” La Bibbia rivela che un ‘eccessivo attaccamento a sé ‘ ( la forma psicologica identica è nota: ‘amor proprio’) spinge la ragione dell’uomo, nel suo desiderio appassionato, nella sua pretesa di capire questo supremo significato da cui tutti i suoi atti dipendono, a dire a un certo punto: “Ecco, ho capito il mistero è questo” . Esistenzialmente cioè questa natura della ragione come esigenza di conoscere, di comprendere, penetra tutto e perciò pretende di penetrare anche l’ignoto da cui ogni cosa dipende, da cui il suo fiato e il suo respiro, istante per istante dipendono. La ragione non tollera, impaziente, di aderire all’unico segno attraverso cui seguire l’Ignoto, segno così ottuso, così cupo, così non trasparente, così apparentemente casuale, come è il susseguirsi delle circostanze: è come sentirsi in balia di un fiume che ti trascina in qua e in la. Nella sua situazione esistenziale la natura della ragione soffre una vertigine cui dapprima può resistere, ma poi vi cade. E la vertigine sta in questa prematurità o impazienza con cui dice: ” Ho capito, il significato della vita è questo”. Tutte le affermazioni secondo cui: “Il significato del mondo è questo, il senso dell’uomo è questo, il destino ultimo della storia è questo” , nella loro diversità e molteplicità sono tutte documentazioni di quella caduta. Ma quando la ragione dell’uomo dice” il significato della mia vita è…”, “Il significato del mondo è…”, ” Il significato della storia è…”, identifica inevitabilmente questo è: il sangue della razza tedesca, la lotta del proletariato, la competizione per la supremazia economica, ecc. …. Ogni volta che questo è identificherà un contenuto di definizione, inevitabilmente partirà da un certo punto di vista. Vale a dire, se l’uomo pretende la definizione del significato globale non può non cadere nella esaltazione del suo punto di vista, di un punto di vista. Non potrà che pretendere la totalità per un particolare; un particolare del tutto viene pompato a definire la totalità. Allora questo punto di vista cercherà di far stare dentro la sua prospettiva ogni aspetto della realtà. E siccome è un particolare della realtà, questo far rientrare tutto dentro di esso non potrà che far rinnegare o dimenticare qualche cosa, non potrà che ridurre, negare e rinnegare, il volto completo e complesso della realtà. ….Avevamo detto che il vero problema, che sta a monte di tutto questo nostro discorrere, è cosa sia la ragione: se la ragione è l’ambito del reale, o se la ragione è un varco sul reale. Ma all’evidenza della nostra esperienza la ragione si rivela come un occhio spalancato sulla realtà, un varco sull’essere, nel quale non si è mai finito di entrare, il quale per natura sua deborda da tutte le parti e perciò il significato globale è il mistero. La decadenza, la degradazione di cui parlavo, la parabola che immediatamente, secondo una specie di forza di gravità opera dentro la ragione, sta nella pretesa che la ragione sia la misura del reale, vale a dire che la ragione possa essa identificare, e quindi definire, quale sia il significato di tutto. Pretendere di definire il significato di tutto, in fondo che cosa vuol dire? Pretendere di essere la misura di tutto, vale a dire, pretendere di essere Dio.”
tratto da:” Il senso religioso”, Luigi Giussani, ed. Jaca Book, marzo 1986
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