta la filosofia nel corso della sua storia cerchi di trovare una spiegazione a due verità che sembrano apparentemente inconciliabili: l’evidenza del molteplice che si riscontra nel mondo sensibile, e l’altrettanto evidente unità dell’ente dal quale tutto deve scaturire se non si vuole ammettere la possibilità del nulla. Plotino elabora una filosofia che abbraccia in modo deciso la seconda tesi: ogni cosa esistente è creata da un Uno, da un ente infinito e assoluto (per cui in esso si possono riscontrare le stesse caratteristiche dell’essere parmenideo, anche se Plotino pone l’Uno anche al di là dell’essere stesso: l’Uno è ciò in cui tutte le cose sono, nella loro contraddizione, unite, similmente al concetto di coincidenza degli opposti). L’Uno richiama l’antica unione del Tutto, l’Uno è indefinibile (se fosse definibile sarebbe definito e particolare, quindi non sarebbe assoluto), per questo egli si trova aldilà della comprensione umana. Il mondo degli uomini è molteplice, soggettivo, mutevole, l’Uno è unico, immutabile, necessario. E’ questa una visione altamente trascendentale del principio unico che crea ogni cosa, per cui acquista tratti fortemente neoplatonici. L’Uno, contenendo tutto ciò che va aldilà dell’esperienza umana, si trova oltre il linguaggio e la ragione, per cui non è definibile. Tale forma di neoplatonismo si avvicina molto al proto-cristianesimo, tuttavia la filosofia di Plotino si distingue per l’attributo assolutamente trascendentale del principio divino, per cui l’Uno, diversamente dal Dio antropomorfo dei cristiani, non ha in sé alcuna caratteristica umana. Altra importante distinzione è quella che vede l’Uno emanare il mondo in modo necessario e non volontario. L’Uno acquista nella filosofia di Plotino, come in tutto il neoplatonismo, caratteri divini, tuttavia è da notare che L’Uno è solo la definizione che Plotino dà del principio del Tutto in contrapposizione alla molteplicità delle cose esistenti. Plotino non intende affermare che l’Uno è la sola divinità esistente, ma è comunque la più alta: Plotino non esclude il politeismo attraverso i successivi processi di ipostasi. Tuttavia se, in quanto unità, l’Uno è privo di qualsiasi molteplicità, in quanto invece infinita energia produttrice esso non manca di nulla, non ha bisogno di alcunché di tutto ciò che da esso proviene, perché tutto è originariamente in lui nella forma dell’unità suprema (E. Severino, La filosofia antica)
2. Le ipòstasi:
l’Uno non produce il mondo ma lo emana. Una delle principali differenze tra l’Uno plotiniano e il concetto di Dio cristiano è che l’Uno non produce il mondo volontariamente, ma necessariamente. L’Uno non crea il mondo arbitrariamente, decidendo con coscienza di crearlo (come accade al Dio cristiano che ha creato il mondo con un preciso atto di volontà), l’Uno vede semplicemente il mondo crearsi attorno a sé: il mondo sgorga dall’Uno come l’acqua dalla fonte, come il calore emana dal fuoco. La perfezione dell’Uno è tale che trabocca, la sua entità assoluta non è limitabile, quindi esce, si emana e crea, per ipòstasi, successivi livelli di realtà. Le Ipòstasi (letteralmente ciò che sta sotto, fondamento) sono quei successivi livelli di realtà creati dall’Uno nel processo della sua emanazione.Visto che l’Uno è l’unica entità assoluta, i sottostanti livelli di ipòstasi sono sempre più imperfetti mano a mano che ci si allontana dalla sua perfezione. Esiste quindi una gerarchia delle ipòstasi:
1. Al vertice del processo si trova l’Uno, dal quale tutto proviene, nell’Uno viè la massima perfezione possibile
2. Dall’Uno sgorga l ‘Essere
3. Dalla contemplazione che l’Essere volge a sestesso sgorga lo Spirito (l’intelletto, il nous), ovvero l’essere divino che ha come contenuto il proprio pensiero
4. Infine l’Anima, il principio che dà la vita e che crea le cose materiali come coscienza del sensibile
Si può notare come tutte le ipòstasi abbiano per contenuto la medesima ‘essenza‘: non vi è separazione tra le ipòstasi, poiché l’emanazione che deriva dall’Uno è continua (come il calore che viene dal fuoco, seppur attenuato mano a mano che ci si allontana dalla fonte, è sempre quel certo calore che appartiene a quella medesima fonte). L’Anima, ultima ipòstasi, si muove. Ella può elevarsi verso lo Spirito dell’Essere e dell’Uno, o precipitare nella materia: l’Anima può intuire l’Uno elevandosi, mentre un po’ di quella stessa anima che a sua volta proviene dall’Uno, si trova nella materia (nell’uomo, come nelle piante, come nella roccia, in un ordine decrescente di consapevolezza).
3. La materia, pura apparenza sensibile
La materia, secondo la filosofia di Plotino, non è nemmeno un’ipòstasi, ma appartiene gerarchicamente all’Anima, che la produce. La materia quindi è pura apparenza prodotta dall’Anima, la quale crea la sensibilità, ovvero la percezione. La materia, essendo l’ultimo livello possibile nel quale s imanifesta l’emanazione dell’Uno (il lembo estremo di tale emanazione), non ha la forza per creare da sé le cose: essa ha in sé la forza vitale e creatrice dell’Anima, ma il movimento delle cose, il loro crearsi, il loro mutare, il loro distruggersi, rimane solamente un’apparenza, per cui la materia si configura come puro ricettacolo di forze, come movimento illusorio che viene a crearsi in modo solido solo nella percezione umana.
4. L’estasi: Il ritorno dell’uomo all’Uno
In che modo l’uomo può venire a contatto con l’Uno del quale è parte? Plotino afferma che l’uomo può, attraverso la sua anima, ripercorrere all’inverso il cammino delle ipòstasti e ritornare alla coscienza dell’Uno, attraverso un percorso spirituale interiore. Se infatti ogni cosa è emanata dall’Uno, ogni cosa è l’Uno, seppur con una densità minore. L’Anima, ultima ipòstasi, si trova presente in ogni uomo. Ogni uomo ha in sé la sua particolare anima, ma questa anima particolare viene emanata pur sempre dall’Anima che crea il mondo.
Questa emanazione continua che non ha intervalli (come già scritto), permette all’uomo di avere l’Uno in sé. Ma quali sono i modi e gli atteggiamenti pratici che l’uomo deve assumere per tornare a percepire l’Uno dentro di sé? Le tappe di questo percorso sono:
1. Il rispetto dei doveri sociali, i quali abituano l’uomo alla disciplina
2. La contemplazione della bellezza e dell’arte
3. L’amore
4. L’amore per la sapienza e la filosofia
5. Il superamento di ogni realtà materiale attraverso l’estasi
Si nota come ogni tappa sia gerarchicamente subordinata in importanza alle altre, similmente al processo delle ipòstasi. In particolare la bellezza (l’arte e la musica) ha la proprietà di trasmettere l’idea dell’Uno al mondo della materia e quindi agli uomini. La contemplazione della bellezza, il provare l’amore e la passione per la filosofia, producono nell’uomo una tensione alla bellezza assoluta che purifica l’anima degli uomini e li avvicina all’Uno.
La suprema purificazione dell’anima sopraggiunge con l’estasi, ovvero il definitivo abbandono dell’oggettività dell’esistenza in favore di una coscienza spirituale totalmente immersa nell’Uno.
L’estasi è un processo assolutamente personale, ovvero l’uomo non ha bisogno di alcuna guida spirituale, concetto che esclude l’intervento di ogni apparato religioso temporale (come, ad esempio, i ministri della chiesa e la chiesa stessa) nelle questioni che riguardano la spiritualità dei singoli.
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